Il Consolato ha l'obbligo di motivare il rifiuto del visto di ingresso per studio Nel caso di specie, lo straniero aveva richiesto il visto di ingresso per studio, al fine di frequentare il terzo anno di un corso professionale in Roma, documentando la relativa iscrizione e rappresentando, tra l'altro, che tale circostanza si presenta indispensabile per il completamento di un ciclo di studi già iniziato. Il Consolato ha rifiutato il visto senza motivazione. Secondo il TAR del Lazio, la norma applicabile è l'articolo 39 bis del Decreto Legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, introdotto dal Decreto Legislativo del 10 agosto 2007, n. 216, di "Attuazione della direttiva 2004/114/CE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di Paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontario". Tale norma consente l'ingresso per motivi di studio, tra gli altri, ai cittadini stranieri "maggiori di età ammessi a frequentare corsi di studio negli istituti di istruzione secondaria superiore e corsi di istruzione e formazione tecnica superiore". Va applicato inoltre l'articolo 44 bis (in particolare, il comma 2, lett. a) del d.P.R. 31.8.1999, n. 394, relativo ai visti d'ingresso per motivi di studio, borse di studio e ricerca, con le modalità definite dall'articolo 39 del già richiamato Decreto Legislativo n. 286/1998 (T.A.R. del Lazio, sentenza n. 474/2006; T.A.R. del Lazio, sentenza n. 476/2006); Il TAR ha ribadito appunto che, in relazione a tale ipotesi, sussiste violazione dell'articolo 3 della Legge n. 241/90 in quanto non può ritenersi operativa la deroga all'obbligo generale di motivazione contemplata nell'articolo 4, comma 2, del Decreto Legislativo n. 286/1998, in ragione delle eccezioni nel medesimo sancite (T.A.R. del Lazio, sentenza n.2086/2009).