Se l'ordine di allontanamento non è motivato il decreto di espulsione è illegittimo
Tribunale di Avezzano, Sentenza del 5 agosto 2010, n. 397
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 778 volte dal 18/10/2011
Commento: La sentenza in commento, con disamina puntuale e ferrea, ricorda che il provvedimento di espulsione (ma prima ancora l'ordine di allontanamento), come qualsiasi altro provvedimento di una pubblica amministrazione, deve essere motivato. Tale motivazione non potrà ridursi alla mera ripetizione del testo della norma violata (il che purtroppo avviene in un numero indeterminabile di casi, in materia di immigrazione), potendo constare anche in una indicazione sintetica, ma precisa, di quegli elementi che hanno formato il convincimento della amministrazione nell'adottare il provvedimento in questione. massima: L'ordine del questore allo straniero di lasciare entro cinque giorni il territorio dello Stato segue il decreto di espulsione del prefetto e presuppone che non sia stato possibile eseguire tempestivamente l'espulsione e neppure trattenere lo straniero presso un centro di permanenza, ovvero che siano trascorsi i termini di permanenza; a norma della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1, l'ordine deve essere motivato: la mancanza di motivazione ne comporta l'illegittimità e rende inconfigurabile la violazione prevista come reato dal D.Lgs. n. 286 cit., art. 14, comma 5 ter. Detto obbligo motivazionale, pur non potendo considerarsi assolto con la mera ripetizione, nel testo del provvedimento, della formula legislativa, ben può essere soddisfatto anche in modo sintetico, purché nel provvedimento stesso si dia conto degli elementi di fatto che giustificano la riconducibilità della vicenda concreta alla fattispecie astratta delineata dalla norma.
Tribunale di Avezzano
Sentenza 21 giugno - 5 agosto 2010, n. 397
FATTO E DIRITTO
1. Giudicando allo stato degli atti con il rito abbreviato – instaurato a seguito di presentazione dell’imputato J. N. per la convalida dell’arresto ed il contestuale giudizio direttissimo in ordine all’imputazione formulata in rubrica - è stata emessa sentenza di proscioglimento come da dispositivo che segue.
2. Va preliminarmente chiarito – in linea con quanto ormai definitivamente stabilito dalla Corte di Cassazione – che l'ordine del questore allo straniero di lasciare entro cinque giorni il territorio dello Stato segue il decreto di espulsione del prefetto e presuppone che non sia stato possibile eseguire tempestivamente l'espulsione e neppure trattenere lo straniero presso un centro di permanenza, ovvero che siano trascorsi i termini di permanenza (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 bis); secondo la giurisprudenza consolidata della corte nomofilattica, a norma della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1, l'ordine deve essere motivato: la mancanza di motivazione ne comporta l'illegittimità e rende inconfigurabile la violazione prevista come reato dal D.Lgs. n. 286 cit., art. 14, comma 5 ter, (ved. Sez. 1^, 21 dicembre 2006, n. 1575/2007, Tanase; Sez. 1^, 6 dicembre 2006, n. 1076/2007,Ismellari; Sez. 1^, 28 marzo 2006, n. 13314, Hado; Sez. 1^, 15 dicembre 2005, n. 5217/2006, Bcji Lofti; Sez. 1^, 22 aprile 2005, n. 19722, Popescu, rv. 232223).
3. Da ultimo le Sezioni unite penali, richiamando tale granitico e consolidato orientamento, hanno precisato che detto obbligo motivazionale, pur non potendo considerarsi assolto con la mera ripetizione, nel testo del provvedimento, della formula legislativa, ben può essere soddisfatto anche in modo sintetico, purché nel provvedimento stesso si dia conto degli elementi di fatto che giustificano la riconducibilità della vicenda concreta alla fattispecie astratta delineata dalla norma (cfr. Cass. S.U. n. 2451 del 27.9.2007 (dep. Il 16.1.2008), Magera).
4. Nel caso sottoposto al vaglio del supremo consesso di legittimità l'ordine del questore era stato motivato considerando, quanto all'impossibilità di eseguire l'espulsione, che non era "immediatamente disponibile vettore aereo o altro mezzo di trasporto" e, quanto all'impossibilità di trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, che vi era "mancanza di posti disponibili". E, come era già stato altre volte ritenuto (Cass. Sez. 1^, 28 marzo 2006, n. 13314, Hado), tanto bastava per dare ragione dell'esistenza del presupposto in questione, senza che occorressero spiegazioni ulteriori. Spiegavano i giudici di legittimità: “la motivazione ha la funzione di dimostrare la corrispondenza tra la fattispecie concreta e la fattispecie astratta, che legittima il provvedimento, e di indicare i dati materiali e le ragioni che hanno fatto ritenere esistente la fattispecie concreta, "funzione che, a seconda dei casi, può richiedere uno svolgimento diffuso o poche parole" (sent. 26 novembre 2003, n. 23/2008, Gatto, in riferimento alla "indisponibilità di linee" ex art. 268, terzo comma c.p.p. in materia di intercettazioni telefoniche) e, nel caso in esame, la considerazione del questore che non vi erano posti disponibili dimostrava, con poche ma concludenti parole, l'impossibilità di trattenere lo straniero in un centro di permanenza temporanea”.
5. Ora, venendo al caso in esame, occorre in primo luogo esaminare i contenuti motivazionali degli ordini questorili sottoposti al vaglio di questo giudicante, quali presupposti del reato contestato in epigrafe.
6. Quello emesso dal Questore dell’Aquila il 26 maggio 2010, in esecuzione del decreto di espulsione emesso in pari data dall’autorità prefettizia della stessa provincia, dava sufficientemente conto dell’impossibilità di accompagnamento dello straniero alla frontiera e, correttamente, disponeva che lo stesso fosse trattenuto presso il Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria – Roma per il tempo strettamente necessario alla rimozione degli impedimenti all’accompagnamento alla frontiera. Contestualmente, si informava l’interessato della trasmissione del medesimo provvedimento al Giudice di Pace di Roma entro quarantotto ore dall’inizio della misura con lo specifico avvertimento che in caso di mancata convalida nelle successive quarantotto ore lo stesso decreto questorile sarebbe divenuto inefficace.
7. In atti non vi è traccia di alcun provvedimento da parte del giudice di pace competente e, conseguentemente, deve ritenersi che il suddetto decreto del questore di L’Aquila sia divenuto privo di ogni effetto.
8. Successivamente, il 28 maggio 2010, il Questore di Roma emetteva nuovo decreto di espulsione nei confronti del medesimo straniero, richiamando quella parte del decreto emesso dall’omologa autorità aquilana che spiegava come il predetto Jnah Nabil fosse stato trattenuto presso il suddetto centro di permanenza temporanea per “impossibilità di esecuzione dell’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera per mancanza di documenti identificativi ed indisponibilità del vettore aereo”.
9. E senza alcuna nuova motivazione in ordine all’ipotetica impossibilità di accompagnamento del predetto alla frontiera o di un suo trattenimento presso un centro di identificazione, si ordinava allo straniero di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni, con l‘avvertimento che in caso di “trattenimento“ senza giustificato motivo in violazione del medesimo ordine questorile egli sarebbe stato punito con la reclusione da uno a quattro anni.
10. Il rappresentante della pubblica accusa intervenuto in udienza ha ritenuto di modificare l’imputazione precisando che il decreto rimasto ineseguito sarebbe stato quest’ultimo emesso dallaQuestura di Roma in data 28 maggio 2010. Conseguentemente, è in tale provvedimento che si deve poter cogliere, nella parte motiva, l’esplicitazione del corretto esercizio del poteri di discrezionalità tecnica che pure deve guidare le scelte poste a base dell’ordine di espulsione.
11. Ma, come già detto, esso si limita a richiamare il citato precedente del questore dell’Aquila, senza alcun riferimento al decreto prefettizio e, soprattutto, senza alcuna spiegazione in ordine all'impossibilità di eseguire immediatamente l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, né del perché non si sia nuovamente trattenuto lo straniero presso un centro di permanenza temporanea. Insomma, neppure un cenno a quelle che, invece, avrebbero dovuto essere le modalità tipiche dell’espulsione prima di formulare l’ordine di allontanamento, solo come estrema soluzione operativa.
12. Ora, è appena il caso di precisare, in linea con i citati arresti giurisprudenziali della corte regolatrice, che i suindicati presupposti di legittimità dell’ordine questorile di espulsione – vale a dire, l’impossibilità di accompagnamento dello straniero alla frontiera e l’impossibilità di trattenimento dello stesso presso un centro di permanenza temporanea – oltre ad essere esplicitati devono essere entrambi motivati.
13. Il suddetto ordine del questore di Roma, dunque, è illegittimo e, come tale, deve esseredisapplicato per gli effetti penali.
14. Un ulteriore profilo d’illegittimità inficia quest’ultimo provvedimento amministrativo.
15. Ed infatti, secondo l’opinione della giurisprudenza di legittimità consolidatasi prima dell’entrata in vigore della legge 15 luglio 2009 n. 94, ai fini della sussistenza del delitto di cui all’art. 14, comma 5 ter, primo periodo, D.Lgs. n. 286/1998, è necessario che nell’ordine del questore siano indicate le conseguenze penali della sua trasgressione (ossia la specifica sanzione irrogabile, consistente nella reclusione da uno a quattro anni), come previste a seguito della modifica di cui al D.L. 14 settembre 2004 n. 241, convertito con legge 12 novembre 2004 n. 271 (Cass. 23 febbraio 2006 n. 9138).
16. In assenza di questa indicazione il provvedimento amministrativo è da reputarsi illegittimo, in quanto emesso in violazione del disposto contenuto nell’art. 14, comma 5 bis, D.Lgs. n. 286/1998, con la conseguenza che il giudice del merito deve disapplicarlo e dichiarare l’insussistenza del reato (cfr., in termini, Cass. 17 marzo 2006 n. 15034).
17. Attualmente, l’art. 1, comma 22, della legge 15 luglio 2009 n. 94 (pubblicata in GU 24 luglio 2009 – supplemento ordinario n. 128 L, ed efficace dall’8 agosto 2009) ha modificato l’art. 14, comma 5 bis, D.Lgs. n. 286/1998, nella parte in cui prescriveva al questore di indicare nell’ordine le conseguenze penali della sua trasgressione, disponendo che l’indicazione deve riguardare non solo le conseguenze sanzionatorie della permanenza illegale immediata, ma anche le conseguenze sanzionatorie della permanenza illegale “reiterata” nel territorio dello Stato. E cioè di quella protratta, illegale, permanenza, cui pure fa riferimento il comma 5 quater quale presupposto per incriminare, con più gravi conseguenze sanzionatorie, la condotta di permanenza illegale da parte dello straniero destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5 ter che sia stato raggiunto da un nuovo ordine di allontanamento.
18. Deve pertanto ritenersi illegittimo, per violazione di legge e, segnatamente, per contrarietà al disposto di cui all’art. 14, comma 5 bis, di nuovo conio, il provvedimento amministrativo questorile che, emesso successivamente all’entrata in vigore della L. n. 94/2009, non rechi l’indicazione delle conseguenze sanzionatorie proprie del reato di cui all’art. 14, comma 5 quater. Ed anche in questo caso, il giudice del merito sarà tenuto a disapplicare tale ordine di espulsione emesso in violazione dei canoni prescritti dal citato art. 14, comma 5 bis, e obbligato ad emettere sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.
19. Nel caso di specie, l’ordine del Questore di Roma, si limita ad indicare soltanto le conseguenze sanzionatorie dell’ingiustificato “trattenimento” dello straniero in Italia, senza minimamente far cenno alla reiterazione di tale condotta, come invece avrebbe imposto il tenore letterale del citato art. 14, comma 5 bis.
20. Sicchè, anche per tali ragioni, il suddetto ordine di espulsione va disapplicato poiché illegittimo per violazione di legge.
21. Infine, non si può fare a meno di sottolineare come in quell’ordine di espulsione, nell’intimare allo straniero, odierno imputato, di lasciare il territorio italiano entro cinque giorni dalla notifica del medesimo atto, si esprime l’avvertimento che “se si trattiene nel territorio dello Stato in violazione del presente ordine, il medesimo sarà punito”.
22. Orbene, la fattispecie incriminatrice di cui al citato art. 14, comma 5 ter, nel testo come sopra novellato dal “terzo pacchetto sicurezza”di cui alla L. 15.7.2009 n. 94, hasostituito la vecchia locuzione “si trattiene illegalmente” con la nuova “permane illegalmente”, di evidente e sostanziale differenza semantica: “trattenersi”nel territorio dello Stato, significa semplicemente rimanere, anche per brevissimo tempo, in Italia, mentre “permanere”nel territorio dello Stato, significa continuare a permanere a lungo in Italia. La modifica lessicale, certamente non casuale, incide profondamente sul piano definitorio del perimetro di tipicità della norma incriminatrice di cui al citato art. 14, comma 5 ter.
23. Non si tratta di sinonimi. Il legislatore, consapevolmente, ha sostituito il predicato verbale “permane” al precedente “si trattiene”. Pertanto il questore, quale autorità amministrativa destinataria della norma attributiva del potere di espulsione, ha l’obbligo di utilizzare l’espressione verbale di nuovo conio, a pena di illegittimità dell’atto per violazione di legge.
24. Come già rimarcato, questo non è avvenuto nel caso in esame e, conseguentemente, anche per tale profilo patologico, l’ordine del questore di Roma deve essere disapplicato e l’imputato prosciolto per insussistenza del fatto.
25. Il carico dell’ufficio e la complessità delle argomentazioni svolte giustificano il prolungamento dei termini ordinari per il deposito della parte motiva.
P.Q.M.
Visti gli artt. 438 e segg., 530, 544 c.p.p.
assolve l’imputato dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste;
motivazione in giorni sessanta.
Avezzano 21 giugno 2010
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