E’ rigettato il ricorso proposto dall’amministrazione avverso la sentenza della Corte di appello, con la quale, in riforma del provvedimento del Tribunale, era stato accolto il reclamo della cittadina straniera. Al familiare del cittadino italiano deve applicarsi la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 30/2007 e, per quanto riguarda il diritto di soggiorno, deve farsi riferimento all’art. 7, comma 1, lettera d) e all’art. 10. Detto decreto legislativo esclude inoltre che tra i criteri di riconoscimento iniziale e conservazione dei titoli di soggiorno possa farsi rientrare, nell’ipotesi del coniuge del cittadino italiano o UE, la convivenza effettiva. Il requisito dell’effettiva convivenza, come sottolineato peraltro anche nella motivazione della pronuncia n. 17436 del 2010, è del tutto estraneo alla disciplina normativa del D.Lgs. n. 30 del 2007, mentre permane vigente, anche perché espressamente previsto dall’art. 35 della Direttiva 2004/38/CE il divieto di abuso del diritto e di frode, realizzabile mediante matrimoni fittizi contratti all’esclusivo fine di aggirare la normativa pubblicistica in tema d’immigrazione. Il provvedimento del questore impugnato, tuttavia, non si giustifica alla luce del divieto dell’abuso del diritto o a causa del verificarsi di una frode ma esclusivamente in virtù dell’accertamento della cessazione sopravvenuta, dopo sei anni di matrimonio, della convivenza (incontestatamente preesistente) tra i coniugi, ritenuta oggettivamente ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno. Non vi è alcuna valutazione relativa alla natura fittizia o reale del vincolo coniugale, passato indenne allo scrutinio delle due precedenti istruzioni procedimentali riguardanti i titoli di soggiorni pregressi.