Per il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, come è noto, la legge prevede l'esistenza di un contratto di lavoro subordinato con un datore di lavoro, che contenere la garanzia circa la disponibilità di un alloggio per il lavoratore nonché l’impegno, da parte del datore stesso, di sostenere le spese del viaggio di ritorno. In sede di rinnovo del permesso, poi, riveste particolare importanza il "requisito reddituale", ossia il lavoratore straniero deve dimostrare la disponibilità di un reddito sufficiente al sostentamento proprio e degli eventuali familiari conviventi. Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ricorda che il requisito del reddito minimo mira a evitare un aggravio per il bilancio dello Stato, nei casi in cui gli stranieri, pur beneficiando delle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione – compresi gli assegni sociali per gli indigenti – non offrano alcuna contropartita in termini di partecipazione fiscale alla spesa pubblica. Il tutto parte dal diniego di rinnovo di un permesso di soggiorno, dove, al di là della tardività nella presentazione dell'istanza di rinnovo, si è rilevata l'intermittenza dei redditi percepiti dal lavoratore (nessun reddito nel 2001 e nel 2003). Inoltre, si è ritenuta inidonea a sostenere la prova del possesso di redditi sufficienti la titolarità di un libretto nominativo di “prestito sociale” presso una cooperativa di lavoro, libretto qualificabile come “credito al consumo” e, quindi, addirittura comportante una esposizione debitoria per il suo titolare. Ma, aspetto ancor più rilevante, per i giudici di Palazzo Spada non è sufficiente la dichiarazione generica di disponibilità ad assumere il cittadino straniero, proveniente da una ditta di impianti idraulici, poichè il sopra cennato requisito reddituale va dimostrato rappresentando una effettiva sussistenza di un contratto di lavoro subordinato.