Sanatoria 2012, la condizione di indagato non comporta automaticamente la pericolosità sociale del lavoratore da regolarizzare
TAR Liguria, sezione seconda, sent. n. 1694/2014 del 23/10/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 90 volte dal 26/09/2015
La valutazione di pericolosità, non dimostrata né articolata nel contesto del provvedimento impugnato, consegue all’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, applicata oltre un anno prima alla ricorrente perché sospettata di appartenere ad un’associazione criminale impegnata nel traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Il rigetto dell’istanza di emersione dal lavoro irregolare richiede, però, una valutazione in concreto della pericolosità dello straniero e non può fondarsi sulla mera condizione di indagato, seppure per gravi reati, dello stesso.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 169 del 2014, proposto da:
Diop Ep Ngom Diaw, rappresentata e difesa dall’avv. Paola Turarolo, presso la quale è elettivamente domiciliata nel suo studio in Genova, via Luccoli, 30/8;
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
per l'annullamento
del decreto n. P-GE/L/N/2012/102827 di rigetto dell’istanza di emersione da lavoro irregolare presentata dal sig. Gueye Mor Babou a favore della ricorrente, emesso dalla Prefettura di Genova in data 3/12/2013 e notificato in data 31/12/2013.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2014 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso giurisdizionale notificato il 7 febbraio 2014 e depositato il successivo 19 febbraio, l’esponente, cittadina senegalese, ha impugnato il provvedimento meglio indicato in epigrafe, con cui la Prefettura di Genova – Sportello unico per l’immigrazione aveva respinto l’istanza di emersione dal lavoro irregolare ex art. 5 del d.lgs. n. 109/2012 presentata in suo favore dal signor Gueye Mor Babou.
Il provvedimento impugnato richiama il parere negativo espresso dalla Questura di Genova, secondo la quale la beneficiaria della procedura di emersione rientrerebbe nelle categorie di persone di cui all’art. 1 della legge n. 1423/1956, cosicché si configura nella fattispecie una situazione specificamente ostativa alla sua regolarizzazione.
La ricorrente contesta la fondatezza di tale ragione di diniego, evidenziando di non aver subito alcuna condanna penale e che, comunque, l’eventuale condanna non giustificherebbe di per sé la formulazione di un giudizio di pericolosità sociale.
Denuncia, inoltre, la carenza di motivazione del provvedimento impugnato nonché la mancata valutazione della sua situazione familiare, caratterizzata dalla presenza di due figli minori di cui si occupa a tempo pieno.
L’Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, costituitasi in giudizio in rappresentanza dell’intimato Ministero dell’interno, ha depositato una relazione della Prefettura di Genova ove si riferisce che, con ordinanza del Tribunale di Genova in data 12 ottobre 2012, era stata applicata nei confronti dell’odierna ricorrente la misura della custodia cautelare in carcere.
Con ordinanza n. 98 del 6 marzo 2014, è stata disposta l’acquisizione del parere della Questura di Genova richiamato dal provvedimento impugnato, di cui è stata interinalmente sospesa l’esecuzione.
L’incombente istruttorio non è stato esattamente assolto dalla Prefettura di Genova che, in luogo della nota/parere della Questura, ha trasmesso copia della citata ordinanza di applicazione della misura cautelare, dalla quale si evince che l’odierna ricorrente era indagata, insieme a numerosi altri soggetti, perché sospettata di appartenere ad un’associazione criminale impegnata nel traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Con ordinanza n. 172 del 15 maggio 2014, quindi, è stata accolta l’istanza cautelare accessoria al ricorso introduttivo, non risultando dagli atti del giudizio che l’interessata avesse subito condanne penali o che fossero state applicate nei suoi confronti misure di prevenzione; è stato contestualmente ordinato alla Prefettura di Genova di riferire l’esito del procedimento penale a carico della ricorrente e di accertare l’effettività del rapporto di lavoro dichiarato ai fini della regolarizzazione.
Con nota del 30 settembre 2014, acquisita agli atti del giudizio il successivo 13 ottobre, la Prefettura di Genova riferiva che il procedimento penale era tuttora pendente e che, alla luce del regolare versamento dei contributi previdenziali, non si aveva ragione per dubitare dell’effettività del rapporto lavorativo.
Le parti non hanno svolto ulteriori attività difensive nel giudizio e il ricorso, chiamato alla pubblica udienza del 23 ottobre 2014, è stato infine ritenuto in decisione.
DIRITTO
Il provvedimento di rigetto dell’istanza di emersione dal lavoro irregolare presentata in favore dell’odierna ricorrente si fonda espressamente sull’applicazione dell’art. 5, comma 13, lett. d), del d.lgs. 16 luglio 2012, n. 109, in forza del quale non possono essere ammessi alla procedura di emersione i lavoratori stranieri “che comunque siano considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone”.
La disposizione richiamata stabilisce ulteriormente che “nella valutazione della pericolosità dello straniero si tiene conto anche di eventuali condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall’articolo 381 del medesimo codice”.
L’Amministrazione procedente, facendo proprio il parere negativo della Questura di Genova, ha ritenuto che la beneficiaria della procedura di emersione rientrasse “nelle categorie di persone di cui all’art. 1 della L. 1423/1956, richiamata dall’art. 116 del D.lvo 159/2011”, cosicché sussisteva nella fattispecie una situazione specificamente ostativa alla regolarizzazione.
Tale valutazione è errata in punto di fatto, poiché non risulta dalla documentazione in atti che fosse stata applicata alcuna misura di prevenzione nei confronti dell’odierna ricorrente.
E’ verosimile, tuttavia, che l’Amministrazione intendesse semplicemente affermare, attraverso il richiamo alla normativa in tema di misure di prevenzione, che la ricorrente non poteva essere ammessa alla procedura di emersione in quanto socialmente pericolosa.
Sulla base di quanto emerso dall’istruttoria disposta nel presente giudizio, tale valutazione di pericolosità, non dimostrata né articolata nel contesto del provvedimento impugnato, consegue all’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, applicata oltre un anno prima alla ricorrente perché sospettata di appartenere ad un’associazione criminale impegnata nel traffico illecito di sostanze stupefacenti.
L’Amministrazione procedente, pertanto, ha fatto automaticamente discendere dalla condizione di indagata la valutazione di pericolosità posta a fondamento del diniego.
Il rigetto dell’istanza di emersione dal lavoro irregolare richiede, però, una valutazione in concreto della pericolosità dello straniero e non può fondarsi sulla mera condizione di indagato, seppure per gravi reati, dello stesso.
Va soggiunto che, ai sensi dell’art. 5, comma 13, lett. c), del d.lgs. n. 109/2012, la responsabilità per uno dei reati previsti dall’art. 380 c.p.p. costituisce circostanza automaticamente ostativa alla regolarizzazione dello straniero, ma si richiede che essa sia accertata con sentenza di condanna, anche non definitiva, essendo ovviamente insufficiente la mera condizione di indagato.
Ne deriva l’illegittimità del provvedimento impugnato.
Per completezza, va anche segnalato come non potesse considerarsi irrilevante la riferita presenza di due figli minori nel nucleo familiare dell’interessata, circostanza che avrebbe imposto di verificare la sussistenza delle condizioni per l’eventuale rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di famiglia.
In ragione della natura della controversia, le spese di lite vanno integralmente compensate fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Roberto Pupilella, Consigliere
Richard Goso, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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