Secondo i giudici di Palazzo Spada, al personale del comparto della sanità spetta, in deroga al generale principio dell’irrilevanza ai fini giuridici ed economici dello svolgimento delle mansioni superiori nel settore del pubblico impiego, la retribuzione delle stesse, in presenza della triplice e contestuale condizione inerente: all’esistenza in organico di un posto vacante cui ricondurre le mansioni di più elevato livello; alla previa adozione di un atto deliberativo di assegnazione delle mansioni superiori da parte dell’organo a ciò competente, potendosene prescindere solo nel caso di sostituzione nell’esercizio delle funzioni primariali; all’espletamento delle suddette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell’anno solare. Sulle somme spettanti all’interessato devono essere calcolati gli interessi e la rivalutazione monetaria. Il divieto di cumulo fra rivalutazione monetaria e interessi, sancito per i crediti di lavoro dall’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994 n. 724, trova applicazione soltanto per gli inadempimenti successivi all’entrata in vigore di tale norma (e quindi dal 1 gennaio 1995), con la conseguenza che sui crediti retributivi maturati sino al 31 dicembre 1994 deve essere corrisposto, insieme con gli interessi legali, anche il danno da svalutazione, mentre per i crediti maturati dopo il 31 dicembre 1994 competono solo gli interessi legali, mentre la rivalutazione spetta solo nella parte in cui quest’ultima ecceda eventualmente l’importo degli interessi. Inoltre, come è stato precisato dall’Adunanza Plenaria n. 18 del 5 giugno 2012, il calcolo di rivalutazione monetaria ed interessi sulle somme dovute ai pubblici dipendenti deve essere effettuato sull’ammontare netto del credito del pubblico impiegato e non sulle somme lorde poste a base del prelievo fiscale e previdenziale.