La signora C.D. conveniva in giudizio il Comune di Lauria per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa dell'incidente causato dalla presenza sul manto stradale di una buca ricolma d'acqua, non segnalata, che provocava la perdita di controllo dell’autovettura e la conseguente caduta della stessa nella sottostante scarpata. Il Tribunale di Lagonegro accoglieva la domanda attorea condannando il Comune convenuto al risarcimento dei danni. La sentenza veniva impugnata dalla parte soccombente, e la Corte d’Appello di Potenza perveniva ad opposta conclusione, rigettando la domanda di risarcimento in accoglimento dei motivi di gravame proposti dal Comune. La sig. C.D. proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte accoglieva il ricorso e, confermando la propria aderenza alla concezione oggettivistica della responsabilità del custode, affermava che l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito, si presume responsabile ex art. 2051 c.c., dei sinistri causati dalla particolare conformazione della strada o delle sue pertinenze. Gli Ermellini tornano ad affrontare rilevanti questioni attinenti alla responsabilità da cosa in custodia prevista dall’art. 2051 c.c., operandone il raffronto con la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., definendone le caratteristiche sotto il profilo causale e probatorio, soffermandosi in particolare sull’analisi del concetto di caso fortuito dal punto di vista dell’idoneità ad escluderne la sussistenza. Invero, dopo avere premesso alcune questioni processuali riguardanti la presenza di errori materiali e la formulazione dei motivi di ricorso in Cassazione, la Corte, rilevato il carattere oggettivo della responsabilità da cosa in custodia, ne analizza le caratteristiche intrinseche al fine di procedere ad un giudizio di legittimità sulla sentenza impugnata. Pare opportuno precisare che l’oggettività della responsabilità da cosa in custodia, che la Suprema Corte giunge a definire “principio consolidato”, è stata oggetto di un dibattito giurisprudenziale che ha visto contrapporsi opposte correnti interpretative: secondo l’opinione più risalente, che può dirsi superata dalle più recenti pronunce, l’art. 2051 c.c. non configurerebbe una responsabilità oggettiva ma fondata su una presunzione di colpa, pur aggravata sotto il profilo probatorio, in quanto, in deroga alla regola generale, il danneggiato è tenuto a fornire la prova che i danni subiti derivano direttamente dalla cosa, mentre il danneggiante è onerato della prova dell’assenza di colpa per sottrarsi al risarcimento. Tale interpretazione si fondava sul raffronto con il contratto di deposito e sull’assimilazione del proprietario della cosa oggetto di custodia, con il depositario, ritrovandone alcune analogie sotto il profilo della responsabilità. Nel contratto di deposito invero, per espressa formulazione codicistica caratterizzato da responsabilità per colpa, il depositario è tenuto ad osservare nella custodia, la diligenza del buon padre di famiglia potendosi liberare dall’obbligo di restituire la cosa affidatagli, solo in presenza del fortuito, dimostrando la non imputabilità del danno alla propria condotta. Tale analogia è stata aspramente criticata dall'opposta corrente interpretativa, alla quale ha aderito la Corte di Cassazione nelle più recenti pronunce, che consentono di ritenere ormai consolidata l’interpretazione in chiave oggettistica della responsabilità del custode, sulla considerazione che è proprio l'aspetto relativo all'imputabilità del danno, che differenzia la responsabilità del titolare della custodia, oggettiva, da quella del depositario, fondata sulla colpa presunta. Invero il caso fortuito, che la norma individua come condizione di esclusione della responsabilità, se nel contratto di deposito influisce sul profilo soggettivo della rimproverabilità del danno, così non può dirsi nei confronti del custode, laddove incide unicamente sotto l'aspetto oggettivo del profilo causale dell’evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne fonte immediata, ma ad un elemento esterno. Pertanto non assume rilievo in sé la violazione dell'obbligo di vigilanza da parte del custode, essendo sufficiente per l'attribuzione della responsabilità, la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo. Sull’oggettività della responsabilità da cosa in custodia si fonda il regime probatorio agevolato nei confronti del danneggiato, dal momento che l'inversione dell'onere della prova in ordine al nesso causale, consente che l’attore, per ottenere il risarcimento del danno subito, si limiti a provare l'esistenza del danno e la sua derivazione causale dalla cosa, non essendo necessaria alcuna prova in ordine alla condotta tenuta dal custode stesso. Il concetto di custodia ex art. 2051 c.c. richiede la sussistenza di un effettivo potere sulla cosa, inteso quale disponibilità giuridica e materiale, unitamente al correlativo potere di porre potenzialmente in essere interventi sulla cosa stessa al fine di impedire le conseguenze dannose di un’eventuale situazione di pericolo insita o determinatasi nella cosa stessa. Tale potere deve dirsi sussistente in capo all’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito, titolare di una responsabilità oggettiva per i danni causati dalla particolare conformazione della strada o delle sue pertinenze. La Corte di Cassazione, in accoglimento dei motivi di gravame proposti dalla danneggiata, ribadisce la propria posizione interpretativa affermando chiaramente l’applicabilità nel caso di specie dell’art. 2051 c.c., che configura una presunzione di responsabilità oggettiva in capo al Comune. L’efficienza causale nella determinazione dell'evento dannoso può dirsi interrotta unicamente dall'interferenza di un fattore esterno che, interferendo sulla situazione in atto incida sulla causazione del danno impedendone la derivazione diretta con la cosa custodita. Il fortuito viene a configurarsi quale impulso causale autonomo, imprevedibile ed eccezionale, in grado di produrre autonomamente l’evento o incidere sulla causazione del danno anche tramite la cosa custodita. Si riafferma dunque una responsabilità oggettiva della pubblica amministrazione sui beni di sua proprietà, ivi comprese le strade, che attribuisce al custode convenuto di esonerarsi da responsabilità unicamente tramite la dimostrazione positiva del caso fortuito, che può consistere sia in una alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile ai conducenti nemmeno con l'uso dell'ordinaria diligenza, sia nella condotta della stessa vittima che consista nell'omissione delle normali cautele esigibili in situazioni analoghe, sia nell'impropria utilizzazione del bene pubblico, che abbia determinato l'interruzione del nesso eziologico tra lo stesso bene custodia il danno. Nel caso di specie la Cassazione rileva che la Corte di merito di secondo grado ha erroneamente fondato la propria decisione sull’applicabilità dell’art. 2043 c.c. e non sulla norma prevista dall'art. 2051 c.c., imponendo conseguentemente un ingiustificato onere probatorio a carico del danneggiato.