Nei casi in cui un genitore si riveli incapace di soddisfare le necessità anche più semplici di accudimento dei figli, a causa della personalità “immatura” che determina gravissimi problemi di ritardo nello sviluppo psicofisico dei bambini, occorre dichiarare lo stato di abbandono dei minori e conseguentemente l’adottabilità degli stessi. La legge n. 184/1983, all’art. 1, proclama il diritto del minore a vivere e crescere nella propria famiglia, ma solo fino a quando ciò non comporti conseguenze gravi ed irreversibili sul suo sviluppo psicofisico. Qualora, infatti, si accerti la situazione di abbandono, intesa come mancanza di assistenza materiale e morale, deve essere dichiarato lo stato di adottabilità del minore che potrà essere accudito da un’altra famiglia. La recente sentenza della Cassazione si è occupata di un caso di una madre che era risultata “incapace di interpretare i bisogni delle figlie” e di soddisfare le necessità anche più semplici di accudimento. La donna aveva dimostrato di avere una personalità immatura che l’aveva portata a non saper prendere le distanze dal marito violento e totalmente disinteressato verso le figlie. Durante la permanenza presso una comunità di accoglienza la donna si era inoltre allontanata abbandonando lì le figlie. Secondo gli accertamenti eseguiti dal Tribunale per i Minorenni di Torino l’atteggiamento materno aveva provocato gravissimi problemi di ritardo nello sviluppo delle bambine, tanto che erano già stati disposti affidamenti temporanei ad un’altra coppia di coniugi presso cui le minori avevano compito notevoli miglioramenti. La donna non ottiene ragione neppure in appello e ricorre in Cassazione sostenendo la violazione delle norme di diritto della legge sull’adozione, per la tutela del legame con la famiglia di origine, e della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, in particolare l’art. 8 che enuncia il diritto al rispetto della vita privata e familiare da parte dello Stato. La Corte ritiene infondato il ricorso poiché il diritto del minore ad essere allevato dalla famiglia di origine cede il passo davanti all’evidente pregiudizio che deriva dal rapporto genitoriale in situazioni di criticità. La giurisprudenza della Cassazione ritiene che lo stato di abbandono ricorre non solo in presenza di un rifiuto intenzionale di assolvere i doveri genitoriali, ma anche quando i genitori non siano in grado di garantire al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo e aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità purché questa situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio (Cass. Civ. n. 5013/2013). Il giudice dovrà utilizzare un particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità, che deve fondarsi su anomalie gravi del carattere e della personalità dei genitori, comprese eventuali condizioni patologiche di natura mentale che compromettano la capacità di allevare ed educare i figli (Cass. Civ. n. 3988/2002). L’art. 8 CEDU tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare, ma ammette che in casi di necessità, ancorchè eccezionali (tra cui la situazione di abbandono) possa essere interrotto il legame con la famiglia di origine. La Convenzione, firmata e ratificata dall’Italia, dichiara che “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”. Anche nella normativa sovranazionale, a partire dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo firmata a New York il 20 settembre 1989, si prevede che il diritto del minore di intrattenere e conservare relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, deve essere valutato come non contrario o pregiudizievole al suo interesse.