Regolarizzazione colf/badanti: il reato di violazione del divieto di reingresso non è ostativo all'accoglimento della domanda
TAR Emilia Romagna, Sezione Prima, Sentenza del 22 novembre 2011, n. 405
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 448 volte dal 29/12/2011
massima: Il reato di cui all’art. 13, comma 13, del d.lgs. 286 del 1998 (“Lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’Interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni …”) non rientra tra le ipotesi ostative alla regolarizzazione del 2009, poiché i reati in presenza dei quali si procede all’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza sono individuati mediante il criterio alternativo del riferimento alla pena edittale ovvero della indicazione nominativa, e il reato di reingresso nel territorio dello Stato prima della scadenza del divieto di legge, pacificamente estraneo alla sfera di operatività dell’art. 380 cod.proc.pen., ma astrattamente riconducibile all’art. 381 cod.proc.pen. quanto alla pena edittale, è stato sottratto all’ambito della previsione codicistica sull’arresto facoltativo per espressa iniziativa del legislatore.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. P-PC/L/N/2009/102449 del 7 febbraio 2011, con cui l’Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Piacenza (Sportello unico dell’immigrazione) ha rigettato la dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare [...];
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
[...]
FATTO e DIRITTO
Con provvedimento prot. n. P-PC/L/N/2009/102449 del 7 febbraio 2011, ai sensi dell’art. 1-ter della legge n. 102 del 2009, l’Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Piacenza (Sportello unico dell’immigrazione) rigettava la dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare [..]. La decisione veniva motivata con la circostanza dell’essere risultata la straniera destinataria di una condanna penale per violazione dell’art. 13, comma 13, del d.lgs. n. 286 del 1998 (pronuncia del Tribunale di Piacenza in data 10 ottobre 2008), ritenuta ostativa alla regolarizzazione.
Avverso il suindicato provvedimento ha proposto impugnativa l’interessata, deducendo la carenza della previa comunicazione ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 (effettuata al solo datore di lavoro), assumendo l’insussistenza delle condizioni preclusive della regolarizzazione ex art. 1-ter, comma 13, della legge n. 102 del 2009 (per non rientrare il reato di cui all’art. 13, comma 13, del d.lgs. n. 286 del 1998 nelle fattispecie delittuose contemplate dall’art. 380 e dall’art. 381 cod.proc.pen.), denunciando l’incompatibilità dell’invocata disciplina con la direttiva comunitaria n. 115 del 2008.
Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato.
[...]
Il ricorso è fondato.
Il diniego oggetto di impugnativa muove dall’assunto per cui la fattispecie di reato di cui all’art. 13, comma 13, del d.lgs. 286 del 1998 (“Lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’Interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni …”) sarebbe riconducibile all’ambito di applicazione dell’art. 1-ter, comma 13, della legge n. 102 del 2009 (“Non possono essere ammessi alla procedura di emersione prevista dal presente articolo i lavoratori extracomunitari: a) …; b) …; c) che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice”). In realtà – osserva il Collegio – un simile precedente penale non rientra tra le ipotesi ostative alla regolarizzazione del 2009, poiché i reati in presenza dei quali si procede all’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza sono individuati mediante il criterio alternativo del riferimento alla pena edittale ovvero della indicazione nominativa, e il reato di reingresso nel territorio dello Stato prima della scadenza del divieto di legge, pacificamente estraneo alla sfera di operatività dell’art. 380 cod.proc.pen., ma astrattamente riconducibile all’art. 381 cod.proc.pen. quanto alla pena edittale, è stato sottratto all’ambito della previsione codicistica sull’arresto facoltativo per espressa iniziativa del legislatore il quale, in relazione all’ipotesi di che trattasi, ha inteso introdurre la misura dell’arresto obbligatorio (v. Art. 13, comma 13-ter); in effetti, la figura di arresto obbligatorio in esame, caratterizzata da una autonoma copertura legislativa, si presenta assolutamente peculiare e tutt’altro che assimilabile ai casi disciplinati dagli articoli 380 e 381 cod.proc.pen., onde alla fattispecie di cui all’art. 13, comma 13, del d.lgs. 286 del 1998 non appare estensibile il rinvio, di stretta interpretazione, contenuto nell’art. 1-ter, comma 13, della legge n. 102 del 2009. Né l’attendibilità di simili conclusioni sembra scalfita dalla comunanza di ratio tra le diverse ipotesi in relazione alle quali l’ordinamento prevede l’arresto obbligatorio o facoltativo, data l’evidente peculiarità dei fini perseguiti attraverso l’inasprimento delle misure considerate dall’art. 13, comma 13 e comma 13-ter, che vannoindividuati nel controllo dei flussi migratori e nella disciplina dell’ingresso e della permanenza degli stranieri nel territorio nazionale, a prescindere dalla intrinseca pericolosità dei soggetti e delle condotte regolamentate.
In conclusione, assorbite le restanti censure, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
[...]
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
[...]
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 9 novembre 2011, [...]
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