L'art. 155-quinquies cod. civ. prevede che «il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salva diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto». Secondo una parte della dottrina, in tali casi, l’unico soggetto legittimato ad agire, in sede di cognizione ed esecutiva, sarebbe il figlio maggiorenne, la cui presenza sarebbe comunque necessaria nel procedimento giurisdizionale di che trattasi. La prevalente giurisprudenza (tra cui Cass. 23 luglio 2010 n. 17275, inedita) ritiene invece che la possibilità, prevista dall’art. 155-quinquies, comma 1, cod. civ., di disporre il versamento diretto al figlio maggiorenne, quale avente diritto, del contributo periodico di mantenimento costituisce una modalità alternativa rispetto al pagamento nelle mani del genitore convivente, che rimane ancora dotato, jure proprio, di legittimazione attiva a percepire, nell’ambito dei procedimenti giudiziari di divorzio, l'assegno di mantenimento per i figli maggiore di età. Si precisa al riguardo: - che la disposizione dell'art. 155-quinquies introduce la possibilità per il Giudice di emettere un provvedimento che, sul piano formale, è reso a favore di soggetto terzo (che non è parte processuale), avente diritto e destinatario finale degli effetti di quella decisione (si tratta quindi di un modo di adempimento della obbligazione); - che l’entrata in vigore dell’art. 155-quinquies cod. civ., non solo non ha privato di legittimazione il genitore già affidatario a percepire, jure proprio e non ex capite filiorum, l’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni non ancora divenuta economicamente indipendente; - che, sempre in conseguenza dell'introduzione del predetto art. 155-quinquies c.c., sussiste la concorrente legittimazione del figlio maggiorenne ad intervenire nel giudizio (in difetto di domanda del genitore convivente si tratterà d'intervento autonomo; nel caso in cui la domanda sia stata proposta dal genitore convivente si tratterà d'intervento adesivo autonomo); - che deve invece escludersi che il figlio maggiorenne diventi litisconsorte necessario o, a maggior ragione, che egli posa ritenersi l'unico legittimato a pretendere il mantenimento dal genitore inadempiente. Nel caso in esame, la Corte di Cassazione, sebbene abbia dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall'ex marito per violazione dell'art. 366-bis cod. proc. civ., in motivazione: - ha escluso, il difetto di legittimazione passiva della ex moglie, in quanto, ai sensi dell'art. 155-quinquies cod. civ., la Corte d'appello (in sede di modifica delle condizioni di divorzio), aveva disposto il versamento diretto del contributo di mantenimento direttamente in favore del figlio maggiorenne degli ex coniugi (studente universitario, 25 anni), poiché detta determinazione, aderente al dettato normativo, appariva risolversi in una modalità alternativa rispetto al pagamento del contributo nelle mani del genitore convivente con il maggiorenne, che, pertanto, rimaneva dotato di legittimazione attiva a percepire iure proprio tale assegno; - ha ritenuto che, di conseguenza, pur in presenza del versamento diretto dell'assegno al figlio maggiorenne, il Giudice della separazione o del divorzio ben poteva assegnare la casa familiare al genitore ancora convivente con tale figlio; - ha osservato il Giudice di appello aveva giustamente riconosciuto in favore del figlio un contributo per il mantenimento, in considerazione del fatto che il figlio: era proficuamente dedito agli studi universitari, rispondenti alle sue possibilità di riuscita, compatibili con le condizioni economiche della famiglia ed intrapresi in e con limiti temporali tali da fare ragionevolmente presumere possibilità di esito favorevole; aveva ricavato, in passato, compensi inidonei a consentirgli un'esistenza libera e dignitosa dalle saltuarie esperienze lavorative di collaborazione svolte.