Responsabilità dell’appaltante e dell’appaltatore per danni a terzi nell’appalto di opere pubbliche
CASSAZIONE CIVILE, sez. III, 28 giugno 2005, n. 13934
Avv. Michele Fabio Tenuta
di Sant'Elpidio a Mare, FM
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MASSIMA: In materia di appalto la funzione direttiva eventualmente riservata all’appaltante non esclude l’autonomia dell’appaltatore, a meno che quest’ultimo non venga ridotto alla funzione di “nudus minister” TESTO DELLA SENTENZA: REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Francesco SABATINI Presidente - Dott. Michele VARRONE - Rel. Consig
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Francesco SABATINI Presidente - Dott. Michele VARRONE - Rel. Consigliere Dott. Italo PURCARO - Consigliere - Dott. Giovanni Battista PETTI- Consigliere - Dott. Giulio LEVI - Consigliere - hanno pronunciato la seguente Sentenza sul ricorso proposto da: G.P.M. , elettivamente domiciliato inROMA VIA BRUNETTI 24, presso lo studio dell’avvocato PAOLO FALZEA, rappresentato e difeso dall’ avvocato GIUSEPPE DI PIETRO, giusta delega in atti;
ricorrente controCOMUNE DI BROLO, in persona DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA GIULIANA 63, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSARIA DI GIORGIO GIANNITTO, giusta delega in atti;
controricorrenteavverso la sentenza n. 131/01 della Corte d’Appello di MESSINA, emessa il 26/02/01, depositata il 18/04/01; RG. 146/2000, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/06/05 dal Consigliere Dott. Michele VARRONE;
udito l’Avvocato DI GIORGIO GIANNITTO ROSARIA;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ignazio PATRONE che ha concluso l’inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 26/4/1996 P.G. conveniva davanti al Tribunale di Patti il Comune di Brolo e premesso: che il proprio fabbricato, sito in Brolo via aveva subito nel gennaio 1994 notevoli danni alle strutture e agli interni a seguito di cedimenti di terreno provocati dai lavori di scavo eseguiti per la posa in opera della rete fognante del Comune di Brolo; che detti lavori erano stati appaltati dal Comune suddetto alla impresa Terme Appalti S.p.A. ed erano stati eseguiti in subappalto dalla impresa Romanciuc Costruzioni S.r.l.; che dagli accertamenti tecnici effettuati, a seguito di un suo ricorso ex art. 696 c.p.c., era risultato che i danni erano riconducibili ai lavori per la posa delle tubazioni della rete fognante; tutto ciò premesso, chiedeva che il Comune convenuto venisse condannato al risarcimento dei danni causati, nella misura di L. 460.000.000 o in quell’altra che sarebbe stata accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dall’evento al soddisfo.
Il Comune di Brolo, costituendosi in giudizio dopo che era stata disposta una consulenza tecnica d’ufficio, eccepiva preliminarmente la propria carenza di legittimazione passiva, deducendo che eventualmente tenuto al risarcimento dei danni era l’appaltatore dei lavori, nella specie la Terme Appalti S.p.A., che aveva agito in totale autonomia nell’esecuzione dell’opera pubblica. Nel merito contestava, comunque, il nesso di causalità tra i lavori eseguiti ed i danni sofferti dall’immobile, nonché l’ammontare di questi. Rigettata, da parte del G.I., l’istanza avanzata dal Comune, diretta ad ottenere l’autorizzazione a chiamare in garanzia l’impresa appaltatrice, il Tribunale, con sentenza 17 gennaio 2000, dichiarava il difetto di legittimazione passiva dell’ente convenuto e condannava l’attore al pagamento delle spese processuali.
L’appello proposto dal G. ed al quale aveva resistito il Comune di Brolo era accolto dalla Corte messinese solo in punto spese (compensando per metà quelle di primo grado come del resto veniva disposto anche per quelle di appello), affermando, per quanto ancora possa interessare:
- che, nella specie, l’eccezione formulata dal Comune era (non di carenza della legittimazione processuale ma) di titolarità del rapporto controverso e, pertanto, costituiva (non un’eccezione in senso proprio ma) una mera difesa nel merito, come tale proponibile anche con la comparsa conclusionale;
- che le prove addotte dall’attore non erano tali da configurare una responsabilità dell’ente territoriale per l’evento dannoso, il quale restava integralmente imputabile all’autonoma attività dell’appaltatore.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il G. affidato ad un solo motivo. Ha resistito il Comune di Brolo con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico complesso motivo il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 2043 e 2049 c.c. e 116 c.p.c. e l’insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., contesta il rigetto della sua domanda risarcitoria, rilevando: che alla stregua del contratto di appalto l’opera doveva essere eseguita in conformità del progetto e del capitolato predisposti dall’amministrazione e sotto la direzione di un direttore dei lavori indicato dalla medesima; che il cedimento del suo fabbricato non risultava imputabile a fatto dell’impresa, la quale non aveva mai disatteso le istruzioni dell’ente committente; che quest’ultimo si era sostanzialmente difeso in forza di una clausola contrattuale di esonero da responsabilità per eventuali danni cagionati a terzi dall’appaltatore.
Le esposte censure non colgono nel segno. Esse trovano adeguata confutazione già nell’impugnata sentenza la cui motivazione ha ritenuto di non dovere ascrivere la responsabilità dell’evento dannoso al Comune committente sulla base delle seguenti considerazioni: che in materia di appalto la funzione direttiva eventualmente riservata all’appaltante non esclude l’autonomia dell’appaltatore, a meno che quest’ultimo non venga ridotto alla funzione di “nudus minister”; che nel contratto di appalto (art. 31) era stabilito che l’appaltatore fosse l’unico responsabile dei danni eventualmente derivati dall’esecuzione dei lavori; che l’asserita erronea scelta del sito ove effettuare gli scavi non era stata effettuata in conformità alle scelte progettuali dell’amministrazione comunale; che la responsabilità dell’appaltatore doveva escludersi solo quando egli avesse denunciato al committente l’erroneità delle istruzioni impartitegli e ciò nonostante avesse dovuto comunque attenersi alle stesse in quanto ribadite; che risultava ex actis come a fronte delle denunce del G. circa i danni sofferti dal suo immobile “a seguito dei lavori eseguiti incautamente dall’impresa con potenti mezzi meccanici ... il Sindaco pro-tempore del Comune ha tempestivamente informato il direttore dei lavori il quale, a sua volta, con telegramma del 3/2/94, ha invitato l’impresa appaltatrice ad adottare quei provvedimenti tecnici necessari ad eliminare gli inconvenienti denunciati, ma alle sollecitazioni, da parte della direzione dei lavori, l’impresa non ha ritenuto di ottemperarvi ed ha proceduto a sua discrezione nella esecuzione dei lavori, cagionando ed aggravando i danni lamentati dall’appellante”.
Trattasi di motivazione che pur contenendo affermazioni non pertinenti (in quanto le eventuali clausole di esonero da responsabilità del committente contenute nel contratto di appalto non possono mai operare nei confronti del terzo danneggiato), non mostra errori giuridici – uniformandosi correttamente agli orientamenti in materia di questa Corte – e sotto il profilo della completezza e della ragionevolezza raggiunge un livello tale da renderla incensurabile in questa sede. Decisiva è, al riguardo, l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza che il comune aveva reso edotta l’impresa appaltatrice delle lagnanze del G. e dei danni denunciati, invitando ad ovviare a tali inconvenienti, ma l’impresa non aveva ottemperato all’invito; ed anche questo è un apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.La peculiarità della vicenda costituisce tuttavia giusto motivo per compensare le spese di questo grado.
P.Q.M.la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Cosi deciso in Roma, il 6 giugno 2005, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile della Corto di Cassazione. IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE Depositata in cancelleria il 28 giugno 2005.CONDIVIDI
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