Rinnovo permesso di soggiorno - la misura alternativa al carcere, di affidamento in prova al servizio sociale, esclude la pericolosità sociale dello straniero
TAR Lombardia, sez. IV, sent. n. 441/2014 del 12/02/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 246 volte dal 02/04/2014
Il provvedimento impugnato è illegittimo per contraddittorietà tra atti istruttori, avendo, implicitamente, affermato la pericolosità sociale del ricorrente, pur richiamando atti della stessa Amministrazione che l’hanno invece esclusa (nell'esprimere giudizio favorevole allo stesso TdS che ha quindi ammesso l'affidamento).
L’Amministrazione ha ritenuto che la sentenza penale a carico del ricorrente, in quanto pronunciata per un reato di cui all’art. 380 c.p.p., sia ostativa al rilascio del permesso di soggiorno, tuttavia la lettura dell'ordinanza del TdS contraddice la correlazione tra la sussistenza della sentenza penale di condanna, ed il giudizio di pericolosità sociale del ricorrente.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 3018 del 2013, proposto da:
Allal Sdiri, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandra Bigliani, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via E. Besana, 7;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, Questura di Pavia, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Milano, Via Freguglia, 1;
per l'annullamento
del decreto del Questore della Provincia di Pavia emesso il 17.9.2013 e notificato in pari data, di rigetto della domanda del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, presentata in data 26.6.2013 a mezzo kit postale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Questura di Pavia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2014 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il provvedimento impugnato l’Amministrazione ha rigettato l’istanza a suo tempo presentata dall’attuale ricorrente, onde ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.
L’Amministrazione resistente si è costituita, solo formalmente, in giudizio, senza depositare documentazione, o articolare memorie difensive.
All’udienza camerale del 10.1.2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio ritiene che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.
I) Osserva il Collegio che, nelle premesse del provvedimento impugnato si dà atto, tra l’altro, dell’esistenza di un’ordinanza adottata dal Tribunale di Sorveglianza di Torino (n. 622 del 8.2.2012), nella quale, in relazione ad una preventiva carcerazione del ricorrente (sentenza del Tribunale di Milano del 16.7.2009 per il reato di rapina in concorso e lesioni personali), si è disposta l’ammissione dello stesso all’affidamento in prova al servizio sociale, sino al 27.6.2014.
In considerazione della detta ordinanza, il provvedimento impugnato afferma che essa “contiene in se stessa la caratteristica di autorizzazione al soggiorno, rendendo vano un ulteriore intervento”, dichiarandosi pertanto l’irricevibilità dell’istanza presentata.
Ritiene in proposito il Collegio che, ferma restando l’intangibilità della predetta considerazione operata dal provvedimento impugnato, il ricorso vada comunque scrutinato nel merito, in relazione alla limitata efficacia temporale del predetto affidamento al servizio sociale, come detto, disposto solo fino al 27.6.2014.
II) In primo luogo, il provvedimento impugnato è illegittimo per aver omesso la comunicazione ex art. 10 bis L. n. 241/90, erroneamente affermando, ai sensi dell’art. 21 octies della stessa legge, che il medesimo rientrasse “nella categoria di atto vincolato e non discrezionale”.
La mancata notifica del preavviso di rigetto previsto dall'art. 10-bis, L. n. 241/90 rende infatti illegittimo l'intero procedimento di rigetto dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, posto che la giurisprudenza ormai consolidata considera necessario detto avviso (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 21.11.2013 n. 2234, T.A.R. Veneto, Sez. III, 14.11.2013 n. 1288, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 5.2.2013 n. 1227).
III.1) Il provvedimento impugnato è inoltre illegittimo sotto un ulteriore aspetto.
Come già evidenziato nel precedente punto I), tale provvedimento non rigetta l’istanza del ricorrente, ma sostanzialmente l’accoglie, sulla base di quanto previsto nella detta Ordinanza n. 622/12, sebbene limitatamente al termine in essa indicato, e pertanto sino al 27.6.2014.
Pur non enucleandosi espressamente le ragioni di tale determinazione, ciò che, di per sé, dà luogo ad un ulteriore vizio, dalla lettura del provvedimento pare potersi desumere che l’Amministrazione ha ritenuto che la sentenza penale a carico del ricorrente, in quanto pronunciata per un reato di cui all’art. 380 c.p.p., sia ostativa al rilascio del permesso di soggiorno, ma che, malgrado ciò, lo stesso possa svolgere attività lavorativa, come previsto nella detta ordinanza, e pertanto, nei limiti della stessa.
La lettura della detta Ordinanza n. 622/2012 contraddice tuttavia la correlazione, implicitamente contenuta nel provvedimento impugnato, tra la sussistenza della vista sentenza penale di condanna, ed il giudizio di pericolosità sociale a carico del ricorrente.
In primo luogo, tale ordinanza si fonda infatti su una nota del 23.12.2012 della stessa Questura resistente, in cui la stessa ha affermato “che non risultano particolari controindicazioni alla fruizione della misura alternativa, e che le note relative alla pericolosità sociale del soggetto non risalgono a data recente”. La pericolosità sociale dell’attuale ricorrente viene poi espressamente esclusa, “considerato l’esito dell’osservazione svolta in istituto penitenziario, che ha messo in evidenza l’apprezzabile predisposizione del soggetto alla risocializzazione”, e che “il condannato dispone nell’ambito esterno di validi supporti”.
Conclusivamente, il provvedimento impugnato è illegittimo per contraddittorietà tra atti istruttori, avendo, implicitamente, affermato la pericolosità sociale del ricorrente, pur richiamando atti della stessa Amministrazione che l’hanno invece esclusa, e per difetto di motivazione, non essendosi evidenziate le ragioni che hanno indotto a considerare inattendibili i giudizi favorevoli al ricorrente, espressi successivamente all’esecuzione della pena.
III.2) Più in generale, un recente orientamento del Consiglio di Stato (Sez. III, 24.9.2013 n. 4685), che il Collegio condivide, ha infatti affermato che “per la stessa logica comunicante tra decisioni prese in ordini diversi, per la quale in sede di valutazione della pericolosità sociale ai fini del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno il legislatore ha attribuito un valore determinante e immediato alla condanna ostativa, deve ritenersi che lo stesso legislatore non abbia inteso statuire la indifferenza per le vicende successive alla stessa condanna”. L’individuazione di condanne automaticamente ostative al rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, rappresenta infatti, per il legislatore, un meccanismo semplificatore ed automatico onde operare le valutazioni relative alla pericolosità sociale dello straniero, talché l’intervento di altro giudice che, operando lo stesso tipo di valutazione, in base ad indici simili, intervenga proprio nel campo della rilegittimazione sociale dell’interessato, in relazione ai timori che il suo passato può suscitare, non può che modificare il modo in cui la precedente condanna si iscrive nell’ordinamento giuridico, nel senso di attenuarne il peso nella valutazione di pericolosità sociale. Secondo il Consiglio di Stato “tale mutamento non può lasciare integro l’effetto ostativo, perché elimina il presupposto del suo automatismo e la ratio essenziale all’interno di un meccanismo normativo di presunzione di pericolosità sociale obbligatoria e necessaria, che viene specificamente interrotto”. Diversamente ragionando, e pertanto “attribuendo alla volontà del legislatore un’assoluta predeterminazione di effetti per la quale, una volta intervenuta una condanna considerata ostativa, si prescinderebbe da ogni altro fattore pur giuridicamente rilevante agli stessi fini”, si determinerebbe un effetto illimitato nel tempo ed incondizionabile da qualsiasi circostanza, quale sia il tempo trascorso, la natura e la entità del reato, ciò che “è evidentemente estraneo al metodo giuridico moderno, basato sul continuo bilanciamento degli interessi e dei valori e sulla proporzionalità degli effetti giuridici in rapporto alle cause”.
Il ricorso va pertanto accolto.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento in epigrafe impugnato.
Spese compensate, salvo il rimborso del contributo unificato in favore del ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Mauro Gatti, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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