La Corte di Cassazione, muovendosi nel solco di un indirizzo giurisprudenziale per cui il danno da demansionamento professionale può essere determinato in via presuntiva o facendo riferimento a massime di comune esperienza, ha affermato che indici quali la durata della dequalificazione, l’emarginazione del dipendente e il depauperamento delle esperienze lavorative pregresse sono sintomatici della effettiva produzione di un danno risarcibile. La Cassazione conferma, altresì, che la concreta determinazione del risarcimento può essere legittimamente effettuata attraverso il riconoscimento di una quota parte della retribuzione mensile per tutto il periodo in cui si è protratto il demansionamento. Con quest’ultima pronuncia i giudici proseguono nel tentativo di trovare un equilibrato bilanciamento tra il principio, maturato in seno alla Suprema corte, per cui il danno da dequalificazione non è in re ipsa, e la necessità che il lavoratore demansionato offra la prova dei pregiudizi effettivamente subiti nei vari ambiti professionale, alla salute e alla vita di relazione.