Insubordinazione militare. Il sindacato del giudice di legittimità deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia: a) sia "effettiva" e non meramente apparente; b) non sia "manifestamente illogica"; c) non sia internamente contraddittoria; d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo".
Cassazione penale sez. I Data: 23/05/2012 ( ud. 23/05/2012 , dep.09/07/2012 ) Numero: 26877
Avv. Antonino Sugamele
di Trapani, TP
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Il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia: a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo"
Autorità
Cassazione penale sez. I
Data:
23/05/2012 ( ud. 23/05/2012 , dep.09/07/2012 )
Numero:
26877
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto - Presidente -
Dott. VECCHIO Massimo - Consigliere -
Dott. BONITO Francesco M.S - Consigliere -
Dott. CAPRIOGLIO Piera M.S. - Consigliere -
Dott. ROCCHI Giacomo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) L.G. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 97/2010 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del
14/06/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/05/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. INTELISANO A., che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la parte civile, Avv. Bruno Pierfrancesco;
udito il difensore avv. Tartaglia Angelo Fiore.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14/11/2011 la Corte Militare d'Appello confermava la sentenza con cui il Tribunale Militare di Roma, nel procedimento a carico di L.G. per il delitto di insubordinazione con minaccia e ingiuria aggravata (art. 47 c.p.m.p., n. 2 e art. 189 c.p.m.p., commi 1 e 2) ai danni del Capitano S.S., dichiarava l'imputato colpevole e lo condannava alla pena di mesi quattro e giorni dieci di reclusione militare, con sospensione condizionale della pena e non menzione della condanna, nonchè al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, con rimessione delle parti al Giudice civile per la liquidazione.
La Corte respingeva i motivi concernenti la non attendibilità del teste B.C. e la irrilevanza probatoria della testimonianza di D.P.M., valutando il quadro probatorio complessivo come coerente e tale da far ritenere dimostrati i fatti in contestazione; respingeva altresì, il motivo d'appello presentato in via subordinata, teso ad escludere rilevanza penale della prima delle due frasi in contestazione ("perchè io sono un tenente colonnello ...").
2. Propone ricorso per cassazione a.G. a mezzo del difensore, deducendo la violazione dell'art. 606 c.p.p. per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, nonchè violazione e/o erronea interpretazione delle norme incriminatrici, con travisamento e/o erronea valutazione della situazione di fatto, illogicità della motivazione della sentenza e violazione e/o erronea interpretazione dell'art. 530 c.p.p., commi 1 e 2.
Rispetto alla censura fondamentale, concernente la inattendibilità del teste B. - che ha riferito di avere ascoltato la prima parte della frase incriminata ("perchè io sono un tenente colonnello") mentre si trovava accanto all'imputato e alla persona offesa e la seconda parte ("pezzo di merda ... ti spacco la faccia") dopo essersi allontanato dai due ed avere svoltato dietro l'angolo di un edificio - la Corte Militare d'Appello si è limitata a confrontare detta testimonianza con quella della persona offesa, mentre la comparazione avrebbe dovuto essere estesa al contenuto di tutte le testimonianze rese in dibattimento, operazione che avrebbe dimostrato la assoluta inconciliabilità delle dichiarazioni del testimone sia con la versione resa dalla persona offesa che con le dichiarazioni degli altri militari presenti sul luogo. La Corte, con motivazione carente, illogica e contraddittoria, ha cercato di screditare le testimonianze di tutti i presenti sul posto ad eccezione di quella del B., della quale i Giudici d'appello, nonostante le evidenti e innegabili contraddizioni, in maniera illogica non hanno dubitato.
La motivazione della sentenza impugnata è, altresì, manifestamente illogica nella parte in cui attribuisce rilevanza probatoria alla testimonianza di D.P. (che, successivamente ai fatti, aveva ricevuto una telefonata dall'imputato, il quale chiedeva notizie in ordine ad iniziative del Comandante su fatti che lo riguardavano), che, invece, trova una spiegazione del tutto differente ed estranea all'oggetto del processo.
La mancanza di una prova certa dei fatti addebitati all'imputato, in conseguenza delle contraddizioni tra le diverse testimonianze, imponeva, pertanto, l'assoluzione dell'imputato in base al disposto dell'art. 530 c.p.p., comma 2, norma che risulta, quindi, violata.
Il ricorso ripropone, altresì, la censura relativa alla ritenuta rilevanza penale della prima frase pronunciata dall'imputato e conclude per l'annullamento della sentenza impugnata con assoluzione dell'imputato per insussistenza del fatto o per non averlo commesso o, in via subordinata, per l'assoluzione con riferimento alla pronuncia della prima frase, in quanto non costituente reato.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve, quindi, essere dichiarato inammissibile.
La Corte militare di appello, dopo aver riportato ampiamente i motivi dell'impugnazione, li ha affrontati in maniera analitica, senza ometterne alcuno: ha confrontato la testimonianza del B. e quella della persona offesa, verificandone la compatibilità, e ha esteso tale giudizio anche alle dichiarazioni degli altri testi escussi e a quelle dell'imputato; con motivazione ampia e niente affatto illogica ha valutato le testimonianze di Co. ed O. come non idonee a scalfire la attendibilità del B., affrontando anche la questione sollevata nell'atto di appello in ordine al mancato ritorno sul posto da parte del B. dopo aver ascoltato la frase offensiva pronunciata dall'imputato nei confronti del cap. S.; ha trattato anche della testimonianza del D., facendone rilevare la piena compatibilità con quella della persona offesa; è giunta, quindi, ad una logica affermazione di attendibilità del teste B.; ha rafforzato questo giudizio analizzando anche le testimonianze di R. e D.P., quanto a quest'ultimo chiarendo perchè le richieste di informazioni da parte del L. non potevano che riferirsi al pregresso scontro con il S..
In definitiva, le censure mosse nel ricorso avverso la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla ricostruzione del fatto contestato sono del tutto infondate e non corrispondenti al contenuto della sentenza.
2. Si deve ricordare, d'altro canto, che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia: a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.
Non è, dunque, sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano semplicemente "contrastanti" con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità nè che siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudicante. Ogni giudizio, infatti, implica l'analisi di un complesso di elementi di segno non univoco e l'individuazione, nel loro ambito, di quei dati che - per essere obiettivamente più significativi, coerenti tra loro e convergenti verso un'unica spiegazione - sono in grado di superare obiezioni e dati di segno contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, ad un pubblico composto da lettori razionali del provvedimento.
3. Con riferimento, poi, al motivo di ricorso avente ad oggetto la rilevanza penale della prima delle due frasi pronunciate dall'imputato ("io sono tenente colonnello"), la Corte Militare motiva ampiamente sulla sua rilevanza penale, alla luce della sua valenza irriguardosa; il ricorso si limita a ribadire che la frase non integra il reato contestato, senza nemmeno censurare la motivazione sul punto della sentenza impugnata e, quindi, è del tutto generico.
PQM
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle Ammende, nonchè alla refusione delle spese sostenute in questo giudizio dalla parte civile, che liquida in Euro 3.000, onorari compresi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2012
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