La legge (art. 262 c.c.) prevede che quando il riconoscimento è effettuato contemporaneamente dai genitori, il figlio naturale assume il cognome del padre. Nel caso di riconoscimento tardivo del padre, se avviene a distanza di qualche anno rispetto a quello della madre, il figlio naturale prenderà il cognome paterno aggiungendolo o sostituendolo a quello materno. Se il figlio naturale è minorenne sarà il Giudice a decidere nell’interesse del minore. E’ il caso che ha esaminato la Cassazione, poiché il padre, che aveva riconosciuto il figlio successivamente alla madre, ha chiesto che il proprio cognome fosse sostituito a quello della madre del minore. Da tempo la Corte sostiene che non ci sono automatismi nell’attribuzione del cognome paterno – escludendo la sussistenza di un privilegio - ma occorre sempre valutare l’interesse del minore a conservare il cognome originario avuto riguardo alla sua funzione garantire l’identità personale. Il nome è uno degli elementi che caratterizzano l'identità della persona, oggetto di tutela costituzionale, oltre che ai sensi dell'art. 22 Cost., anche ai sensi dell'art. 2 Cost., in quanto segno distintivo ed identificativo di ogni individuo nella vita di relazione. Una volta radicatosi quale elemento identificativo della persona, il cognome deve essere tutelato da modificazioni che contrastano con il diritto inviolabile e fondamentale alla propria identità (Corte cost., sentenze n. 297 del 1996 e n. 120 del 2001). Questa è la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 262 c.c. La questione dell’attribuzione automatica del cognome paterno, anche in merito alle disposizioni sulla filiazione legittima, è da alcuni anni al vaglio della Corte Costituzionale la quale, con la sentenza n. 61 del 2006, ha riconosciuto che l'attuale sistema di attribuzione del cognome «non è più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna».