Osserva la Corte che da tempo la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che al fine dell'assegnazione ad uno dei coniugi separati o divorziati della casa familiare, nella quale questi abiti con un figlio maggiorenne, occorre che si tratti della stessa abitazione in cui si svolgeva la vita della famiglia allorché essa era unita, ed inoltre che il figlio convivente versi, senza colpa, in condizione di non autosufficienza economica (Sez. 1, Sentenza n. 1198 del 20/01/2006). Invero, sono requisiti imprescindibili, per l'assegnazione della casa "familiare" ad uno dei genitori separati o divorziati, la sussistenza di tale requisito - nel senso (indicato da Cass. nn. 13065/2002, 6706/2000, 12083/1995) di habitat domestico, ossia di luogo degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia durante la convivenza dei suoi membri - e l'affidamento a questo di figli minorenni o la convivenza con figli maggiorenni, incolpevolmente privi di adeguati mezzi autonomi di sostentamento (Cass. nn. 12309/2004, 13736/2003, 4753/2003, 661/2003, 2070/2000, 11030/1997 ed altre). L'assegnazione della casa familiare prevista dall'art. 155 c.c., comma 4, rispondendo all'esigenza di conservare l'habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui s'esprime e s'articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell'immobile che abbia costituito il centro d'aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione d'ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità