Addebito e affido dei figli alla moglie per il marito con grave dipendenza dalla madre
Cassazione Civile Sezione Prima Sentenza n. 17191 del 11 agosto 2011
Avv. Laura Galli
di Milano, MI
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L'emergere di manifestazioni di sostanziale disprezzo per la moglie da parte di tutti i membri della famiglia del marito, e la dipendenza di quest'ultimo non ancora risolta con la propria madre con violazione dell'obbligo di assistenza morale dovuta alla moglie, possono giustificare in sede di separazione l'affido esclusivo dei figli a uno solo dei genitori. Il giudice del merito, addebitata la separazione al marito, accertata l'elevata conflittualità esistente tra i coniugi - e, quindi, l'opportunità di ridurre le occasioni di incontri-scontri tra i due - ha affidato la figlia minore in via esclusiva alla madre.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Nel settembre 2000 Ma.Cl. , premesso che nell'(OMESSO) aveva contratto matrimonio con Ca.Ro. e dall'unione era nata nell'aprile (OMESSO) la figlia Da. , proponeva domanda di separazione con addebito al coniuge; il quale a sua volta, costituendosi, chiedeva addebitarsi alla Ma. la responsabilita' del fallimento dell'unione coniugale. Il Tribunale di Cremona, sentiti testimoni, acquisite informazioni ed espletata c.t.u., con sentenza del (OMESSO) pronunciava la separazione, respingeva entrambe le domande di addebito, affidava ad entrambi i genitori la figlia Da. disponendo che essa coabitasse con la madre e regolando il diritto di visita del padre, a carico del quale poneva l'obbligo di versamento, a titolo di contributo al mantenimento della figlia, della somma di euro 250,00 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie. 2. L'appello proposto dalla Ma. - al quale resisteva il Ca. proponendo appello incidentale - veniva parzialmente accolto dalla Corte d'appello di Brescia, che addebitava la separazione al Ca. , affidava in via esclusiva la figlia Da. alla madre, regolava in misura piu' contenuta il diritto di visita del padre, ed aumentava a euro 350,00 mensili (oltre aggiornamenti di legge e 50% delle spese straordinarie) il contributo a carico di quest'ultimo al mantenimento della figlia. Osservava la Corte che dai comportamenti del Ca. e dei suoi genitori risultanti dai rapporti di servizio e dalle relazioni redatti dai Carabinieri intervenuti piu' di una volta nella vicenda matrimoniale prima della separazione- nonche' dalla documentazione relativa ai comportamenti dei coniugi successivi al ricorso per la separazione, emergevano manifestazioni di sostanziale disprezzo per la Ma. da parte di tutti i membri della famiglia Ca. . Manifestazioni che, per la disinvoltura con la quale erano state poste in essere e per la loro gravita', non consentivano di ritenere che si fosse trattato di esternazioni occasionali, estemporanee ed improvvise, e facevano invece ritenere verosimile che esse fossero frutto di un prolungato e graduale deterioramento dei rapporti favorito dalla contiguita' abitativa tra le due famiglie. Tali elementi, valutati complessivamente, giustificavano secondo la Corte l'addebito della separazione al Ca. , il quale, abdicando alla tutela della autonomia del proprio nucleo familiare e della dignita' della propria moglie e mantenendo una condotta che confermava la valutazione compiuta dai consulenti d'ufficio circa l'esistenza di una sua dipendenza non ancora risolta con la madre, aveva violato l'obbligo, previsto dall'articolo 143 cod.civ., di assistenza morale dovuta alla moglie. Tale contesto, osservava inoltre la Corte alla luce delle relazioni dei consulenti d'ufficio e del servizio pubblico di assistenza famigliare, sconsigliava il ricorso all'affidamento condiviso (che richiede, oltre a un accordo sugli obiettivi educativi, una buona alleanza genitoriale ed un profondo rispetto dei rispettivi ruoli, nella specie da ritenere assenti), laddove la attenta, contenitiva e partecipe capacita' genitoriale riscontrata dai consulenti nella Ma. giustificava l'affidamento esclusivo alla medesima della figlia, essendo peraltro pregiudizievole per lo sviluppo psicologico di quest'ultima una distribuzione in parti uguali del tempo di collocazione presso i due genitori (che, costringendo la bimba ad un adattamento a due realta' tra loro diverse e nemiche, avrebbe costituito il presupposto per la strutturazione in essa di un rapporto relazionale e di una individuazione di tipo scisso), ed essendo piuttosto necessario ridurre il piu' possibile i contatti tra i genitori definendo rigorosamente il giorno di visita del padre, senza riconoscere ai nonni paterni un autonomo diritto di frequentazione della nipote, distinto ed ulteriore rispetto alla facolta' dei medesimi di vedere la bambina in occasione delle visite della stessa al padre. Osservava infine la Corte che il maggior reddito lavorativo del Ca. , il fatto che egli continuasse a godere della casa coniugale, le incrementate esigenze della figlia e la maggiore permanenza della medesima con la madre giustificavano l'elevazione all'importo di euro 350,00 mensili del contributo del Ca. al mantenimento della minore. 3. Avverso tale sentenza, depositata il 25 settembre 2007 e notificata il 26 ottobre successivo, Ca.Ro. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato il 19 novembre 2007, basato su sette motivi. Resiste Ma.Cl. con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Preliminarmente, deve rilevarsi la inammissibilita' della memoria difensiva in data 11 aprile 2011 depositata dal ricorrente, recante in calce nuova procura difensiva: tale procura e' invero priva di efficacia in quanto rilasciata in calce ad un atto diverso da quelli previsti dall'articolo 83 c.p.c., comma 3, nel testo anteriore alla modifica introdotta dalla Legge n. 69 del 2009, articolo 45, applicabile ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore. 2. Con il primo motivo, il Ca. deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 345 c.p.c., comma 3, nonche' omessa motivazione in relazione alla ammissione di nuovi mezzi di prova in appello. Sostiene che la controparte ha depositato per la prima volta in appello ventotto documenti, quattordici dei quali con data certa anteriore alla proposizione del ricorso di primo grado. E che la Corte d'appello, nonostante l'eccezione di inammissibilita' della produzione tempestivamente sollevata da esso ricorrente, non si e' pronunciata al riguardo omettendo quindi di chiarire, alla luce dei criteri prescritti dall'articolo 345 c.p.c., comma 3, perche' abbia ritenuto di ammettere tale produzione; ed anzi ha espressamente richiamato alcuni dei suddetti documenti a sostegno della statuizione in ordine alla domanda di addebito della separazione. Il secondo motivo concerne la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. e la conseguente nullita' della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4: il ricorrente lamenta la omessa pronuncia sulla eccezione di tardivita' della nuova produzione documentale in appello. 3. Entrambi i motivi - da esaminare congiuntamente perche' connessi - sono infondati. 3.1 Innanzitutto, il vizio di omessa pronuncia e' configurabile solo nel caso di mancato esame, nella sentenza impugnata, di questioni di merito (cfr. ex multis Cass. Sez. 3 n. 1701/2009; Id. n. 3357/2009; Cass. S.U. n. 15982/2001); non lo e' quindi ove, come nella specie, si denunci il mancato esame non di una eccezione in senso proprio bensi' di una contestazione in rito relativa all'istruttoria del giudizio di appello. 3.2 D'altra parte, neppure l'altro vizio in procedendo (violazione articolo 345 c.p.c.) puo' dirsi sussistente. Contrariamente a quanto assume il ricorrente, la Corte di merito non ha ammesso, neppure implicitamente, tutta la produzione documentale effettuata in appello dalla Ma. ; si e' limitata ad esaminare alcuni documenti che gia' la sentenza di primo grado aveva esaminato ed espressamente valutato, traendo dal loro contenuto (oltre che dalle risultanze delle prove testimoniali assunte in primo grado) conclusioni diverse da quelle espresse dal primo giudice. Cio' risulta agevolmente dal confronto tra la motivazione della sentenza d'appello nella parte relativa all'addebito della separazione e quella corrispondente della sentenza di primo grado (il cui esame e' consentito dalla natura processuale del vizio denunciato), ove, alle pagine 9 e 10, si fa espresso riferimento alle relazioni di servizio del Maresciallo M. e del Carabiniere Co. , nonche' all'elevato numero di interventi operati dai Carabinieri della Stazione di Casalmaggiore nel periodo antecedente alla uscita della Ma. dalla residenza coniugale, oltre che alle denunce-querele proposte dalla Ma. ed alle lettere ed articoli dei genitori del Ca. "inviati alla stampa e versati in fascicolo dall'attrice". Si tratta degli stessi documenti sui quali la Corte d'appello ha basato il suo convincimento, si' che, se di implicita pronuncia possa nella specie parlarsi, essa deve essere semmai riferita agli altri documenti che la Corte non risulta aver esaminato, e quindi essere intesa in senso opposto allei implicita ammissione dedotta dal ricorrente. 4. Il terzo motivo concerne la violazione e falsa applicazione dell'articolo 151 cod. civ., comma 2, nonche' il vizio di motivazione sulla prova dei fatti posti a base della declaratoria di addebito della separazione, con particolare riferimento alla prova del nesso causale tra il determinarsi della intollerabilita' della convivenza e i comportamenti attribuiti al ricorrente. Il Ca. sostiene che la Corte d'appello ha erroneamente ed immotivatamente ritenuto prove idonee a tal fine atti di iniziativa penale della Ma. e della sua famiglia, relazioni di servizio di ufficiali e agenti di P.G. illustranti fatti -peraltro successivi alla cessazione della convivenza- appresi de relato, verbali di sommarie informazioni testimoniali dai medesimi raccolte, non confermate testimonialmente nel corso del dibattimento civile, nonche' le risultanze di una consulenza tecnica d'ufficio espletata in primo grado al diverso scopo di valutare lai richiesta di affidamento condiviso accertando la capacita' genitoriale dei coniugi. Osserva in primo luogo il collegio che il vizio di violazione di legge, pur inserito nella rubrica, non risulta in effetti compreso nella illustrazione del motivo, che non fa riferimento ad una erronea ricognizione, nella sentenza impugnata, della fattispecie astratta prevista dall'articolo 151 cod. civ., bensi' ad una carente ricognizione, sulla base delle risultanze di causa, della fattispecie concreta in esame. Anche sotto questo profilo, peraltro, il motivo e' privo di pregio atteso che risulta diretto, in effetti, a contestare le valutazioni di merito espresse dalla Corte d'appello in ordine alle prove acquisite in istruttori'af proponendo in alternativa altro vaglio favorevole al ricorrente. Valutazioni di merito che non possono essere riviste in questa sede essendo sostenute da ampia e puntuale motivazione immune da vizi logici o da intrinseca contraddittorieta', e rettamente estesa anche alle risultanze della consulenza d'ufficio espletata in primo grado, il cui apprezzamento da parte del giudice di merito non puo' ritenersi impedito dalle finalita' per le quali tale mezzo istruttorio e' stato disposto. 5. Con il quarto motivo, il Ca. denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 155 cod. civ., commi 1 e 2 e dell'articolo 155 bis cod. civ., nonche' vizio di motivazione, in relazione al diniego dell'affidamento condiviso della figlia minore Da. . Sostiene che la Corte, aderendo alle valutazioni espresse dai consulenti d'ufficio prima della entrata in vigore della Legge n. 54 del 2006, avrebbe disatteso le modifiche normative da questa introdotte, la cui ratio consiste nel diritto del minore alla bigenitorialita', diritto del quale la Corte ha privato la minore Da. senza dimostrare i motivi della presunta contrarieta' all'interesse della minore dell'affido anche al padre, la cui idoneita' genitoriale era stata accertata dai c.t.u. (ancorche' con l'aggiunta di una valutazione negativa in ordine alla sua capacita' di svolgere il ruolo di genitore responsabile), in tal modo finendo per basare la negazione dell'affidamento condiviso sulla mera conflittualita' e ostilita' tra i genitori, che il primo giudice aveva ritenuto superabile proprio con la necessita', derivante da tale condivisione, di ricercare una via di collaborazione e di aiuto reciproco nel superiore interesse della corretta crescita della figlia. Osserva tuttavia il collegio che la sentenza impugnata non ha disatteso il diritto della minore alla bigenitorialita' nel momento in cui ha ritenuto pregiudizievole per l'interesse della medesima l'affidamento condiviso. La corte di merito ha infatti rettamente incentrato le sue valutazioni sull'interesse della minore, motivando il suo convincimento sugli effetti pregiudizievoli che potrebbero derivare allo sviluppo psicologico della medesima dall'affidamento condiviso, sia - in positivo- con riguardo alla capacita' genitoriale riscontrata nella Ma. sia - in negativo - con riguardo alla particolare situazione del rapporto del Ca. con la sua famiglia di origine ed in tale contesto al comportamento gravemente denigratorio da lui, e dalla sua famiglia, assunto nei confronti della Ma. . La sentenza non si e' dunque limitata ad un generico riferimento ad una mera conflittualita' tra coniugi, ma ha esposto un percorso argomentativo conforme all'orientamento di questa Corte (cfr. ex multis Cass. n. 16593/2008; n. 1202/2006) e congruamente sostenuto dalla indicazione delle fonti sulle quali si basa, cioe' delle risultanze degli accertamenti in atti, la cui valutazione non puo' in questa sede di legittimita' essere oggetto di riesame nel merito. 6. Con il quinto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 155 cod. civ., comma 2, nonche' il vizio di motivazione in riferimento alla determinazione dei tempi di permanenza della figlia minore presso l'uno e l'altro genitore. Si sostiene che anche la drastica riduzione dei termini di permanenza di Da. presso il padre rispetto a quanto previsto nella sentenza di primo grado (da due pomeriggi a settimana a un pomeriggio nel periodo scolastico piu' una giornata dalle 9 alle 22 a settimana nel periodo estivo, ferma restando la previsione di due fine settimana alternati al mese e la distribuzione della permanenza -piu' specificamente regolata- durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive) viola il diritto della minore alla bigenitorialita', considerando che la sola motivazione esposta dalla Corte -costituita dalla necessita' di ridurre al minimo i rapporti tra i genitori- non potrebbe ritenersi motivo sufficiente per tale drastica riduzione. Osserva il collegio che -a prescindere dalla modestia della modifica disposta dalla sentenza- il motivo e' inammissibile, giacche' si risolve non gia' nella denuncia di una violazione di legge bensi' in una non consentita sollecitazione ad un diverso apprezzamento di merito, non consentito alla corte di legittimita'. 7. Il sesto motivo concerne la violazione e falsa applicazione dell'articolo 155 cod. civ., comma 1, nonche' vizio di motivazione, in riferimento al diniego di riconoscimento di un autonomo diritto di visita dei nonni. Sostiene il ricorrente che, alla luce della norma sopra richiamata, le figure ascendentali sono titolari di un autonomo diritto di mantenere continui e significativi rapporti con il nipote di eta' minore; e che la forte conflittualita' tra le due famiglie non costituirebbe motivo sufficiente per negare tale diritto. La censura e' priva di fondamento. L'articolo 155 c.c., comma 1, non attribuisce agli ascendenti del minore un autonomo diritto avente il contenuto indicato dal ricorrente. La norma attribuisce invece al minore il diritto di conservare rapporti significativi con gli ascendenti, nel quadro del mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con i propri genitori e con la medesima finalita' di evitare, per quanto possibile, che la separazione produca traumi nello sviluppo della personalita' del minore stesso. Non merita dunque censure la motivazione della sentenza che, avvalendosi della facolta' discrezionale di provvedere alla concreta regolazione di tale questione nella suddetta prospettiva (e tenendo conto fra l'altro di quanto gia' esposto circa la posizione assunta dai nonni paterni nella vicenda coniugale in esame), ha ritenuto idonea a realizzare nella specie l'interesse della minore la possibilita' della medesima di vedere 1 nonni paterni in occasione delle visite al padre, che peraltro occupa un'abitazione attigua a quella nella quale i nonni stessi abitano. 8. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia la carente ed insufficiente motivazione in relazione alle modalita' di determinazione del contributo di ciascun coniuge al mantenimento della figlia minore. Sostiene che la Corte, eseguendo i propri calcoli solo sulla base delle rispettive denunci dei redditi, non avrebbe tenuto conto di una serie di elementi concernenti, da un lato, le maggiori spese che esso ricorrente deve affrontare rispetto alla controparte (la quale si reca in bicicletta al lavoro, mentre egli deve utilizzare l'autovettura per coprire la distanza di 20 chilometri tra la sua abitazione e la scuola professionale nella quale presta attivita' di insegnante), dall'altro la possibilita' della quale dispone la sola Ma. , dipendente comunale, di svolgere lavoro straordinario e di percepire dal Comune un sostegno per il pagamento dell'affitto. La censura e' inammissibile, per la parte in cui investe direttamente il merito delle valutazioni compiute dalla corte d'appello e ne sollecita una modifica non consentita in questa sede. E' infondata, la' dove si assume che la ripartizione del contributo sarebbe stata decisa dalla corte di merito con riferimento ai soli differenti livelli di reddito delle parti obbligate, avendo invece la sentenza impugnata esposto ulteriori ragioni, che non sono state fatte oggetto di rilievi in questa sede. Anche sotto questo profilo, dunque, il ricorso non merita accoglimento. 9. Le spese di questo giudizio di legittimita' seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Deve inoltre provvedersi alla liquidazione, a norma dell'articolo 385 c.p.c., comma 2, delle spese relative al procedimento incidentale instaurato dal Ca. dinanzi alla Corte d'appello di Brescia con ricorso (rigettato) per la sospensione della esecuzione della sentenza impugnata ex articolo 373 c.p.c.; procedimento i cui atti sono stati ritualmente prodotti dalla resistente in questa sede ai sensi dell'articolo 372 c.p.c. (cfr. ex multis Cass. n. 7248/05), unitamente alla nota espositiva. Tali spese, liquidate come in dispositivo, debbono parimenti porsi a carico del Ca. in ragione della sua soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che determina in euro 3.000,00 per onorari e euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge. Condanna inoltre il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento incidentale instaurato ai sensi dell'articolo 373 c.p.c., dinanzi alla Corte d'appello di Brescia, che determina in complessivi euro 1.082,00 di cui euro 452,00 per diritti e euro 600,00 per onorari oltre spese generali ed accessori di legge. |
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