P.d.s. per soggiornanti di lungo periodo - per revoca non sufficiente esistenza di procedimento penale pendente, anche se straniero è agli arresti domiciliari
T.A.R. Veneto, sezione terza, sent. n. 577/2015 del 06/05/2015
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 121 volte dal 17/02/2016
Sul punto è dirimente constatare come il provvedimento impugnato si limiti ad affermare genericamente di aver preso in esame il contesto lavorativo e familiare del ricorrente, affermazione che, risultando priva di riferimenti concreti, appare introdurre una clausola di stile che non consente di comprendere le ragioni a fondamento del provvedimento.
Lo stesso ricorrente risiede in Italia unitamente alla sua famiglia e lavora come dipendente, circostanze queste ultime che non solo avrebbero richiesto un più intenso onere motivazionale, ma che, nel contempo, non consentono di comprendere a quale delle categorie tipizzate dall’art. 1 del D.Lgs. 159/2011 si sia inteso far riferimento nell’emanare il provvedimento impugnato.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 568 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Rigo, Christian Pavan, con domicilio eletto presso Marco Rigo in Venezia-Mestre, Via Carducci,45;
contro
Ministero dell'Interno, parte non costituita in giudizio;
per l'annullamento
del decreto del Questore della Provincia di Venezia, -OMISSIS-
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2015 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso il Sig. -OMISSIS- ha impugnato il decreto del Questore di Vicenza del 1° ottobre 2014, notificato il 16 marzo 2015 dalla Polizia di Stato presso l’Ufficio di Frontiera dell’aeroporto Marco Polo di Venezia, con cui è stato revocato il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo CE nr. I02759201.
A tal fine si rilevava come il ricorrente era -OMISSIS--OMISSIS-.
Sempre nei confronti del ricorrente venivano in seguito concessi gli arresti domiciliari e successivamente revocata la custodia cautelare.
Il provvedimento così impugnato risulta disposto in considerazione di quanto previsto dall’art. 9 comma 4 e 7 del D.Lgs. 286/98 secondo cui il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri, pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.
Nell’impugnare il provvedimento sopra citato si sosteneva il venire in essere di un difetto di motivazione, la violazione degli artt. 9 e 13 del D.Lgs. 286/98 e l’eccesso di potere anche per difetto di presupposto e travisamento del fatto.
Non si costituiva il Ministero dell’Interno, malgrado fosse stato correttamente intimato.
All’udienza del 06 Maggio 2015 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso va accolto, risultando fondato l’unico motivo dedotto.
Come sopra ricordato il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo è stato adottato sul presupposto che il Sig. -OMISSIS-, in ossequio a quanto previsto dai comma 4 e 7 lett. C) dell’art. 9 del D.Lgs. 286/98.
Con riferimento a detta fattispecie va ricordato che un costante orientamento giurisprudenziale ha affermato la necessità dell’esistenza di un’adeguata motivazione delle circostanze di fatto che, a sua volta, permettano di evincere le ragioni in relazione alle quali viene pronunciato detto giudizio di pericolosità.
Si è affermato, infatti, la necessità che l’Amministrazione prenda in esame la durata del soggiorno sul territorio nazionale e l’inserimento sociale, familiare e lavorativo dell’interessato, escludendo l’operatività di un qualunque automatismo delle condanne riportate.
Ancora più di recente (si veda Cons. Stato Sez. III, 13-03-2015, n. 1342) si è sancito che in materia di immigrazione l’art. 9 del d.lgs. n. 286/1998 richiede che l’eventuale diniego di rilascio del permesso per lungo soggiornanti (c.d. carta di soggiorno) sia sorretto da un giudizio di pericolosità sociale dello straniero, con una motivazione articolata non solo con riguardo alla circostanza dell’intervenuta condanna, ma su più elementi, ed in particolare con riguardo alla durata del soggiorno nel territorio nazionale e all’inserimento sociale, familiare e lavorativo dell’interessato, escludendo l’operatività di ogni automatismo in conseguenza di condanne penali riportate (Conferma della sentenza breve del T.a.r. Veneto, Venezia, sez. III, n. 241/2014).
Sul punto è dirimente constatare come il provvedimento impugnato si limiti ad affermare genericamente di aver preso in esame il contesto lavorativo e familiare del ricorrente, affermazione che, risultando priva di riferimenti concreti, appare introdurre una clausola di stile che non consente di comprendere le ragioni a fondamento del provvedimento.
Detta circostanza è, peraltro, contrastante con gli atti in causa, nell’ambito dei quali è possibile desumere che il ricorrente appare incensurato (almeno esaminando gli atti in causa e stante la mancata costituzione dell’Amministrazione) e che, ancora, lo stesso risulta indagato in un procedimento penale nell’ambito del quale gli è stata revocata la misura cautelare e per un reato risalente a circa due anni prima.
Lo stesso ricorrente risiede in Italia unitamente alla sua famiglia e lavora come dipendente, circostanze queste ultime che non solo avrebbero richiesto un più intenso onere motivazionale, ma che, nel contempo, non consentono di comprendere a quale delle categorie tipizzate dall’art. 1 del D.Lgs. 159/2011 si sia inteso far riferimento nell’emanare il provvedimento impugnato.
In conclusione il ricorso va accolto e di conseguenza va disposto l’annullamento del provvedimento impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo Accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione intimata al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 800,00 (ottocento//00) oltre iva, cpa, con refusione del contributo unificato nella misura di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Riccardo Savoia, Consigliere
Giovanni Ricchiuto, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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