Diniego permesso di soggiorno per lavoro, il contesto sociale e familiare va considerato, anche in presenza di una condanna penale
Consiglio di Stato, sezione terza, sent. n. 5351/2015 del 25/11/2015
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 140 volte dal 07/10/2016
L’art. 5, co. 5, del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, letto alla luce della sentenza della Corte costituzionale 18 luglio 2013 n. 202, richiede che l’Amministrazione, nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto....
La ricordata disposizione trova applicazione nella fattispecie in esame, dal momento che dagli atti di causa risulta comprovata la presenza in Italia del nucleo familiare dell’attuale appellante, coniugato con una connazionale... e padre ... di tre figlie...
Ne deriva che ... deve escludersi che il diniego di cui si controverte costituisca attività strettamente vincolata, sicché, pronunciandosi sul rinnovo del permesso di soggiorno, il Questore ... avrebbe dovuto procedere alla motivata valutazione dell’eventuale sussistenza della concreta pericolosità sociale dello straniero con riferimento agli indici desumibili dal suo inserimento nel contesto economico sociale al momento del rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.
A tal fine, pertanto, avrebbe dovuto tener conto dell’epoca del commesso reato, del grado della sua gravità e di ogni altro opportuno indice di valutazione (cfr., ex multis di questa Sezione III, 13 maggio 2013 n. 2576) in comparazione con gli elementi indicati dalla norma sopra richiamata, soprattutto avendo riguardo al fondamentale interesse di legge alla salvaguardia dell’integrità del nucleo familiare.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7424 del 2008, proposto da:
Adedokun Ebenezer Jide, rappresentato e difeso dall'avv. Laura Ferraboschi, con domicilio eletto presso Laura Ferraboschi in Roma, via Aurelia 641 Int. 18 Vill E;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Questura della Provincia di Parma;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - SEZ. STACCATA DI PARMA n. 00302/2008, resa tra le parti, concernente diniego rinnovo permesso di soggiorno di cui al decreto del Questore di Parma del 28 dicembre 2007.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista l’ordinanza cautelare 14.10.2008 n. 5445 con cui la Sesta Sezione ha accolto l’istanza di sospensione della sentenza appellata
Vista l’ordinanza collegiale 27.3.2014 n.2292 con cui questa Sezione ha disposto incombenti istruttori a carico della Questura di Parma che ha adempiuto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2014 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e udito per la parte appellata l’avvocato dello Stato Ferrante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il cittadino nigeriano Adedokun Ebenezer Jide, titolare di permesso di soggiorno per lavoro subordinato rilasciato il 10 luglio 2003, rinnovato l’8 giugno 2005 con scadenza 21 luglio 2007, ha avanzato istanza di ulteriore rinnovo. Con provvedimento del 28 dicembre 2007 il Questore di Parma ha respinto l’istanza di rinnovo, rilevando che l’immigrato, poiché risultava condannato per violazione della legge sugli stupefacenti con sentenza in data 16 maggio 2007 del Tribunale di Parma, nonché indagato per violazione delle norme sul falso materiale, andava definita persona socialmente pericolosa, in quanto abitualmente dedita a traffici delittuosi dai quali traeva, pur se in parte, i mezzi per vivere, anche se esercitava attività lavorativa subordinata.
Avverso il diniego di rinnovo l’immigrato proponeva ricorso davanti al TAR per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, che lo respingeva con sentenza 3 giugno 2008 n. 302 .
Avverso la sentenza TAR l’immigrato ha proposto l’appello in epigrafe, chiedendone la riforma, previa sospensione, per i seguenti motivi:
1.- Violazione ed errata applicazione di legge in ordine agli artt. 4, comma 3, d.lgs. n. 286/98 e 380, co. 2, lett. h), c.p.p., poiché il primo giudice non avrebbe considerato che la condanna, emessa in applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p., concerne l’ipotesi attenuata prevista dal comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e non rientra, perciò, tra le ipotesi delittuose di cui all’art. 380 c.p.p. automaticamente ostative al rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno.
2.- Violazione dell’art. 5, co. 5, d.lgs. n. 286/98, travisamento dei fatti e carenza ed illogicità della motivazione in ordine alla valutazione della pericolosità sociale, poiché il primo giudice non avrebbe considerato che la condanna ( con pena sospesa) non comporta alcuna presunzione assoluta di pericolosità sociale, dovendosi valutare, invece, la globale personalità dell’immigrato ed ogni altra circostanza sopravvenuta, quale il positivo inserimento lavorativo e sociale dello straniero nel territorio nazionale ed i suoi legami familiari .
In particolare il TAR non avrebbe considerato che l’immigrato, svolgendo una regolare attività lavorativa, era nella condizione di offrire prova di sicura ed attuale fonte reddituale, mentre avrebbe ritenuto irrilevante l’addotta esigenza di tutela dell’unità familiare, indubbiamente compromessa dall’allontanamento dell’istante dal proprio nucleo familiare costituito dalla moglie (munita di permesso di soggiorno e svolgente regolare attività lavorativa, peraltro in attesa di un figlio) e dalla figlia nata nel 2007.
In sostanza illegittimamente il Questore avrebbe applicato automaticamente la disposizione ostativa al rinnovo, omettendo la necessaria reale e specifica valutazione della pericolosità dell’immigrato.
Con ordinanza 14 ottobre 2008 n. 5445 la Sezione Sesta di questo Consiglio ha accolto la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza appellata.
Il Ministero dell’Interno, già costituito in giudizio, ha svolto difese con memoria del 4 febbraio 2014.
Con ordinanza 5 maggio 2014 n. 2292 questa Sezione Terza ha disposto l’acquisizione di una relazione in ordine all’attuale situazione dell’immigrato, ponendo l’incombente a carico della Questura di Parma, che ha adempiuto .
All’udienza pubblica del 12 giugno 2014, udito l’Avvocato dello Stato, la causa è stata introitata in decisione.
2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la controversia concerne la contestata legittimità del decreto 29.12.2007, con cui il Questore di Parma ha negato il rinnovo del permesso di soggiorno al cittadino nigeriano meglio indicato in epigrafe.
L’appello è fondato con riferimento alle censure dedotte nel secondo motivo .
L’art. 5, co. 5, del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, letto alla luce della sentenza della Corte costituzionale 18 luglio 2013 n. 202, richiede che l’Amministrazione, nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto ovvero dello straniero, che abbia legami familiari nel territorio dello Stato, debba tenere “anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”.
La ricordata disposizione trova applicazione nella fattispecie in esame, dal momento che dagli atti di causa risulta comprovata la presenza in Italia del nucleo familiare dell’attuale appellante, coniugato con una connazionale (titolare di un rapporto di lavoro presso la cooperativa Servizi logistici a S. Ilario d’Enza ed in possesso di permesso per motivi familiari) e padre, all’epoca, di una figlia di pochi mesi nata a Parma ed, oggi, di tre figlie, nate nel 2009 e nel 2011, anch’esse a Parma.
Ne deriva che (diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice), come già affermato dalla Sezione Sesta in sede cautelare, deve escludersi che il diniego di cui si controverte costituisca attività strettamente vincolata, sicché, pronunciandosi sul rinnovo del permesso di soggiorno, il Questore di Parma avrebbe dovuto procedere alla motivata valutazione dell’eventuale sussistenza della concreta pericolosità sociale dello straniero con riferimento agli indici desumibili dal suo inserimento nel contesto economico sociale al momento del rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.
A tal fine, pertanto, avrebbe dovuto tener conto dell’epoca del commesso reato, del grado della sua gravità e di ogni altro opportuno indice di valutazione (cfr., ex multis di questa Sezione III, 13 maggio 2013 n. 2576) in comparazione con gli elementi indicati dalla norma sopra richiamata, soprattutto avendo riguardo al fondamentale interesse di legge alla salvaguardia dell’integrità del nucleo familiare.
Nella specie, invece, la Questura ha omesso qualsiasi minimo cenno alla sussistenza in capo all’immigrato degli strettissimi vincoli familiari predetti, peraltro limitandosi a qualificare l’istante come “persona socialmente pericolosa, appartenente a taluna delle categorie indicate nell’articolo 1, nr. 1 e nr. 2 della legge 27.12.56 n. 1423 …” soltanto sulla base della condanna sopra riportata e, perciò, procedendo, in realtà, alla mera applicazione automatica della causa ostativa di cui all’art. 4, co. 3, del cit. d.lgs. n. 286 del 1998 in relazione all’astratto titolo del reato.
Né corrobora il giudizio di pericolosità sociale la circostanza che nel 2007 l’immigrato risultava segnalato alla Procura della Repubblica di Parma per falso materiale, in quanto, in occasione di un controllo, aveva esibito ai Carabinieri una patente di giuda contraffatta: infatti tale tipologia di reato non rappresenta, di per se sola, sicuro indice dell’abitualità a condotte delittuose e, quindi, della probabilità che l’interessato viva, almeno in parte, con i relativi proventi; ciò, a maggior ragione, ove si consideri che l’immigrato fin dal maggio 2007 lavora presso una cooperativa di facchini, Mr. Job, Modena, come operaio di quinto livello (in applicazione del contratto del settore trasporto spedizioni logistica), con rapporto a tempo indeterminato a 39 ore settimanali.
Per completezza giova aggiungere che, in adempimento dell’ordinanza istruttoria di questa Sezione n.2292/2014, la Questura di Parma riferiva ( vedi nota 13.5.2014) che, nelle more dell’appello, l’immigrato ha ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno per gli anni successivi al 2008, che è stato condannato con sentenza del Tribunale di Parma del 5.1.2011 per la contraffazione della patente di guida ( fatto del 2007) e che ha documentato il perdurare del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come facchino presso la Cooperativa Mr.Job, e la integrità del nucleo familiare, che è composto da 5 persone (tra cui la moglie, che continua a lavorare presso la Cooperativa Servizi logistici, e le tre bambine), e che risiede a Parma, come dallo stato di famiglia e residenza rilasciato dal Comune di Parma il 19.3.2014.
3.In conclusione l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va accolto con l’annullamento del decreto di diniego impugnato e con il conseguente obbligo della Questura di Parma di adottare gli ulteriori provvedimenti in conformità ai principi di cui innanzi.
Considerata la peculiarità della vicenda, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l 'appello e, per l'effetto, accoglie il ricorso di primo grado con l’annullamento del decreto del Questore di Parma 28.12.2007 con il conseguente obbligo della Questura di Parma di adottare le corrispondenti determinazioni .
Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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