Emersione 2009, anche se istanza del datore inammissibile perchè in sovrannumero, Prefettura valuti possibilità di far rilasciare pds attesa occupazione
TAR Liguria, sezione seconda, sent. n. 573/2014 del 19/02/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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Il diniego di regolarizzazione si fonda sulla valorizzazione di due circostanze, riferibili alla condotta del datore di lavoro il quale aveva omesso di presentarsi allo Sportello unico per l’immigrazione per stipulare il contratto di soggiorno, senza giustificare l’assenza, ed aveva presentato una precedente dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare in favore di altro soggetto.
Il comportamento sfavorevole del datore di lavoro, infatti, comporta effettivamente una situazione equivalente a quella della perdita del posto di lavoro che non può riverberarsi ai danni del lavoratore incolpevole, ma implica l’attivazione delle guarentigie previste dal legislatore per il periodo di “attesa occupazione”.
Inoltre, sebbene l’istanza di emersione presentata in favore dell’odierno ricorrente fosse la seconda in ordine cronologico, quindi inaccoglibile ex lege a fronte del limite di una sola unità per lavoro domestico regolarizzabile, l’Amministrazione non poteva ritenersi esonerata dalla verifica inerente alla possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno ad altro titolo (ossia per attesa occupazione).
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 788 del 2013, proposto da:
Ndiaye Mory, rappresentato e difeso dall’avv. Paola Turarolo, con domicilio eletto presso l’avv. Paola Turarolo nel suo studio in Genova, via Luccoli, 30/8;
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
per l'annullamento
del decreto prot. n. P-/SP/L/N/2009/100972 di archiviazione dell’istanza di emersione da lavoro irregolare emesso dalla Prefettura della Spezia in data 14/4/2010, mai notificato al ricorrente e di cui lo stesso ha avuto notizia in data 18/4/2013 a seguito di istanza di accesso agli atti, nonché di ogni altro atto e provvedimento ad esso preordinato, collegato e connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2014 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il signor Giuseppe Nicola Fago aveva presentato tempestiva dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare ex art. 1 ter del d.l. n. 78/2009 in favore dell’odierno ricorrente, cittadino senegalese.
Il preteso datore di lavoro, tuttavia, non si presentava allo Sportello unico per l’immigrazione della Spezia per la stipulazione del contratto di soggiorno.
Con provvedimento del 14 aprile 2010, la dichiarazione veniva dichiarata irricevibile e archiviata.
Nella motivazione di tale provvedimento, si evidenzia anche come il dichiarante avesse presentato una precedente domanda di emersione in favore di altro lavoratore straniero, mentre il citato art. 1 ter consente, nel caso di lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, di presentare una sola istanza per ciascun nucleo familiare.
Il rigetto dell’istanza di emersione è stato comunicato al solo dichiarante e il lavoratore straniero ne ha acquisito successiva conoscenza in sede di accesso documentale.
Con ricorso giurisdizionale notificato il 6 giugno 2013 e depositato il 5 luglio 2013, l’interessato ha impugnato il menzionato provvedimento lesivo, denunciando l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto nonché la violazione del principio secondo cui, qualora la perdita del lavoro sia conseguenza del comportamento datoriale, lo straniero ha comunque diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Si è costituita formalmente in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, in rappresentanza dell’intimato Ministero dell’interno.
La difesa erariale ha depositato una relazione della Prefettura della Spezia e documentazione concernente il procedimento all’origine della controversia.
Con ordinanza n. 286 del 18 luglio 2013, è stata accolta l’istanza cautelare proposta in via incidentale dal ricorrente.
Nel prosieguo del giudizio, le parti non hanno svolto ulteriore attività difensiva.
Il ricorso, infine, è stato chiamato alla pubblica udienza del 19 febbraio 2014 e ritenuto in decisione.
DIRITTO
Come riferito in premessa, l’avversato diniego di regolarizzazione si fonda sulla valorizzazione di due circostanze, entrambe riferibili alla condotta del preteso datore di lavoro il quale aveva omesso di presentarsi allo Sportello unico per l’immigrazione per stipulare il contratto di soggiorno, senza giustificare l’assenza, ed aveva presentato una precedente dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare in favore di altro soggetto, nonostante la normativa vigente limiti tale possibilità ad una sola unità lavorativa per ciascun nucleo familiare.
L’art. 1 ter, comma 6, del d.l. n. 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102, stabilisce, infatti, che la dichiarazione della sussistenza del rapporto di lavoro con dipendenti extracomunitari “è limitata, per ciascun nucleo familiare, ad una unità per il lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare”.
Il successivo comma 7 prevede che la mancata presentazione delle parti, senza giustificato motivo, alla convocazione per la stipulazione del contratto di soggiorno “comporta l’archiviazione del procedimento”.
L’impugnato provvedimento di diniego o di archiviazione dell’istanza di emersione appare formalmente aderente, pertanto, al dato normativo.
Parte ricorrente evidenzia, tuttavia, che, laddove siano presenti i presupposti sostanziali per la regolarizzazione, l’esito del procedimento non può essere rimesso all’arbitrio del datore di lavoro il quale, nelle more, potrebbe aver perduto interesse a perfezionare il contratto di soggiorno.
In tal casi, dovrebbe trovare applicazione analogica l’art. 22, comma 1, del t.u. immigrazione, che consente al lavoratore straniero, nel caso di perdita del posto di lavoro, di conseguire il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di attesa occupazione.
La tesi è stata recentemente fatta propria dalla Sezione con la sentenza n. 1176 del 20 settembre 2012, cui il Collegio ritiene di doversi conformare stante la sostanziale identità delle fattispecie.
Il comportamento sfavorevole del datore di lavoro, infatti, comporta effettivamente una situazione equivalente a quella della perdita del posto di lavoro che non può riverberarsi ai danni del lavoratore incolpevole, ma implica l’attivazione delle guarentigie previste dal legislatore per il periodo di “attesa occupazione” (con la possibilità di iscriversi ai centri per l’impiego e di conseguire il rilascio di un permesso di soggiorno avente durata di sei mesi, oggi elevata ad un anno).
Nel caso in esame, peraltro, l’Amministrazione procedente non aveva revocato in dubbio la sussistenza del rapporto lavorativo, dovendosi conseguentemente ritenere che il rapporto medesimo si fosse interrotto per iniziativa unilaterale del datore di lavoro.
Inoltre, sebbene l’istanza di emersione presentata in favore dell’odierno ricorrente fosse la seconda in ordine cronologico, quindi inaccoglibile ex lege a fronte del limite di una sola unità per lavoro domestico regolarizzabile, l’Amministrazione non poteva ritenersi esonerata dalla verifica inerente alla possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno ad altro titolo (ossia per attesa occupazione), secondo il principio affermato dall’art. 5, comma 9, del t.u. immigrazione.
Con tali precisazioni, pertanto, il ricorso appare meritevole di accoglimento.
Ciò non impedisce che l’Amministrazione si ridetermini sull’istanza, eventualmente rigettandola laddove accerti l’inveridicità della dichiarazione concernente la sussistenza del rapporto di lavoro, ovvero precluda con atti successivi la permanenza in Italia del ricorrente il quale, ove del caso, non dimostri di aver reperito in seguito una regolare attività lavorativa.
Trattandosi di fattispecie peculiare, le spese del grado di giudizio vanno integralmente compensate fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, ai sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Paolo Peruggia, Consigliere
Richard Goso, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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