Secondo la Corte di Cassazione, tutti i provvedimenti dichiarativi l’adottabilità del minore emessi dal 1° luglio 2008 – anche se emanati nell’ambito di procedure aperte prima di quel giorno – sono suscettibili di appello e non di opposizione.
Cass. civ., Sez. I, 04/04/2008, n. 8713
Avv. Caterina Sonia Pellicanò
di Reggio di Calabria, RC
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Secondo la Corte di Cassazione, tutti i provvedimenti dichiarativi l’adottabilità del minore emessi dal 1° luglio 2008 – anche se emanati nell’ambito di procedure aperte prima di quel giorno – sono suscettibili di appello e non di opposizione. Cass. civ., Sez. I, 04/04/2008, n. 8713 Sentenza con la quale la Suprema Corte ha determinato il termine a partire dal quale dovrà essere applicata la nuova normativa in materia di impugnazione del provvediment
Secondo la Corte di Cassazione, tutti i provvedimenti dichiarativi l’adottabilità del minore emessi dal 1° luglio 2008 – anche se emanati nell’ambito di procedure aperte prima di quel giorno – sono suscettibili di appello e non di opposizione.
Cass. civ., Sez. I, 04/04/2008, n. 8713 Sentenza con la quale la Suprema Corte ha determinato il termine a partire dal quale dovrà essere applicata la nuova normativa in materia di impugnazione del provvedimento dichiarativo dello stato di adottabilità del minore nel caso dell’adozione nazionale
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente Dott. GIULIANI Paolo - rel. Consigliere Dott. SCHIRO' Stefano - Consigliere Dott. GIANCOLA M. Cristina - Consigliere Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da:L.S., P.T., L.D., G. A., elettivamente domiciliati in Roma, Via Anapo n. 20, presso lo studio dell'Avv. RIZZO Carla, rappresentati e difesi dall'Avv. BIAGIOTTI Paolo del foro di Lucca in forza di procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrenti - controSINDACO del COMUNE di MONTESARCHIO (BN), nella qualità di tutore dei minori R.A., R.R. e R.F., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n. 193, presso lo studio dell'Avv. MANNI Maria Cristina, rappresentato e difeso dall'Avv. LADANZA Franco in forza di procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente - nonchè R.O. ed L.E.; - intimati - e PROCURATORE GENERALE della REPUBBLICA presso la CORTE di APPELLO di NAPOLI; - intimato -avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, sezione specializzata per i minorenni, n. 11/2007 pronunciata il 4.4.2007 e pubblicata il 5.4.2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21.11.2007 dal Consigliere Dott. GIULIANI Paolo.
Udito, per delega, il difensore dei ricorrenti.Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CALIENDO Giacomo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processoCon decreto in data 24/26.10.2006, il Tribunale per i Minorenni di Napoli dichiarava lo stato di adottabilità dei minori R. A. (nato il (OMISSIS)), R.R. (nata il (OMISSIS)) e R.F. (nato l'(OMISSIS)), figli di R.O. e di L.E., ritenendone la situazione di abbandono.
Avverso la decisione, proponevano appello davanti alla locale Corte territoriale, nella sua specializzata composizione per i minorenni, gli zii materni L.S., P.T., L. D. ed G.A..
Detto Giudice, con sentenza del 4/5.4.2007, dichiarava inammissibile il reclamo, assumendo:
a) che la disciplina di cui alla L. n. 149 del 2001, la quale aveva modificato il procedimento di adottabilità prevedendo che la declaratoria del relativo stato venisse pronunciata dal Tribunale per i Minorenni con sentenza, impugnabile mediante appello dinanzi alla specializzata sezione per gli stessi minorenni della Corte di Appello, fosse rimasta sospesa fino al 30.6.2007 per effetto della L. n. 228 del 2006;
b) che dovesse, pertanto, considerarsi ancora in vigore la norma originaria, contenuta nella L. n. 184 del 1983, art. 17, la quale prevedeva, avverso il provvedimento di adottabilità, il ricorso in opposizione dinanzi al medesimo Tribunale per i Minorenni, chiamato a decidere con sentenza, appellabile (questa soltanto) dinanzi alla Corte minorile.
Avverso tale pronuncia, ricorrono per cassazione gli zii materni meglio sopra nominati, deducendo due motivi di gravame, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il Sindaco del Comune di Montesarchio, nella qualità di tutore dei minori, laddove non resistono gli intimati genitori di questi ultimi, R.O. ed L.E..
Motivi della decisioneCon il primo motivo di impugnazione, lamentano i ricorrenti violazione ed errata applicazione di norme di diritto, con riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 17, comma 4, ed alla L. 28 marzo 2001, n. 149, art. 16, nonchè omessa, insufficiente, apparente e contraddittoria motivazione su fatti controversi o decisivi per il giudizio, con riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, come sostituito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, deducendo:
a) che la Corte territoriale ha trascurato il fatto che il provvedimento emesso in data 24/26.10.2006 dal Tribunale minorile, pur recando la formale intestazione "decreto di adottabilità", presenta nella sostanza un chiaro ed inequivocabile contenuto di sentenza, dichiarativa appunto dello stato di adottabilità, la cui natura definitivamente decisoria emerge ictu oculi;
b) che avverso tale "sentenza" gli odierni ricorrenti potevano legittimamente ricorrere direttamente dinanzi alla Corte territoriale, in applicazione del disposto della L. n. 184 del 1983, art. 17, comma 4, nel suo testo originario;
c) che, del resto, lo stesso legislatore della riforma operata con la L. n. 149 del 2001 aveva ben presente il carattere velleitario della fase di opposizione avverso il decreto dichiarativo dello stato di adottabilità di cui al precedente art. 15, tanto da averne previsto la soppressione (art. 16);
d) che la medesima Corte territoriale ha, invece, completamente trascurato questo contenuto sostanziale di sentenza del provvedimento impugnato, limitandosi solo al nomen iuris e valorizzando esclusivamente il dato formale.
Il motivo è infondato.Giova, al riguardo, premettere che il testo originario della L. 4 maggio 1983, n. 184 espressamente stabiliva:
a) all'art. 15, comma 2, che "A dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio con decreto motivato..";
b) all'art. 17, comma 1, che "il pubblico ministero, i genitori, i parenti indicati nell'art. 12, comma 1, il tutore possono proporre ricorso avverso il provvedimento sullo stato di adottabilità dinanzi allo stesso tribunale che lo ha pronunciato...";
c) all'art. 17, comma 4, che "avverso la sentenza (pronunciata dal tribunale per i minorenni a seguito dell'opposizione, secondo quanto previsto dal secondo e dal medesimo art. 17, comma 3) il pubblico ministero, l'opponente o il curatore speciale possono con ricorso proporre impugnazione... dinanzi alla sezione per i minorenni della corte d'appello..".
La successiva L. 28 marzo 2001, n. 149 ha modificato la disciplina sopra riportata, stabilendo in particolare:
a) che "la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio con sentenza...", della L. n. 184 del 1983, ex art. 15, comma 2, come sostituito dall'art. 14 della richiamata L. n. 149 del 2001;
b) che "avverso la sentenza il pubblico ministero e le altre parti possono proporre impugnazione avanti la corte d'appello, sezione per i minorenni..", della L. n. 184 del 1983, ex art. 17, comma 1, come sostituto dall'art. 16 della già citata L. n. 149 del 2001.
Tuttavia, l'entrata in vigore della nuova normativa processuale introdotta da quest'ultima legge è rimasta sospesa in forza della disposizione transitoria di cui al D.L. 24 aprile 2001, n. 150, art. 1, convertito, con modificazioni, nella L. 23 giugno 2001, n. 240, il cui termine di efficacia, dapprima fissato al 30 giugno 2002, è stato ripetutamele prorogato (al 30 giugno 2003, in forza del D.L. 1 luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, nella L. 2 agosto 2002, n. 175; al 30 giugno 2004, in forza del D.L. 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, nella L. 1 agosto 2003, n. 200;
al 30 giugno 2005, in forza del D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito, con modificazioni, nella L. 27 luglio 2004, n. 188; al 30 giugno 2006, in forza del D.L. 30 giugno 2005, n. 115, convenite", con modificazioni, nella L. 17 agosto 2005, n. 168; al 30 giugno 2007, in forza della L. 12 luglio 2006, n. 228, di conversione del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, su cui Cass. 6 marzo 2003, n. 3333;
Cass. 21 marzo 2003, n. 4124; Cass. 23 novembre 2003, n. 19862; Cass. 4 dicembre 2003, n. 18512; Cass. 3 giugno 2004, n. 10570; Cass. 2 novembre 2004, n. 21054; Cass. 12 aprile 2006, n.8527; Cass. 10 agosto 2006, n. 18113), senza che, peraltro, dopo lo spirare dell'ultimo termine fissato appunto al "30 giugno 2007" sia intervenuta alcuna ulteriore "proroga" della sospensione dell'entrata in vigore della nuova disciplina processuale di cui alla riferita L. n. 149 del 2001.
Tanto premesso, si osserva come la Corte territoriale, sulla base dell'incensurato (di per se) apprezzamento di fatto secondo il quale "con Decreto 24 ottobre 2006 e Decreto 26 ottobre 2006, il Tribunale per i minorenni di Napoli ha pronunciato la declaratoria dello stato di adottabilità dei minori..., (e) avverso detto decreto (gli odierni ricorrenti) hanno proposto appello dinanzi a(lla medesima) Corte con ricorso dell'11.12.06", abbia, quindi, ritenuto "inammissibile" l'impugnazione ivi proposta, argomentando nel senso:
a) che "la disciplina che nel 2001 (L. n. 149) ha modificato il procedimento di adottabilità, prevedendo che la declaratoria del relativo stato venga dettata dal Tribunale per i minorenni con sentenza, impugnabile con appello dinanzi alla sezione per i minorenni della Corte di Appello entro trenta giorni dalla notificazione, è rimasta sospesa per effetto della disposizione transitoria, il cui termine di efficacia è ora fissato al 30 giugno 2007 dalla L. n. 228 del 2006";
b) che "deve pertanto considerarsi tuttora in vigore la norma originaria (L. n. 184 del 1983, art. 17) che prevede - avverso il provvedimento sullo stato di adottabilità - il ricorso in opposizione dinanzi allo stesso Tribunale per i minorenni, sul quale quest'ultimo decide con sentenza (laddove) soltanto quest'ultima è appellabile dinanzi alla Corte minorile".
Così argomentando, detto Giudice, la cui decisione (si badi) è intervenuta in data "4/5.4.2007", ovvero nella persistenza (come, del resto, il Decreto, in data 24 - 26 ottobre 2006, del Tribunale per i Minorenni dichiarativo dello stato di adottabilità dei minori ed il ricorso, in data 11.12.2006, mediante il quale, avverso tale decreto, è stato spiegato appello dinanzi alla Corte territoriale da parte degli odierni ricorrenti) della proroga fino al "30 giugno 2007", sopra menzionata, ha, innanzi tutto, fatto corretta applicazione del principio secondo cui la validità degli atti processuali deve essere apprezzata con riguardo alle norme vigenti al momento del loro compimento (tempus regit actum), anzichè a quelle posteriori sopravvenute, le quali trovano applicazione esclusivamente agli atti successivi alla loro entrata in vigore, senza che a queste ultime, quindi, sia dato di incidere sugli atti posti in essere anteriormente (Cass. 1 aprile 1996, n. 2973; Cass. 4 novembre 1996, n. 9544; Cass. 28 luglio 1998, n. 7412; Cass. 12 maggio 2000, n. 6099), nel senso esattamente che la nuova normativa processuale introdotta della L. n. 149 del 2001, artt. 14 e 16, (rispettivamente sostitutivi della L. n. 184 del 1983, artt. 15 e 17), là dove ha previsto che "la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio con sentenza..." e che "avverso la sentenza (è possibile) proporre impugnazione avanti la corte d'appello, sezione per i minorenni", non esplica alcun rilievo, in questa sede, ai fini della valutazione della legittimità dell'impugnata pronuncia, resa dalla Corte territoriale anteriormente alla data del "30 giugno 2007" conseguendo tale irrilevanza dal fatto che le sopra riportate modifiche normative, apportate al procedimento di adottabilità, hanno effetto a partire dalla data del "7 luglio 2007" e che l'operatività di queste ultime non comprende i provvedimenti (del genere appunto della decisione gravata) emanati sotto una data precedente, rispetto ai quali persiste l'applicabilità del vecchio rito ed, in particolare, dell'originario testo della già citata L. n. 184 del 1983, art. 17.
Quest'ultimo, del resto, risulta incentrato, secondo quanto correttamente osservato dal Giudice di merito, sulla previsione della proponibilità, avverso la declaratoria dello stato di adottabilità pronunciata dal Tribunale minorile (in forma di decreto, come nella specie), del ricorso in opposizione dinanzi al medesimo Tribunale, nonchè sulla previsione dell'appellabilità, dinanzi alla sezione minorenni della Corte territoriale, "esclusivamente" della decisione (assunta in forma di sentenza) resa da tale Tribunale "a seguito dell'opposizionè'1 avverso il provvedimento dichiarativo dello stato di adottabilità e non anche, quindi, di tale provvedimento "direttamente", la cui "immediata" impugnabilità davanti al Giudice superiore comporterebbe l'inammissibile soppressione, disposta unicamente a seguito dell'entrata in vigore (a partire dal 1 luglio 2007) del nuovo rito di cui alla L. n. 149 del 2001, del suddetto giudizio di opposizione, il quale, nel sistema normativo anteriore, applicabile (per le ragioni accennate) nel caso in esame, rappresenta il solo procedimento contenzioso a cognizione ordinaria (e, quindi, piena) esperibile in primo grado, a differenza di quello che si conclude con la dichiarazione dello stato di adottabilità, il quale, invece, avendo carattere sommario e rivestendo natura di volontaria giurisdizione, non è suscettibile di definizione attraverso un provvedimento cui (anche in virtù della forma - del decreto - richiesta) possa venire riconosciuto contenuto decisorio (Cass. 10 aprile 1992, n. 4395; Cass. 29 ottobre 1999, n. 12160; Cass. 3 giugno 2004, n. 10570).
Con il secondo motivo di impugnazione, lamentano i ricorrenti violazione ed errata applicazione di norme di diritto, con riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 17, comma 2, come novellato dalla L. 28 marzo 2001, n. 149, art. 16, alla L. n. 184 del 1983, art. 1, come modificato dalla L. n. 149 del 2001, art. 1, della L. n. 184 del 1983, artt. 9 e 11, alla stessa L. n. 184 del 1983, art. 25, come modificato dalla L. n. 149 del 2001, art. 21, nonchè omessa, insufficiente, apparente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, con riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, come sostituito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 deducendo:
a) che la proroga delle disposizioni processuali relative ai procedimenti di dichiarazione dello stato di adottabilità e delle corrispondenti, eventuali opposizioni (di cui al D.L. n. 150 del 2001, art. 1, convertito, con modificazioni, nella L. n. 240 del 2001, ed alle molteplici proroghe successive, tra le quali, da ultimo, la L. n. 228 del 2006, art. 1, comma 2) dipende dalla mancata emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio;
b) che, avuto riguardo all'oggettivo contenuto di sentenza che caratterizza, per le ragioni in precedenza illustrate, il decreto di adottabilità emesso dal Tribunale minorile, sembra che la dichiarazione di inammissibilità dell'impugnativa proposta contro di esso costituisca l'espressione di un'applicazione eccessivamente rigorosa della descritta sospensione della nuova procedura;
c) che, in sostanza, una decisione d'inammissibilità pronunciata attraverso una così rigorosa applicazione di regole processuali somiglia molto ad una decisione di rigetto nel merito dell'impugnativa proposta;
d) che, a questo riguardo, il giudice minorile non può disattendere nè il principio del carattere prioritario dell'affidamento dei minori ai parenti più prossimi, disponibili a prestare le loro necessarie cure morali e materiali, nè l'esigenza prioritaria che gli stessi minori vivano con i propri familiari, in mancanza di serie cause ostative, nè la valorizzazione del legame di sangue in mancanza di una comprovata inidoneità dei parenti, nè il principio dell'interesse predominante dei minori a rimanere affidati ai propri familiari biologici, nè l'interesse, anche futuro, dei predetti minori, nè i risultati delle relazioni dei servizi sociali nel giudizio di inaffidabilità dei medesimi familiari, nè la necessità che la motivazione della decisione circa una simile inaffidabilità non risulti soltanto apparente per insanabile contraddittorietà.
Il motivo è inammissibile.La Corte territoriale, infatti, come dianzi accennato, si è limitata a dichiarare "inammissibile il reclamo...proposto", ponendo a base della decisione le ragioni pregiudiziali, di ordine processuale, meglio illustrate in sede di esame del motivo che precede.
Restando, quindi, salve tali ragioni, per effetto della riconosciuta infondatezza del motivo anzidetto, appare evidente come non possano trovare ingresso in questa sede censure, del genere di quelle dedotte dagli odierni ricorrenti attraverso il motivo in parola, le quali attengono, rispettivamente, secondo quanto traspare dall'illustrazione di cui sopra, alle "cause" della proroga delle disposizioni processuali relative ai procedimenti di dichiarazione dello stato di adottabilità e delle corrispondenti eventuali opposizioni, ad "una eccessivamente rigorosa applicazione della descritta sospensione della nuova procedura" ed alla "somiglianza" di una decisione di inammissibilità pronunciata attraverso una così rigorosa applicazione di regole processuali ad una decisione di rigetto nel merito dell'impugnativa proposta, la dove le prime si palesano del tutto irrilevanti, le seconde postulano l'apprezzamento circa un "eccessivo rigore" nell'applicazione di norme di legge la cui stessa nozione risulta estranea a disposizioni (quali quelle processuali in esame) di stretta osservanza, le ultime, infine, sottendono un improprio accostamento tra statuizioni di per sè incompatibili, come appunto quella (di "inammissibilità") oggetto della sentenza gravata rispetto "ad una decisione di rigetto nel merito dell'impugnativa proposta".
Il ricorso, pertanto, deve (complessivamente) essere rigettato.
La sorte delle spese del giudizio di cassazione, limitatamente al rapporto tra i ricorrenti ed il controricorrente (tutore dei minori), segue il combinato disposto dell'art. 385 c.p.c., comma 1 e art. 97 c.p.c., comma 1, ultima parte, liquidandosi dette spese in complessivi Euro 1.600,00, di cui Euro 1.500,00, per onorari, oltre le spese generali (nella misura percentuale del 12,50% sull'importo degli onorari medesimi) e gli accessori (I.V.A. e Cassa Previdenza Avvocati) dovuti per legge.
Nulla è, invece, a pronunciare quanto al rapporto tra i suddetti ricorrenti e gli intimati genitori degli stessi minori, i quali non hanno, in questa sede, nè resistito nè, comunque, svolto attività difensiva alcuna.
P. Q. M. La Corte:Rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al rimborso in favore del controricorrente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.600,00, di cui Euro 1.500,00, per onorari, oltre le spese generali e gli accessori dovuti per legge.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2007. Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2008CONDIVIDI
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