La presenza della famiglia è una esimente, non una aggravante per escludere il pds SLP
T.A.R. Lombardia, sentenza 2 marzo 2012 n. 699
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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È illegittimo il provvedimento di diniego del rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo fatto derivare, in maniera automatica, da una sentenza di condanna penale e da segnalazioni di polizia. Ai sensi dell’art. 9, comma 4, del D.Lgs. n. 286/1998, ai fini dell’adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno permanente, l’Amministrazione deve tenere altresì conto della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero. A tal fine, pertanto, non è sufficiente la mera indicazione che il reato sarebbe stato commesso nonostante la presenza della famiglia, con il paradosso di trasformare così l’inserimento sociale, familiare e lavorativo del ricorrente da esimente da valutare in aggravante da contestare. In questo modo infatti il giudizio che secondo la legge deve essere fatto in concreto diventa addirittura più astratto di quello da svolgere nel caso di inesistenza di tali vincoli.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per l'annullamento
del decreto di rigetto dell'istanza di rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo n. Xxx emesso in data 16.07.2010 dalla Questura della Provincia di Milano, notificato al ricorrente in data 02.08.2010, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso;
[...]
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Questura di Milano ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno di lunga durata per la presenza di una condanna penale e di segnalazioni di polizia.
Il ricorrente impugna l’atto per i seguenti motivi in fatto ed in diritto: violazione
dell’art. 4 commi 3 e 5 e dell’art. 9 del D. Lgs. 286/1998, eccesso di potere ed ingiustizia manifesta in quanto il reato per il quale il ricorrente è stato condannato non rientrerebbe tra quelli per i quali la legge prevede l’arresto in flagranza ex art. 380 e 381 c.p.p.
[...]
2. Il ricorso è fondato.
In merito occorre rilevare che il provvedimento non motiva in merito alle condizioni personali del ricorrente e della sua famiglia come previsto, per il permesso di soggiorno di lungo periodo, dall’art. 9 c. 4 del D. Lgs. 286/1999 secondo il quale “ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero”.
A tal fine non è sufficiente la mera indicazione che il reato sarebbe stato commesso nonostante la presenza della famiglia, trasformando l'inserimento sociale, familiare e lavorativo del ricorrente da esimente da valutare in aggravante da contestare. In questo modo infatti il giudizio che secondo la legge dev’essere fatto in concreto diventa addirittura più astratto di quello da svolgere nel caso di inesistenza di tali vincoli.
A ciò si aggiunge che il provvedimento considera ostativo al rilascio del permesso di soggiorno ordinario un reato che non rientra nei casi di arresto obbligatorio in flagranza o nelle altre cause indicate dall’art. 4 comma 3 del D. Lgs. 286/1998 secondo il quale non è ammesso in Italia lo straniero che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite.
Ne consegue che il provvedimento dev’essere annullato.
Resta comunque in capo all’amministrazione il compito di verificare l’effettività del rapporto di lavoro del ricorrente, il reddito dichiarato e l’esistenza di altre condanne o provvedimenti amministrativi o giurisdizionali sopravvenuti a quelli indicati nel provvedimento impugnato, che incidano sul giudizio prognostico relativo alla condotta del ricorrente.
[...]
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato.
[...]
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2012 [...]
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