Permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo – i 5 anni si contano da quando il soggiorno è legale, non dal possesso del titolo
TAR Lombardia, sez. Brescia, sent. n. 240/2014 del 12/03/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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In punto di diritto, la direttiva 25/11/2003 n. 2003/109/CE, all’art. 4 comma 1, valorizza il dato sostanziale della presenza regolare nel paese interessato e sancisce che “Gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel loro territorio…”.
Le fonti normative non sono perfettamente allineate. la direttiva fa riferimento al soggiorno regolare (a prescindere dal titolo).
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 713 del 2013, proposto da:
Abdourahmane Diallo, rappresentato e difeso dall'avv. Gianluca Monti, con domicilio ex lege presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Carlo Zima n. 3;
contro
Questura di Cremona, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege presso la sua sede in Brescia, Via S. Caterina n. 6;
per l'annullamento
DEL DECRETO QUESTORILE IN DATA 14/3/2013, RECANTE IL DINIEGO SULL’ISTANZA DI RILASCIO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO PER LUNGO PERIODO.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Cremona e del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2014 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
FATTO e DIRITTO
Con l’impugnato provvedimento, notificato il 28/4/2013, il Questore di Cremona ha rifiutato il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo al ricorrente, cittadino senegalese. Il decreto sfavorevole si fonda sul mancato compimento del termine minimo, previsto dal legislatore in 5 anni, poiché lo straniero è in possesso di un titolo regolare dal 24/6/2008.
Con il ricorso all’esame il ricorrente, in Italia dall’ottobre 2007 in forza di nulla osta al lavoro rilasciato dallo Sportello unico per l’immigrazione di Cremona, impugna l’atto in epigrafe deducendo la violazione di legge per la mancata corrispondenza al vero dell’elemento fattuale invocato dall’amministrazione: la sottoscrizione del contratto di soggiorno risale all’8/11/2007 e il giorno successivo il datore di lavoro ha confermato l’assunzione che è decorsa dal 12/11/2007 (doc. 5 e 6). Rileva il ricorrente che l’art. 4 par. 1 della direttiva 2003/109/CE stabilisce che gli Stati membri conferiscono lo status di lungo-soggiornante allo straniero che risiede legalmente e ininterrottamente da 5 anni nel paese, per cui il dies a quo va calcolato dalla data di inizio del soggiorno regolare.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione, chiedendo la reiezione del gravame.
Con ordinanza n. 444, depositata il 3/9/2013, è stata motivatamente accolta l’istanza cautelare di sospensione degli effetti dell’atto impugnato.
La Questura ha in seguito riattivato il procedimento richiedendo al ricorrente documentazione attestante il possesso dei requisiti per il rilascio del titolo, e tuttavia il legale dello straniero ha obiettato che i requisiti per il rilascio sono quelli presenti al momento della domanda.
La pretesa è fondata nei termini che seguono.
1. Come anticipato nell’ordinanza cautelare, il “permesso di soggiorno in corso di validità” – cui fa riferimento l’art. 9 comma 1 del D. Lgs. 286/98 – è stato rilasciato soltanto il 24/6/2008 (cfr. documentazione Questura del 28/8/2013).
2. In punto di diritto, la direttiva 25/11/2003 n. 2003/109/CE, all’art. 4 comma 1, valorizza il dato sostanziale della presenza regolare nel paese interessato e sancisce che “Gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel loro territorio…”. L’art. 9 comma 1 del D. Lgs. di recepimento 286/98 stabilisce che “Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente … e di un alloggio idoneo …, può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, per sé e per i familiari di cui all'articolo 29, comma 1”.
3. In presenza di fonti normative non perfettamente allineate (in quanto la direttiva fa riferimento al soggiorno regolare (a prescindere dal titolo) mentre il diritto nazionale esige il formale rilascio del permesso di soggiorno, rileva il Collegio che in ogni caso – anche valorizzando la data del 24/6/2008 – il termine quinquennale era maturato già al momento della pronuncia sull’istanza cautelare, e tale elemento merita apprezzamento ai sensi dell’art. 5 comma 5 del D. Lgs. 286/98. In proposito si richiama la sentenza del Consiglio di Stato Consiglio di Stato, sez. VI – 7/6/2006 n. 3412, la quale statuisce che: “Pur essendo incontestabile che alla data di adozione dell’impugnato provvedimento sussisteva una ragione ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno, non può risultare priva di rilevanza la circostanza che siano poi sopravvenuti i presupposti per il rilascio del permesso. La forma impugnatoria del processo amministrativo induce, di norma, a valutare la legittimità dei provvedimenti impugnati alla data di adozione degli stessi, senza attribuire rilevanza alle circostanze sopravvenute. Tuttavia, è innegabile che, fermo restando il modello impugnatorio, il processo amministrativo si sia nel corso degli anni evoluto in modo tale che il suo oggetto non sia solo l’atto impugnato, ma si estenda alla pretesa sostanziale posta alla base dell’impugnazione. ….”.
4. L’amministrazione è pertanto tenuta a riattivare il procedimento amministrativo (adempimento già soddisfatto in esito alla decisione cautelare), tenuto conto della maturazione dei requisiti alla data del 24/6/2013, con obbligo di verificare le condizioni esistenti alla data di deposito dell’ordinanza cautelare (secondo quanto nella stessa stabilito). In proposito, non sono condivisibili le osservazioni di parte ricorrente nella nota del 29/12/2013, dato che le “risorse stabili e regolari” alle quali la direttiva condiziona il riconoscimento dello status devono ragionevolmente sussistere al momento della maturazione dei requisiti e permanere in sede di esame della domanda fino alla data del provvedimento finale, dato che il titolo di soggiorno a tempo indeterminato presuppone una piena integrazione nel territorio nazionale, che si riflette nell’autonomia economica. Si soggiunge, infine. che il giudizio sul rapporto controverso che connota l’attività di questo Tribunale si irradia su tutti gli elementi sopravvenuti, siano gli stessi favorevoli o sfavorevoli.
In conclusione, il ricorso è fondato nei termini di cui si è dato conto.
L’incertezza della normativa vigente sulla questione affrontata giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso introduttivo in epigrafe nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore
Mara Bertagnolli, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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