L'immigrato senza permesso di soggiorno che chiede di essere messo in regola non può essere espulso se la procedura non si è ancora conclusa
Corte di Cassazione, Sezione 1 Civile, Sentenza del 25 gennaio 2007, n. 1649
Avv. Staff di Guidelegali.it
di Milano, MI
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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Alessandro CRISCUOLO - Presidente Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO -Consigliere Dott. Ugo VITRONE - Consigliere Dott. Salvatore SALVAGO - Consigliere Relatore Dott. Alberto GIUSTI - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: Fa.Ko., elettivamente domiciliato in Ro. via Ra.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Alessandro CRISCUOLO - Presidente
Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO -Consigliere
Dott. Ugo VITRONE - Consigliere
Dott. Salvatore SALVAGO - Consigliere Relatore
Dott. Alberto GIUSTI - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Fa.Ko., elettivamente domiciliato in Ro. via Ra.Ca. n. (...), presso l'avvocato Gi.Ro., che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
ricorrente
contro
Ministero dell'Interno, Prefettura di Roma, Questura di Roma;
intimati
avverso l'ordinanza del Giudice di Pace di Roma, depositata il 09.05.05 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16.11.2006 dal Consigliere Dott. Salvatore Salvago;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Umberto Apice che ha concluso per 1» accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il giudice di pace di Roma con decreto del 9 maggio 2005 ha rigettato il ricorso di Ko.Fa. contro il decreto 22 febbraio 2005 con cui il Prefetto di Roma ne aveva disposto l'espulsione, osservando che lo stesso Prefetto aveva già respinto in data 27 gennaio 2005 istanza di emersione di lavoro domestico presentato da Gi.Si. per cui il Ko. era privo del permesso di soggiorno.
Per la cassazione del provvedimento, quest'ultima ha proposto ricorso per un motivo.
Nessuno degli intimati ha presentato difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il collegio deve preliminarmente dichiarare inammissibile il ricorso rivolto nei confronti del Ministero nonché del Questore di Roma, dato che l'art. 13 bis del T.U. appr. con D.Lgs. 286 del 1998 nei procedimento con cui si impugni, come nella specie, l'espulsione disposta dal Prefetto ai sensi del precedente art. 13, ha previsto l'instaurazione del contraddittorio nei confronti dell'Autorità emittente il provvedimento;nonché la facoltà di detta Autorità di stare in giudizio personalmente o avvalendosi di funzionari delegati! ritenuta dal legislatore la più idonea a valutare e contraddire -nei ristrettissimi termini del procedimento- le ragioni dell'opposizione, e per tali fini munita della necessaria autonomia funzionale.
Nessuna pronuncia va emessa in ordine alle spese fra dette parti, poiché il Ministero e la Questura di Roma non hanno spiegato difese.
Con il ricorso Ko.Fa., deducendo violazione dell'art. 2 della L. 222 del 2002, addebita alla sentenza impugnata di aver considerato legittimo il provvedimento di espulsione malgrado l'indicata norma non ne consentiva l'adozione fino alla data di conclusione della procedura di emersione del rapporto di lavoro;che nel caso aveva avuto termine con il provvedimento del Prefetto a lui notificato il 28 febbraio 2005, laddove il decreto di espulsione era stato emesso già il 22 febbraio precedente.
Il ricorso è fondato.
L' art. 2 comma 1, D.L. 195 del 2002, così come convertito dalla L. n. 222 del 2002 in materia di legalizzazione di lavoro irregolare di extracomunitari dispone che fino alla data di conclusione della procedura di emersione, disciplinata del D.L. n. 195 del 2002 art. 1 non possono essere adottati provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale nei confronti dei lavoratori compresi nella dichiarazione presentata dal datore di lavoro, salvo che risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato.
Questa Corte ha ripetutamente interpretato detta norma nel senso che: a) essa, espressamente statuendo che non possono essere adottati provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale in pendenza della procedura, regolata dalla L. 30 luglio 2002, n. 189 artt. 33, e 32 per l'emersione e la legalizzazione del lavoro irregolare, salva l'ipotesi straordinaria che l'espellendo risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato, vieta, determinandone la sospensione, l'esercizio della potestà espulsiva (e, quindi, l'adozione del relativo provvedimento) da parte del prefetto, nei confronti del lavoratore straniero "in emersione", appunto, dalla data della domanda di sanatoria, dietro presentazione della corrispondente dichiarazione, fino alla data di conclusione della procedura anzidetta, così da impedire che siano drasticamente allontanati lavoratori per i quali, alla luce del sole, sia stata richiesta l'indicata sanatoria (Cass. 13 aprile 2004, nn. 6991, 6993, 6998, 6999; Cass. 23 agosto 2004, n. 16569; Cass. 13 aprile 2005, n. 7668); b) per potersi ritenere conclusa la procedura di emersione ai fini della riappropriazione, da parte del prefetto, del potere espulsivo medio tempore inibito, occorre che al richiedente sia comunicato, con atto scritto e ad esternazione formale, senza che possano ammettersi equipollenti in via orale o per facta concludentia, l'esito negativo della stessa, onde, in difetto di tale comunicazione, nè la procedura può ritenersi conclusa nè il prefetto può affermarsi abbia riassunto il suo potere espulsivo; c) che tale conclusione è giustificata vuoi dalla previsione di una convocazione scritta per gli adempimenti successivi in caso di esito positivo (D.L. n. 195 del 2002 art. 1 comma 5, e relativa legge di conversione), vuoi dalla formula adottata dal legislatore ("fino alla data di conclusione della procedura"), tale da far apparire necessario un atto conclusivo ad esternazione formale, vuoi dalla previsione generale di cui alla L. 241 del 1990 artt. 2 e 3 ovvero di norme ad applicazione ineludibile una volta esclusa, come nel caso in esame, alcuna ragione di urgenza che giustifichi una deroga, j vuoi dalla previsione di cui al. D.Lgs. n. 286 del 1998 art. 2 comma 6, là dove, imponendo l'obbligo di traduzione, postula un'esternazione formale dell'atto di diniego, vuoi dalla sostanziale natura di rigetto della domanda di permesso di soggiorno rivestita dall'atto in esame, sottoposto al sindacato del giudice amministrativo ai sensi del già citato D.Lgs. n. 286 del 1998 art. 6 comma 10, e, come tale, necessariamente fornito di sintetica motivazione in fatto ed in diritto (Cass. 20 aprile 2004, n. 7472; Cass. 6 dicembre 2004, n. 22808; Cass. 21 marzo 2005, nn. 6088 e 6091).
Pertanto, una volta affermato il principio per cui il procedimento di regolarizzazione del lavoro irregolare comporta la comunicazione dell'esito al lavoratore extracomunitario, nel caso concreto non era sufficiente accertare che in data 27 gennaio 2005, il Prefetto della provincia di Roma aveva emesso decreto con il quale veniva respinta l'istanza di regolarizzazione del lavoro domestico relativa al Ko.:essendo altresì necessario stabilire se detto provvedimento gli era stato comunicato; e se la comunicazione, era stata eseguita entro la data del 22 febbraio 2005, in cui dallo stesso Prefetto è stato adottato il provvedimento di espulsione. Altrimenti, il difetto di comunicazione entro tale data non poteva che comportare il mancato perfezionamento del procedimento in parola, con la conseguenza che esso non poteva ritenersi concluso e che permaneva il divieto di espulsione del lavoratore sancito, D.L. n. 195 del 2002 art. 2 comma 1.
Assorbito l' ulteriore profilo del ricorso relativo all'omessa comunicazione dell'avvio del procedimento ex art. 7 della L. 241 del 1990, l'ordinanza impugnata va pertanto cassata; e non essendo necessaria ulteriore istruzione, il collegio deve decidere nel merito ex art. 384 cod. proc. civ. ed, accogliendo l'originario ricorso del Ko., annullare il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Roma.
Sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra dette parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell'Interno e del Questore di Roma. Accoglie il ricorso nei confronti del Prefetto cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito annulla il decreto di espulsione del Prefetto di Roma. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.
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