Ammissibile la domanda del TFR da parte dell'ex coniuge anche in pendenza di giudizio
Cassazione Civile Sez. I civ. Sentenza 6 giugno 2011 n. 12175
Avv. Laura Galli
di Milano, MI
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In tema di divorzio, l'evidente connessione tra la domanda di attribuzione di una quota di TFR, fondata sull' art. 12-bis della legge 1 dicembre 1970 n. 898, e la domanda di assegno divorzile, il cui riconoscimento condiziona l'accoglimento della prima domanda, giustifica la proposizione di questa nell'ambito del procedimento di divorzio, risultando contrario al principio di economia processuale esigere che, nel caso di liquidazione dell'indennità di fine rapporto durante detto procedimento, la domanda di attribuzione di una sua quota sia proposta attraverso l'instaurazione di un giudizio separato tra le medesime parti; pertanto, diventando il relativo diritto attuale, quindi azionabile, nel momento in cui, cessato il rapporto di lavoro dell'ex coniuge, questi percepisce detta indennità, deve considerarsi tempestiva e non lesiva del diritto al contraddittorio la formulazione della predetta domanda nelle note di replica di cui il giudice istruttore abbia consentito il deposito, fissando un'udienza successiva dove controparte abbia avuto la possibilità di contraddire.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente
Dott. FELICETTI Francesco - rel. Consigliere
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9790/2008 proposto da:
CA. LE. (c.f. (OMESSO)), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato AUTRU RYOLO LAURA, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
AB. MA. (C.F. (OMESSO)), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso l'avvocato CICCOTTI SABINA, rappresentata e difesa dall'avvocato FILIBERTO MAURIZIO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di MESSINA depositato il 22/01/2008; n. 273/07 R.G.V.G.;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/04/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta, che ha concluso per, in via preliminare riunione al ricorso 3172/07; rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l. Il sig. Ca.Le. con ricorso 21 aprile 2000 chiedeva al tribunale di Messina che fosse pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario da lui contratto con la sig.ra Ab.Ma. . La convenuta si costituiva chiedendo un assegno divorzile. Il tribunale, con sentenza dell'11 giugno 2004, dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio e poneva a carico dell'attore un assegno di euro 250,00 mensili in favore della ex moglie. La sentenza veniva impugnata dal sig. Ca. che ne chiedeva la riforma in ordine all'attribuzione dell'assegno divorzile e, in via incidentale, dalla sig.ra Ab. che chiedeva un aumento di tale assegno. La Corte d'appello di Messina, con sentenza depositata il 5 luglio 2006, rigettava l'appello principale e in parziale accoglimento di quello incidentale aumentava l'assegno divorzile ad euro 400,00 mensili. In data 18 settembre 2006 la sig.ra Ab. proponeva ricorso al tribunale di Messina chiedendo, ex articolo 12 bis della legge n. 898 del 1970 e successive modificazioni, il riconoscimento di una quota pari al 40% del TFR spettante all'ex coniuge e da lui percepito nel 2001, dopo la proposizione della domanda di divorzio e prima della pronuncia della relativa sentenza. Il sig. Ca. si costituiva chiedendone il rigetto, essendo stata la relativa domanda gia' proposta al tribunale nel giudizio di divorzio e rigettata, senza che sul punto fosse stato proposto gravame, con il conseguente formarsi di una preclusione a proporla in separato giudizio. Deduceva che comunque non vi erano le condizioni per l'accoglimento della domanda, mancando l'accertamento definitivo dell'obbligo di mantenimento e l'anticipazione degli effetti della sentenza divorzile al momento della domanda. Il tribunale di Messina con decreto del 17 luglio 2007 rigettava la domanda, giacche' pur avendo il Ca. maturato il diritto al TFR in data 1 gennaio 2001, successivamente alla domanda di divorzio, l'obbligo di versare l'assegno era stato fatto decorrere dal novembre 2004, cosi' dovendosi escludere il diritto dell'ex moglie ad una quota di detto trattamento. La sig.ra Ab. proponeva reclamo e il sig. Ca. si costituiva chiedendone il rigetto anche in relazione alla gia' dedotta preclusione da giudicato. La Corte d'appello di Messina, con decreto depositato il 22 gennaio 2008, accoglieva il gravame e la domanda dell'appellante. Avverso il decreto ricorre a questa Corte il sig. Ca. , con atto notificato il 31 marzo 2008, formulando quattro motivi. La sig.ra Ab. resiste con controricorso notificato il 5/13 maggio 2008.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denuncia la falsa applicazione della Legge n. 898 del 1970, articolo 12 bis, e successive modificazioni. Si deduce al riguardo che il decreto impugnato avrebbe errato nel riconoscere alla ex moglie il diritto a una quota del TFR del ricorrente maturato in pendenza del giudizio di divorzio, pur non essendo stata disposta la retroattivita' dell'assegno di divorzio, fondandosi unicamente sul precedente espresso dalla sentenza n. 24057 del 2006 di questa Corte, essendo esso isolato e relativo ad un caso in cui, diversamente che in quello di specie, il divorzio era stato richiesto dai coniugi con ricorso congiunto nel quale si era prestabilita l'attribuzione di detto assegno, mentre in ogni altro caso l'incertezza circa la debenza dell'assegno rende non dovuta la quota del TFR.
Il motivo si conclude con il prescritto quesito con il quale si chiede se nell'applicazione della Legge n. 898 del 1970, articolo 12 bis, puo' essere riconosciuto in capo al coniuge divorziato il diritto a percepire una quota del TFR maturato dopo la proposizione della domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in pendenza di giudizio in seno al quale la corresponsione di assegno divorzile sia oggetto di contestazione e la sentenza che riconosce tale obbligo non faccia decorrere gli effetti della pronuncia al momento della proposizione della domanda.
Con il secondo motivo si denuncia (con riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 5, e articolo 295 c.p.c.) omessa motivazione circa le richieste d'inammissibilita' o sospensione del giudizio in attesa di definitivita' della statuizione sulla sussistenza dell'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile. Con il motivo si censura il decreto "nella parte in cui e' omessa la motivazione sulla domanda d'inammissibilita' della domanda o di sospensione del giudizio a cagione della non definitivita' della pronuncia costitutiva dello status di titolare dell'assegno divorzile".
Con il terzo motivo si denuncia ancora la falsa applicazione dell'articolo 12 bis nella parte in cui, sulla base della su detta sentenza di questa Corte, si da per ammesso, senza motivazione, il diritto alla quota del TFR in pendenza di un separato giudizio di divorzio, mentre il relativo diritto dovrebbe ritenersi azionabile solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza che lo abbia liquidato, con conseguente improponibilita' della domanda o sospensione del giudizio su di essa. Si pongono in proposito i seguenti quesiti: "La sentenza divorzile ha efficacia costitutiva quanto allo status di coniuge titolare di assegno divorzile? Il passaggio in giudicato della predetta sentenza costituisce condizione per il riconoscimento del diritto alla quota del TFR Legge n. 898 del 1970, ex articolo 12 bis, o condizione per la sua esigibilita'? Il riconoscimento della titolarita' di assegno divorzile costituisce questione pregiudiziale per il riconoscimento o l'esigibilita' della quota di TFR Legge n. 898 del 1970, ex articolo 12 bis? E la pregiudizialita' determina l'inammissibilita' o improponibilita' della seconda azione o giustifica la sospensione del secondo giudizio in attesa della definizione del primo?".
Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell'articolo 346 c.p.c., per avere la Corte d'appello rigettato l'eccezione di giudicato nonostante che la domanda di una quota del TFR fosse stata proposta dall'odierna resistente nel giudizio di divorzio in primo grado, senza essere poi riproposta in appello, nonostante che su di essa il giudice di primo grado avesse omesso di pronunciarsi. Si deduce che in proposito il tribunale, alla cui motivazione si riporta il giudice d'appello, aveva affermato che la domanda era relativa ad un acconto sul TFR, da rigettarsi per la mancata prova della sua percezione da parte del beneficiario. Si formula al riguardo il seguente quesito: "La mancata riproposizione della domanda rigettata nel contraddittorio fra le parti per carenza, di prova e non riproposta nel giudizio di appello effettivamente instaurato dalla parte avversa determina la preclusione tipica del giudicato sull'oggetto della specifica domanda?".
2. Il quarto motivo va esaminato per primo essendo, se fondato, assorbente rispetto agli altri. Esso, peraltro, deve essere rigettato. Il giudicato esterno, infatti, si forma in relazione a domande aventi la stessa "causa petendi" e lo stesso "petitum", mentre la domanda formulata e rigettata nel giudizio di divorzio, secondo quanto emerge sia dalla sentenza di primo grado (alla quale fa riferimento la sentenza della Corte d'appello), ; sia dall'esame degli atti (sentenza di primo grado nel giudizio di divorzio e comparsa di risposta della Sig.ra Ab. in quel giudizio, prodotti dal ricorrente) - che questa Corte deve compiere per accertare l'eventuale esistenza del giudicato esterno, interpretando gli atti processuali a cio' necessari (Cass. sez. un. 28 novembre 2007, n. 24664; 16 giugno 2006, n. 13916) - era diversa da quella accolta dalla sentenza impugnata, avendo quella domanda ad oggetto un acconto sull'indennita' di fine rapporto e quindi un "petitum" diverso da quello oggetto della domanda formulata nel presente giudizio e costituendosi il giudicato sugli accertamenti di fatto compiuti unicamente e limitatamente a tale domanda, nonche' sulla sua infondatezza.
3.Parimenti pregiudiziale e' il secondo motivo, che va dichiarato inammissibile ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., non concludendosi ne' con il quesito ne' con la sintesi da esso prescritti.
4. Essendo fra loro connessi il primo e il terzo motivo vanno esaminati congiuntamente. Essi vanno rigettati sulla base delle seguenti considerazioni.
L'articolo 12 bis, aggiunto alla Legge n. 898 del 1970 dalla Legge 6 marzo 1987, n. 74, articolo 16, statuisce che il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di divorzio ha diritto, se non passato a nuove nozze "e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'articolo 5, ad una percentuale dell'indennita' di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennita' viene a maturare dopo la sentenza".
Questa Corte ha gia' avuto modo di statuire che detto articolo 12 bis, con l'attribuire al coniuge al quale sia stato riconosciuto l'assegno ex articolo 5 della legge stessa e non sia passato a nuove nozze il diritto ad una quota dell'indennita' di fine rapporto percepita dall'altro coniuge "anche se l'indennita' viene a maturare dopo la sentenza", deve essere interpretato nel senso che il diritto alla quota sorge quando l'indennita' sia maturata al momento o dopo la proposizione della domanda di divorzio (con conseguente insussistenza del diritto unicamente se l'indennita' matura anteriormente a tale momento) e, quindi, anche prima della sentenza di divorzio, senza che rilevi che a tale momento l'assegno divorzile sia stato gia' liquidato e sia gia' dovuto, implicando ogni diversa interpretazione profili non manifestamente infondati di incostituzionalita' della norma in riferimento all'articolo 3 Cost. (Cass. 10 novembre 2006, n. 24057; 29 settembre 2005, n. 19046; 18 dicembre 2003, n. 19427). Si e' osservato in proposito che l'espressione "titolare di assegno ai sensi dell'articolo 5" usata dal legislatore non puo' essere intesa in senso letterale ostandovi, dal punto di vista sistematico, il successivo riferimento all'attribuzione del diritto alla quota del trattamento di fine rapporto anche se questo "viene a maturare dopo la sentenza". Tale ultima statuizione implica necessariamente che quel diritto deve ritenersi attribuibile anche ove il trattamento di fine rapporto sia maturato prima della sentenza di divorzio, ma dopo la proposizione della relativa domanda, quando ancora non possono esservi soggetti titolari dell'assegno divorzile, tali potendo divenire solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, ovvero di quella, ancora successiva, che lo abbia liquidato. La "ratio" dell'articolo 12 bis e' infatti quella di correlare il diritto alla quota di indennita' non ancora percepita dal coniuge al quale essa spetti al diritto all'assegno divorzile, il quale in astratto sorge, ove spettante, contestualmente alla domanda di divorzio, ancorche' - di regola - esso venga costituito in concreto e divenga esigibile solo dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che lo liquidi. Ne consegue, in correlazione a tale "ratio", che ove l'indennita' di fine rapporto sia percepita dall'avente diritto dopo la domanda - singola o congiunta - di divorzio, al definitivo riconoscimento giudiziario della concreta spettanza dell'assegno deve ritenersi riconnessa, a prescindere dalla decorrenza dell'assegno di divorzio, dall'articolo 12 bis l'attribuzione del diritto alla quota dell'indennita' su detta, la quale potra' essere liquidata con la stessa sentenza di divorzio, ovvero in un distinto, successivo procedimento, come nel caso di specie.
Vero e' che l'articolo 12 bis condiziona il diritto alla percentuale del trattamento di fine rapporto in questione al diritto all'assegno di divorzio e quindi, prima che tale diritto sia accertato con sentenza passata in giudicato,la domanda di attribuzione di detta percentuale non puo' essere accolta. Ma questa Corte ha gia' affermato che la relativa domanda puo' essere proposta nello stesso processo in cui sia domandato l'assegno di divorzio, formandosi cosi' contestualmente il giudicato sulla spettanza di questo e della percentuale del TFR a norma dell'articolo 12 bis su detto. Infatti, costituendo l'attribuzione dell'assegno di divorzio condizione dell'azione con la quale si domandi la percentuale del TFR ai sensi del detto articolo 12 bis, per il suo accoglimento non e' necessario che detta condizione sussista al momento della proposizione della domanda ma e' sufficiente la contestuale formazione del giudicato sulle due domande.
Ne deriva che ove, come nel caso di specie, l'attribuzione della quota del TFR sia stata domandata in giudizio diverso da quello di divorzio ed a questo successivo, ancorche' prima che quello sia stato definito con sentenza passata in giudicato, essendo i due giudizi venuti a contestuale decisione definitiva davanti a questa Corte nella stessa udienza (il giudizio relativo all'assegno di divorzio con il numero di ruolo 3172 del 2007 e quello avente ad oggetto la quota del TFR con il numero 9790 del 2008), la contestuale decisione sugli stessi e pubblicazione delle relative sentenze, con la declaratoria d'inammissibilita' del ricorso con il quale s'impugnava l'attribuzione dell'assegno di divorzio all' Ab. che questa Corte ha adottato nell'odierna camera di consiglio, implica il verificarsi di una situazione processuale di contestuale formazione del giudicato sulle due domande - cosi' come nel caso di proposizione di entrambe le domande nel giudizio di divorzio - che comporta, per le ragioni sopra dette, la reiezione del ricorso anche quanto ai motivi in esame.
In relazione alle particolarita' della presente fattispecie si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
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