E non può esservi dubbio che le tecniche di PMA siano da qualificarsi come rimedi terapeutici sia in relazione ai beni che ne risultano implicati (cfr. Corte Cost. n. 559/1987 e n. 185/1998) sia perché implicano un trattamento da eseguirsi sotto diretto controllo medico, coperto da SNN e diretto a superare una causa patologica che impedisce la procreazione, oltre che a contrastare le sofferenze connesse alla difficoltà di realizzarsi pienamente diventando genitore. Inoltre, per sfuggire al divieto di fecondazione eterologa previsto nel nostro paese, molte coppie sono costrette a recarsi all’estero, in quei paesi dove tale tecnica è ammessa, affrontando sia il disagio psicologico ed emotivo di allontanarsi dal luogo degli affetti per ottenere ciò che in Italia è concesso solo alle coppie con meno gravi forme d’infertilità, sia il rischio di essere contagiati da malattie trasmesse dal donatore o dalla donatrice, per carenza di controlli e di informazioni. Si legittima, così, questo ‘turismo procreativo’, che mette a repentaglio la stessa integrità psicofisica della coppia in violazione dei limiti imposti dal rispetto della persona umana, in palese difformità ad un caposaldo della nostra Carta Costituzionale quale la tutela della salute, come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività.