Rinnovo permesso di soggiorno, si valuti la durata della permanenza sul territorio nazionale e il precedente esercizio del diritto al ricongiungimento familiare
TAR Lombardia, sezione quarta, sent. n. 1284/2014 del 19/03/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 114 volte dal 15/11/2014
La Questura ha respinto la domanda di rinnovo del p.d.s. per motivi di lavoro autonomo, rilevando che: 1) l’interessato non ha percepito redditi nel 2009 e nel 2010; 2) non ha dimostrato il possesso di mezzi di sussistenza sufficienti al fabbisogno suo e della famiglia; 3) non dispone di contratto di soggiorno per lavoro subordinato; 4) non dispone dei requisiti per il p.d.s. per lavoro autonomo.
Dalla documentazione prodotta emerge che il ricorrente, entrato in Italia nel 1989 e munito di permesso di soggiorno sin dal 1990 per motivi di lavoro autonomo, è titolare di partita IVA ed autorizzato a svolgere attività di commercio al dettaglio in diversi territori comunali, in qualità di piccolo imprenditore, iscritto presso la camera di commercio dall’anno 2000 come esercente l’attività di “commercio ambulante a posteggio mobile di bigiotteria e prodotti di artigianato”.
Egli ha documentato di avere corrisposto, alle diverse amministrazioni comunali nel cui territorio svolge l’attività lavorativa, il contributo per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, con riferimento a diverse annualità ed, in particolare, nel 2010, 2011 e 2012.
Dalla dichiarazione dei redditi presentata dallo straniero nel 2012, con riferimento ai redditi del 2011, risulta che in tale anno lo straniero ha percepito 6438,00 euro, ossia una somma comunque superiore all’importo annuo dell’assegno sociale.
Inoltre, la disponibilità di redditi è coerente con il documentato pagamento nel corso degli anni del contributo per l’occupazione di spazi e aree pubbliche.
Si tratta di elementi di fatto che l’amministrazione avrebbe dovuto valutare, considerato che l’interessato ha esercitato in passato il diritto al ricongiungimento familiare con la moglie e con i figli, sicché nei suoi confronti risulta applicabile la previsione dell’art. 5, comma 5, del d.l.vo 2006 n. 163, ove si prevede, da un lato, il dovere dell’amministrazione di valutare anche in sede di rinnovo del permesso gli elementi sopravvenuti, dall’altro, che nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare l’amministrazione tiene anche conto della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2860 del 2012, proposto da:
Cheikh Sene, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Lotti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. to Lorenzo Franceschinis in Milano, via Lario, 26;
contro
Ministero dell'Interno - Questura di Varese, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, presso i cui Uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
del provvedimento del questore della provincia di Varese prot. nr. 00073/12 imm. Agm., emesso il 19.09.12, recante rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo .
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Questura di Varese;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2014 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente impugna il provvedimento indicato in epigrafe, deducendone la illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili e ne chiede l’annullamento.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, eccependo l’infondatezza del ricorso avversario, di cui chiede il rigetto.
Con ordinanza depositata in data 19.12.2012, il Tribunale ha accolto la domanda cautelare contenuta nel ricorso.
All’udienza del 19 marzo 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il provvedimento impugnato la Questura di Varese ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo avanzata da Cheikh Sene, rilevando che: 1) l’interessato non ha percepito redditi nel 2009 e nel 2010; 2) non ha dimostrato il possesso di mezzi di sussistenza sufficienti al fabbisogno suo e della famiglia; 3) non dispone di un contratto di soggiorno per lavoro subordinato; 4) non dispone dei requisiti previsti per conseguire un permesso di soggiorno per lavoro autonomo o ad altro titolo.
Cheikh Sene contesta il provvedimento impugnato, lamentando, in termini di violazione di legge ed eccesso di potere, la circostanza che l’amministrazione non ha tenuto conto di tutti i dati fattuali rilevanti nel caso concreto ed, in particolare, ha omesso di valorizzare la documentazione prodotta in sede procedimentale a dimostrazione del possesso di redditi adeguati.
Le censure sono fondate e possono essere trattate congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico.
Dalla documentazione prodotta emerge che il ricorrente, entrato in Italia nel 1989 e munito di permesso di soggiorno sin dal 1990 per motivi di lavoro autonomo, è titolare di partita IVA ed autorizzato a svolgere attività di commercio al dettaglio in diversi territori comunali, in qualità di piccolo imprenditore, iscritto presso la camera di commercio di Varese dall’anno 2000 come esercente l’attività di “commercio ambulante a posteggio mobile di bigiotteria e prodotti di artigianato”.
Egli ha documentato di avere corrisposto, alle diverse amministrazioni comunali nel cui territorio svolge l’attività lavorativa, il contributo per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, con riferimento a diverse annualità ed, in particolare, nel 2010, 2011 e 2012.
Del resto, il provvedimento, adottato il 19.09.2012, riferisce dell’assenza di redditi sufficienti al sostentamento, ma dalla dichiarazione dei redditi presentata dallo straniero nel 2012, con riferimento ai redditi del 2011, risulta che in tale anno lo straniero ha percepito 6438,00 euro, ossia una somma comunque superiore all’importo annuo dell’assegno sociale.
Inoltre, la disponibilità di redditi è coerente con il documentato pagamento nel corso degli anni del contributo per l’occupazione di spazi e aree pubbliche.
Parimenti, il ricorrente ha dimostrato, senza contestazioni sul punto, la disponibilità di un alloggio adeguato.
Si tratta di elementi di fatto che l’amministrazione avrebbe dovuto valutare, considerato che l’interessato ha esercitato in passato il diritto al ricongiungimento familiare con la moglie e con i figli, sicché nei suoi confronti risulta applicabile la previsione dell’art. 5, comma 5, del d.l.vo 2006 n. 163, ove si prevede, da un lato, il dovere dell’amministrazione di valutare anche in sede di rinnovo del permesso gli elementi sopravvenuti, dall’altro, che nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare l’amministrazione tiene anche conto della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale.
Nel caso di specie, l’amministrazione si è limitata a valutare la carenza di redditi negli anni 2009 e 2010, senza tenere conto della durata della permanenza in Italia dello straniero, nonché dell’evoluzione della situazione di fatto riferibile a Cheikh Sene, che ha documentato il possesso di redditi nel 2011, l’effettivo svolgimento di attività lavorativa e la disponibilità di un alloggio, mentre la circostanza, pure riferita dal ricorrente e confermata dall’amministrazione con nota del 15.07.2013, che i familiari del ricorrente siano rientrati nel paese di origine nel 2012 assume rilevanza ai fini della valutazione della disponibilità o meno di redditi adeguati al sostentamento, atteso che l’allontanamento dei familiari, riduce oggettivamente le esigenze economiche dell’interessato.
Insomma, il provvedimento si fonda su una valutazione parziale dei dati di fatto pure portati a conoscenza dell’amministrazione, con conseguente fondatezza delle censure proposte.
In definitiva il ricorso è fondato e deve essere accolto, mentre la concreta articolazione della situazione di fatto sottesa all’impugnazione consente di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando, accoglie ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato indicato in epigrafe.
Compensa tra le parti le spese della lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Fabrizio Fornataro, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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