Rinnovo permesso di soggiorno per lavoro autonomo, se è dimostrata la continuità dell'attività professionale non è necessaria la presenza continuativa in Italia
T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sezione prima, sent. n. 235/2015 del 27/05/2015
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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Va innanzitutto osservato come risulti applicabile alla fattispecie l’articolo 26 del D Lgs 286 del 1998, in particolare dove pone tra i requisiti per lo svolgimento di lavoro autonomo la non occasionalità dell’attività svolta e il possesso di un alloggio adeguato.
In sostanza non vi sono ragioni valide per negare al ricorrente il permesso di soggiorno richiesto.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 148 del 2015, proposto da:
Gennady Astapinko, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Cecilian, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R. in Trieste, piazza Unita' D'Italia 7;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;
per l'annullamento
-previa sospensione, del provvedimento del 18 marzo 2015 con il quale la Questura di Pordenone ha rigettato l'istanza del ricorrente volta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2015 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Il ricorrente, cittadino russo, impugna il provvedimento del 18 marzo 2015 con cui il Questore di Pordenone ha rigettato la sua domanda per ottenere un permesso di soggiorno per lavoro autonomo.
Le motivazioni del diniego riguardano una presenza nel territorio italiano molto limitata, il fatto che la casa in proprietà, dove sarebbe residente risulta disabitata, che la moglie e la figlia non sono iscritte all’anagrafe del comune, che in data 20 gennaio 2015 lo straniero ha falsamente autocertificato la residenza di moglie e figlia in Italia, che le circostanze relative alla presunta ristrutturazione della casa di residenza sono risultate non corrispondenti al vero, che gli affari che il ricorrente vuole svolgere in Italia sono comunque garantiti dal permesso per affari e che quindi mancano i requisiti sullo scopo e condizione del soggiorno in Italia, e quindi che sulla base della mancata presenza in Italia non è autorizzato il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.
Il ricorrente ricostruisce la sua attività d’intermediazione con varie ditte italiane, rappresenta di risultare proprietario di vari beni in Italia e all’estero, afferma che in sostanza è uno straniero benestante, e che quindi non ci sono ragioni per negargli permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.
A sostegno del ricorso il ricorrente deduce la violazione della legge 241 del 90 e in particolare degli articoli 10 e bis per mancato coinvolgimento nel procedimento amministrativo. Deduce poi la violazione dell’articolo tre della legge 241 citata per difetto di motivazione, dell’articolo 13 del d.p.r. 394 del 99 per errata e falsa interpretazione. Per il permesso di soggiorno richiesto non è prevista la permanenza ininterrotta nel territorio nazionale e nemmeno un periodo minimo di presenza nel territorio.
Deduce poi lo sviamento per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti, difetto d’istruttoria e motivazione. Il ricorrente elenca i periodi in cui è stato presente in Italia per dimostrare la continuità dell’attività svolta quale intermediario per cui ha percepito un reddito anche nel territorio nazionale. La sua attività comporta la necessità di spostarsi dall’Italia e all’estero; inoltre essendo stabilmente inserito nel contesto lavorativo egli contribuisce allo sviluppo economico dell’Italia.
È suo interesse a ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, anche per incentivare la sua attività.
Deduce poi la violazione degli articoli 4, 5 e 9 del decreto legislativo 286 del 1998 relativo al ricongiungimento familiare; fa presente di aver avviato un progetto di vita familiare nel nostro Paese, come dimostra anche l’acquisto di un’idonea abitazione.
Resiste in giudizio l’amministrazione che contesta l’intero ricorso.
Il Collegio ritiene innanzitutto sussistenti i presupposti di legge per definire il giudizio nella presente sede cautelare con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del c.p.a., come preannunciato alle parti nel corso della discussione.
Il presente ricorso risulta fondato.
Invero, va innanzitutto osservato come risulti applicabile alla fattispecie l’articolo 26 del D Lgs 286 del 1998, in particolare dove pone tra i requisiti per lo svolgimento di lavoro autonomo la non occasionalità dell’attività svolta e il possesso di un alloggio adeguato. Detto articolo così recita :
“1. L'ingresso in Italia dei lavoratori stranieri non appartenenti all'Unione europea che intendono esercitare nel territorio dello Stato un'attività non occasionale di lavoro autonomo può essere consentito a condizione che l'esercizio di tali attività non sia riservato dalla legge ai cittadini italiani, o a cittadini di uno degli Stati membri dell'Unione Europea.
2. In ogni caso lo straniero che intenda esercitare in Italia una attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitale o di persone o accedere a cariche societarie deve altresì dimostrare di disporre di risorse adeguate per l'esercizio dell'attività che intende intraprendere in Italia; di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l'esercizio della singola attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l'iscrizione in albi e registri; di essere in possesso di una attestazione dell'autorità competente in data non anteriore a tre mesi che dichiari che non sussistono motivi ostativi al rilascio dell'autorizzazione o della licenza prevista per l'esercizio dell'attività che lo straniero intende svolgere.
3. Il lavoratore non appartenente all'Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.”
omissis
In capo al ricorrente invero risultano sussistenti tutti i requisiti indicati dalla norma. L’attività infatti non risulta riservata a cittadini italiani; quanto alla continuità del lavoro di intermediazione commerciale svolto essa risulta documentata anche in relazione al reddito. Quanto poi al possesso di alloggio idoneo esso risulta per tabulas.
In sostanza non vi sono ragioni valide per negare al ricorrente il permesso di soggiorno richiesto.
In conclusione, il ricorso va accolto con annullamento dell’impugnato provvedimento, laddove le spese di giudizio, considerato che il ricorrente aveva prodotto un’autocertificazione non esatta, si possono compensare, salvo che per il contributo unificato che l’amministrazione dovrà rifondere al ricorrente nella misura versata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione.
Spese compensate salvo che per il contributo unificato che l’amministrazione dovrà rifondere al ricorrente nella misura versata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Enrico Mattei, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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