La Corte di Cassazione con l'ordinanza  in commento ha accolto il ricorso di un cittadino straniero, annullando il decreto di espulsione emanato nei suoi confronti dal Prefetto di Foggia  nonché il decreto del Giudice di pace foggiano, che non aveva accolto la richiesta di opposizione al decreto, che si fondava a sua volta sul fatto che l'espulsione era stata comminata prima della decorrenza dei sessanta giorni dalla scadenza dei titoli di soggiorno, previsti dalla legge come tempo utile per chiederne il rinnovo o la conversione in altra tipologia di permesso. La Suprema Corte ha così avuto modo di ricordare che è indebita la valutazione del giudice di pace in ordine alla rinnovabilità o meno del titolo di soggiorno, quale circostanza a cui condizionare la valutazione di "tempestività" del decreto di espulsione. Non solo, ma ai fini della conversione del permesso di soggiorno per ragioni di lavoro in permesso di soggiorno per motivi familiari (e quindi, a tutto voler concedere, ai fini della rinnovabilità del titolo di soggiorno), il requisito della regolare permanenza in Italia da almeno un anno da parte dello straniero, non implica automaticamente che in quel medesimo periodo lo straniero medesimo abbia svolto in modo continuativo una attività di lavoro, per di più nell'ambito di un unico rapporto di lavoro, ma è da ritenersi sufficiente una successione di contratti di lavoro a termine o stagionali autorizzati.