E' risarcibile il danno patrimoniale e non causato da illegittima esecuzione da parte di Equitalia
Cassazione Ordinanza 23 marzo 2017, n. 7437
Avv. Florinda Cavallera
di Bari, BA
Letto 587 volte dal 13/04/2017
La cassazione riconosce il danno patrimoniale e non patrimoniale al contribuente che dimostri di essere stato danneggiato da una esecuzione ingiusta da parte di Equitalia in esecuzione dell'art. 59 del DPR 602/73 secondo cui : "Chiunque si ritenga leso dall'esecuzione può proporre azione contro il concessionario dopo il compimento dell'esecuzione stessa ai fini del risarcimento dei danni2. Il conc
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta - Presidente
Dott. SESTINI Danilo - Consigliere
Dott. OLIVIERI Stefano - Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara - rel. Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7036-2014 proposto da:
(OMISSIS) SPA, Agente della Riscossione per la Provincia di (OMISSIS) in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS) difensore di se' medesimo;
- controricorrente -
e contro
COMUNE CATANIA;
- intimata -
avverso la sentenza n. 3345/2013 del TRIBUNALE di CATANIA, depositata il 18/09/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
Con atto di citazione notificato il 2 luglio 2009 l'avvocato (OMISSIS) conveniva dinanzi al giudice di pace di Catania (OMISSIS) S.p.A. - attualmente (OMISSIS) S.p.A. - e il Comune di Catania chiedendone la condanna solidale a risarcirgli danno patrimoniale e danno non patrimoniale che sarebbero a lui derivati dall'emissione di ruoli e cartelle esattoriali di pagamento poi annullati dal giudice di pace di Catania con sentenza n. 7397/2007. Il danno patrimoniale veniva indicato nelle spese del relativo giudizio sfociato nell'annullamento; per il danno non patrimoniale si chiedeva una liquidazione equitativa. Le controparti si costituivano, resistendo; con sentenza n. 90/2011 il giudice di pace di Catania, in accoglimento della domanda risarcitoria, condannava solidalmente i convenuti a corrispondere all'attore la somma di Euro 1000 "quale rifusione del danno patrimoniale e morale", nonche' a rifondergli le spese di causa. Avendo proposto appello principale (OMISSIS) S.p.A. e appello incidentale il Comune di Catania, con sentenza del 17-18 settembre 2013 il Tribunale di Catania dichiarava inammissibile l'appello incidentale e rigettava quello principale. Ha presentato ricorso (OMISSIS) S.p.A. sulla base di quattro motivi, da cui si difende con controricorso l'avvocato (OMISSIS).
Il primo motivo denuncia violazione del principio del giudicato (ne bis in idem), richiamando in rubrica l'articolo 2909 c.c. e articolo 324 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Dal momento che il giudice che annullo' le cartelle compenso' le spese processuali, avrebbe violato il giudicato il giudice di pace laddove condanno' al risarcimento del danno patrimoniale, e il Tribunale avrebbe quindi dovuto accogliere il relativo motivo d'appello.
Il secondo motivo, ex articolo 360, comma 1, nn. 3 e 4, denuncia vizio di ultrapetizione e/o extrapetizione ai sensi dell'articolo 112 c.p.c. con conseguente nullita', annullabilita' e/o contraddittorieta' della sentenza. Il Tribunale ha espressamente riconosciuto che il giudice di prime cure aveva violato l'articolo 112 c.p.c. riconoscendo il danno patrimoniale come necessita' di spese mediche, ma ad avviso del ricorrente avrebbe errato nel ritenere che non sia stato concesso alcun risarcimento di danno patrimoniale, essendo stata pronunciata la condanna al risarcimento equitativo esclusivamente del danno non patrimoniale. Il motivo richiama il dispositivo della sentenza di primo grado laddove, in accoglimento della domanda attorea, condannava solidalmente i convenuti a pagare all'attore la somma di Euro 1000 "quale rifusione del danno patrimoniale e morale".
Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 2056, 2059 e 1226 c.c. nonche' vizio motivazionale in ordine alla mancata personalizzazione del danno morale. Adduce il ricorrente che il giudice di prime cure riconobbe sia il danno patrimoniale che il danno non patrimoniale, nonostante mancasse prova sia dell'an sia del quantum. Non si comprenderebbe quale danno patrimoniale sia stato riconosciuto, ne' come danno emergente ne' come lucro cessante. "Pertanto il Giudice d'appello ha errato nel ritenere che tale voce di danno non sia stata liquidata" dal giudice di pace (cosi' sintetizza il ricorso a pagina 17) e avrebbe dovuto, invece, riformare la sentenza di primo grado per violazione degli articoli 2056 e 1223 c.c.. Quanto poi al danno non patrimoniale, la ricorrente rimarca che occorre valutare interessi di rilievo costituzionale oppure norme che espressamente prevedono la risarcibilita' del danno non patrimoniale (S.U. 11 novembre 2008 n. 26972), nonche' la gravita' dell'offesa, in quanto la lesione deve superare una soglia minima per bilanciare il principio di solidarieta' nei confronti della vittima del danno con il principio di tolleranza: e nel caso in esame mancherebbe il requisito minimo per la risarcibilita', non avendo controparte spiegato quale prostrazione psicologica e quale senso di pericolo e di impotenza possano esserle derivati dal rischio di dover versare al Comune di Catania la complessiva somma di Euro 428,19, tenuto conto anche della sua professione.
Il quarto motivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione e mancata applicazione del Decreto Legge n. 564 del 1994, articolo 2 quater e articolo 1 D.M.D. 37/1997 nonche' violazione dell'articolo 2055 c.c.. Si adduce che l'agente di riscossione non puo' autonomamente annullare la cartella esattoriale, neanche dopo l'esito favorevole al contribuente di una causa, poiche' titolare del credito non e' l'agente, bensi' l'ente impositore, onde il contribuente che ottiene una sentenza a lui favorevole, per evitare atti esecutivi dell'agente di riscossione, dovrebbe chiedere all'ente impositore l'emissione di un provvedimento di sgravio della cartella esattoriale. Si adduce altresi' che l'ente impositore, il Comune di Catania, comunico' all'attuale ricorrente lo sgravio solo il 10 ottobre 2009: pertanto nessuna responsabilita' avrebbe la ricorrente, che quindi non dovra' risarcire danni, restando responsabile, semmai, l'ente impositore.
Considerato che:
Nel caso di specie, per ben comprendere il thema decidendum, e' opportuno richiamare sinteticamente quanto osservato dal Tribunale nella motivazione della sentenza qui impugnata. Il Tribunale ha dato atto che l'attuale ricorrente, nel suo appello principale, lamentava violazione del giudicato, ultrapetizione, violazione degli articoli 2043, 2056, 2059 e 1226 c.c. nonche' vizio motivazionale riguardo alla mancata personalizzazione del danno morale. Riguardo allora alla prima censura, cioe' la pretesa violazione del giudicato, il giudice d'appello l'ha ritenuta infondata perche', pur avendo l'attore chiesto il risarcimento del danno patrimoniale identificato nelle spese processuali della causa di opposizione alle cartelle esattoriali (nella quale la decisione passata in giudicato aveva compensato le spese di lite), il giudice di prime cure non aveva accolto tale domanda, riconoscendo e liquidando solo il danno non patrimoniale.
Riguardo poi alla ulteriore censura di ultrapetizione, il giudice d'appello ha dapprima osservato (constatazione meramente formale, per quanto subito dopo viene evidenziato) che sussisteva ultrapetizione nella sentenza di primo grado, perche' questa aveva riconosciuto un danno patrimoniale consistente nella necessita' di spese mediche, laddove la relativa documentazione era stata prodotta solo per dimostrare l'esistenza del danno morale; ma ha altresi' affermato che "nel caso concreto nessun risarcimento e' stato liquidato con riferimento specifico" al danno patrimoniale, in tal modo inducendo - implicitamente ma chiaramente - a desumerne che la suddetta violazione dell'articolo 112 c.p.c. non ha incidenza.
Da quanto appena sintetizzato, emerge allora che il giudice d'appello, a fronte delle doglianze del gravame di merito che riecheggiano nei primi due motivi del presente ricorso, ha operato un attento scrutinio del contenuto della sentenza di primo grado, giungendo cosi' ad affermare, pur dando atto delle potenziali ambiguita', che in ultima analisi a ben guardare non vi e' stata ne' effettiva violazione del giudicato - poiche' il giudice di prime cure non ha, in realta', pronunciato alcuna condanna avente ad oggetto le spese processuali del giudizio di opposizione alle cartelle esattoriali -, ne' effettiva violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, poiche', pur essendosi il primo giudice riferito a un (mai preteso dall'attore) danno patrimoniale per spese mediche, in concreto non e' giunto a condannarne il risarcimento, bensi' ha pronunciato - nonostante la formale menzione di un danno patrimoniale nel dispositivo - realmente soltanto la condanna ad un danno non patrimoniale cosi' come richiesto. Con la ricostruzione operata mediante tale motivazione il giudice d'appello e' dunque riuscito a porre rimedio all'inserzione nel dispositivo della pronuncia di primo grado, frutto di evidente errore materiale, del riferimento al danno patrimoniale. D'altronde, il Tribunale lascia intendere, implicitamente ma inequivocamente, che nessun danno patrimoniale e' stato realmente oggetto della decisione anche laddove rimarca che la liquidazione del danno oggetto di condanna e' stata equitativa: e' invero logico che, se avesse incluso il danno patrimoniale da spese mediche, del tutto equitativa non sarebbe stata, bensi' la quantificazione si sarebbe rapportata alla produzione della specifica dettagliata documentazione (cio' si evince agevolmente dal seguente passo della motivazione dell'impugnata sentenza, a pagina 3: "nel caso in esame, parte attrice...aveva richiesto il risarcimento del danno patrimoniale di riferimento esclusivo alle "spese e competenze del giudizio di opposizione", e non gia' in relazione alle spese mediche sostenute, di cui non aveva fatto alcun la menzione..., avendo prodotto la documentazione solo al fine della prova della sussistenza di un danno non patrimoniale. Tuttavia, nel caso concreto nessun risarcimento e' stato liquidato con riferimento specifico al danno "materiale" derivante dalle spese mediche sostenute, avendo il giudice di prime cure liquidato esclusivamente il danno morale in via equitativa"). Il primo e il secondo motivo del ricorso, dunque, devono essere disattesi.
Il terzo motivo, per la parte in cui attiene al danno patrimoniale, viene meno in conseguenza del rigetto dei motivi precedenti, perche' si impernia, come si e' visto, sulla determinazione del danno patrimoniale che sarebbe stato riconosciuto e che, invece, si e' appena constatato non essere mai stato oggetto di condanna. Per quanto concerne, poi, il danno non patrimoniale, la censura ha in realta' una inammissibile natura fattuale, chiedendo al giudice di legittimita' di revisionare l'accertamento operato dal giudice di merito sulla sussistenza del danno.
Il quarto motivo, infine, e' eccentrico, perche' fonda i suoi argomenti sulla titolarita' del credito e quindi sui limiti della incidenza, nella vicenda giuridica, dell'agente di riscossione, non abilitato ad emettere alcun provvedimento di sgravio della cartella esattoriale: in realta', la responsabilita' che e' stata identificata in capo al ricorrente non deriva dalla mancanza di sgravio, bensi' dalla omessa cancellazione dell'ipoteca e dalla segnalazione di insoluti (v. pagina 4s. della motivazione della sentenza impugnata).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, la notevole particolarita', anche sotto il profilo processuale, della vicenda giustificando la compensazione delle spese. Sussistono Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2012, ex articolo 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso compensando le spese processuali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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