La frequentazione padre-figlio può essere garantita anche attraverso particolari clausole dell’accordo di divorzio.
Il Tribunale di Lucca, in composizione Collegiale, ha pronunciato la sentenza n. 2257/2016, pubblicata il 4 novembre 2016, nel corso del procedimento di scioglimento del matrimonio giudiziale, accogliendo le conclusioni congiunte rassegnate da entrambe le parti, attraverso le quali si garantisce al minore l'esercizio del diritto alla bi-genitorialità.
Avv. Simona Martinelli
di Roma, RM
Letto 253 volte dal 16/11/2016
L’accordo intervenuto nel corso del divorzio può garantire il diritto di visita del padre, prevedendo un meccanismo attraverso il quale, qualora la cadenza degli incontri e la loro sempre maggiore intensificazione non venga rispettata, ovvero la madre non collabori ‘fattivamente’ per garantire la genitorialità del padre, viene disposta anticipatamente l'attivazione dei Servizi Sociali competenti.
Affermava altresì come il rapporto con il figlio era stato reso ancor più complicato dalla circostanza di abitare in città diversa da quella di residenza del minore. Richiedeva pertanto volersi nominare Consulente Tecnico d’Ufficio specializzato in materia minorile onde verificare se fosse stato attuato un comportamento della madre, atto a denigrare la figura paterna disponendo, se del caso, i consequenziali provvedimenti.
Si costituiva in giudizio la madre del minore sostenendo come il padre fosse sempre stato assente nella vita di L. dopo la separazione, disinteressandosi completamente delle sue sorti, e che, per tale motivo, il minore, oggi, opporrebbe un netto rifiuto ad incontrarlo. Richiedeva, per tale motivo, l’affidamento esclusivo del figlio, disponendo che il padre potesse vederlo e stare con lui solo previo suo assenso. Alla prima udienza comparivano le parti che, con l’aiuto dei legali ed il fondamentale contributo del Presidente del Tribunale, raggiungevano l’accordo riprodotto nel verbale in copia, allegato alla sentenza, rassegnando conclusioni congiunte e rinunciando al prosieguo del giudizio.In esso si prevede espressamente una sorta di ‘periodo di prova’ della durata di sei mesi durante i quali, fattivamente, la madre deve creare occasioni di incontro tra padre e figlio, dapprima in sua presenza e poi da soli.Tali incontri dovranno essere sempre più ravvicinati e di maggiore durata, con eventuali pernottamenti.Nel prevedere un primo incontro da fissarsi entro 15 giorni dalla data dell’udienza, viene espressamente dichiarato che la madre “si impegna a favorire in tutti i modi tale incontro con il padre”. A suggello di tale impegno si dispone che, ove tali incontri non dovessero avere esito positivo, i coniugi accettano l’intervento dei Servizi Sociali competenti.Decorsi tre mesi le parti si impegnano altresì a seguire un percorso di sostegno genitoriale affidato ad uno psicologo, che li aiuterà nel recupero dei propri ruoli ripristinando così, tra loro una forma di dialogo.
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