Responsabilità per cose in custodia: solo il caso fortuito la esclude
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Cassazione civile , sez. VI-3, ordinanza 18.02.2014 n° 3767
L’ordinanza in esame appare degna di nota in quanto espressione di due principi di diritto diversi ma tra loro strettamente connessi nel caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte.
Il primo principio attiene alla responsabilità dell’ente per cose in custodia ex art. 2051 c.c.
Come noto, trattasi di una forma di responsabilità oggettiva che si configura in presenza del solo nesso causale tra la cosa in custodia e il danno cagionato, senza che rilevi la condotta più o meno diligente del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza.
Questa forma di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito che attiene, non ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell’evento.
Per escludere la responsabilità del custode, è pertanto necessario che ricorra, nel caso concreto, un fattore esterno che, interferendo nella situazione di fatto, abbia di per sé prodotto l’evento, ovvero è necessario che si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale e, quindi, imprevedibile e inevitabile.
Il caso fortuito, ritenuto sussistente nel caso di specie, è stato individuato nel nubifragio di vaste dimensioni che colpì il Comune di Acri nella notte tra il 27 e il 28 novembre 1984, comportando l’allagamento dell’abitazione degli attori.
Allagamento che, secondo i giudici sia di merito sia di legittimità, si sarebbe verificato a prescindere dall’idoneità o meno delle opere di canalizzazione e convogliamento delle acque piovane nell’abitato.
Ecco spiegato il motivo per il quale i giudici di merito ritennero superfluo l’accertamento ulteriore dell’idoneità delle opere svolte dal Comune: essendosi verificato il caso fortuito, il Comune non sarebbe comunque potuto essere ritenuto responsabile.
L’imprevedibilità e l’inevitabilità dell’allagamento era stato ritenuto tale da interrompere il nesso causale tra le opere urbane sottoposte alla custodia del Comune di Acri e il danno lamentato dagli attori.
La superfluità dell’accertamento dell’idoneità o meno delle opere di canalizzazione e convogliamento delle acque piovane nell’abitato effettuate dal Comune convenuto rendeva, logicamente, superfluo lo svolgimento di una consulenza tecnica, a conferma del consolidato principio per il quale la consulenza costituisce un mezzo di ausilio del giudice, volto ad un maggiore approfondimento di fatti già provati dalle parti, che pertanto deve essere svolta solo nei casi in cui, ritenuta sussistente la responsabilità, sia necessario determinare l’entità del danno subito.
L’ordinanza in esame appare degna di nota in quanto espressione di due principi di diritto diversi ma tra loro strettamente connessi nel caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte.
Il primo principio attiene alla responsabilità dell’ente per cose in custodia ex art. 2051 c.c.
Come noto, trattasi di una forma di responsabilità oggettiva che si configura in presenza del solo nesso causale tra la cosa in custodia e il danno cagionato, senza che rilevi la condotta più o meno diligente del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza.
Questa forma di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito che attiene, non ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell’evento.
Per escludere la responsabilità del custode, è pertanto necessario che ricorra, nel caso concreto, un fattore esterno che, interferendo nella situazione di fatto, abbia di per sé prodotto l’evento, ovvero è necessario che si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale e, quindi, imprevedibile e inevitabile.
Il caso fortuito, ritenuto sussistente nel caso di specie, è stato individuato nel nubifragio di vaste dimensioni che colpì il Comune di Acri nella notte tra il 27 e il 28 novembre 1984, comportando l’allagamento dell’abitazione degli attori.
Allagamento che, secondo i giudici sia di merito sia di legittimità, si sarebbe verificato a prescindere dall’idoneità o meno delle opere di canalizzazione e convogliamento delle acque piovane nell’abitato.
Ecco spiegato il motivo per il quale i giudici di merito ritennero superfluo l’accertamento ulteriore dell’idoneità delle opere svolte dal Comune: essendosi verificato il caso fortuito, il Comune non sarebbe comunque potuto essere ritenuto responsabile.
L’imprevedibilità e l’inevitabilità dell’allagamento era stato ritenuto tale da interrompere il nesso causale tra le opere urbane sottoposte alla custodia del Comune di Acri e il danno lamentato dagli attori.
La superfluità dell’accertamento dell’idoneità o meno delle opere di canalizzazione e convogliamento delle acque piovane nell’abitato effettuate dal Comune convenuto rendeva, logicamente, superfluo lo svolgimento di una consulenza tecnica, a conferma del consolidato principio per il quale la consulenza costituisce un mezzo di ausilio del giudice, volto ad un maggiore approfondimento di fatti già provati dalle parti, che pertanto deve essere svolta solo nei casi in cui, ritenuta sussistente la responsabilità, sia necessario determinare l’entità del danno subito.
- Leggi la sentenza -
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI-3 CIVILE Ordinanza 15 gennaio - 18 febbraio 2014, n. 3767 (Presidente Finocchiaro – Relatore Barreca) Premesso in fatto E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione:"1. - Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Catanzaro ha rigettato il gravame proposto da R.E. ed E.S. nei confronti del Comune di Acri, avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza n. 1698/2004, reputando corretta la decisione del primo giudice di rigetto della domanda risarcitoria proposta dagli odierni ricorrenti per i danni provocati dall'allagamento verificatosi nella notte tra il 27 e il 28 novembre 1984 nell'abitazione di loro proprietà e nell'annesso giardino. La Corte d'Appello ha, in particolare, confermato la valutazione del carattere eccezionale ed imprevedibile del nubifragio di vaste dimensioni verificatosi in quella data nei luoghi di causa, tale da escludere la responsabilità del Comune per l'inidoneità delle opere di canalizzazione e convogliamento delle acque piovane nell'abitato.Il ricorso è proposto con un motivo. L'intimato non si difende.2. - Con l'unico motivo si denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, co. 1°, n. 3 cod. proc. civ.), nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360, co. 1°, n. 5 cod. proc. civ.).Il motivo è inammissibile quanto alla denuncia del vizio di violazione di legge poiché il ricorso non contiene l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate.2.1. - Il motivo è inammissibile anche per il profilo attinente al vizio di motivazione, illustrato con le seguenti censure: erronea valutazione delle risultanze istruttorie acquisite al processo e omissione dell'esperimento di consulenza tecnica d'ufficio, richiesta dagli attori, odierni ricorrenti.Al riguardo, non può che essere ribadito il principio per il quale la consulenza tecnica d'ufficio è un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti ed affidato al prudente apprezzamento del giudice del merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell'ausiliario giudiziario e la motivazione dell'eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (Cass. n. 4660/06 ed altre).Nel caso di specie, la censura prospettata dai ricorrenti circa la mancata ammissione di una c.t.u. (volta ad accertare lo stato delle opere di convogliamento effettuate dal comune e/o se opere idonee avrebbero potuto quanto meno attenuare la portata dei danni lamentati) è inammissibile poiché i giudici del merito hanno argomentato sulla superfluità dell'accertamento tecnico richiesto, ritenendo più che sufficienti gli elementi acquisiti in atti - non solo per il tramite dei testimoni, ma anche attraverso «pertinente documentazione» in ordine agli effetti devastanti del nubifragio arrecati all'intero comprensorio territoriale colpito - al fine di dimostrare con certezza ed incontrovertibilità «le caratteristiche di assoluta eccezionalità dei fenomeni di precipitazione atmosferica che, per le loro rilevanti ed inusuali proporzioni, ebbero ad interessare nel dedotto frangente temporale l'area di cui ai fatti di causa, contribuendo a provocare in via ulteriore contestuali eventi di straripamento di corsi d'acqua e movimenti franosi». Hanno perciò concluso nel senso che l'eccezionalità del fenomeno atmosferico fosse stata tale da interrompere il nesso di causalità tra pretese condotte colpose imputabili all'ente comunale e i danni lamentati dagli appellanti.Poiché col ricorso non si contrappongono alle circostanze obiettivamente emergenti dagli elementi valutati delle altre, idonee a confutare la valutazione espressa dal giudice di merito circa l'autonomia causale del fenomeno atmosferico rispetto all'evento dannoso, risulta inammissibile sia la pretesa dei ricorrenti di un diverso apprezzamento in fatto di detti elementi probatori sia - alla luce del principio sopra richiamato - la censura concernente il mancato espletamento di una c.t.u. ritenuta superflua dalla Corte con motivazione adeguata, completa e logica (anche quanto all'ulteriore affermazione per cui sarebbe stato ultroneo «qualsivoglia accertamento in ordine alla ricorrenza di preesistenti condotte colpose in capo all'ente comunale», rispetto alle quali «il nesso eziologico risultava comunque in concreto essere stato interrotto».In conclusione, il ricorso risulta inammissibile.".La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata al difensore.Non sono state presentate conclusioni scritte. Ritenuto in diritto A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile.Non vi è luogo a provvedere sulle spese poiché l'intimato non si è difeso. P.Q.M.la Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.
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Dal 1992 esercito la professione di Avvocato in Cagliari, e svolgo attività giudiziale e stragiudiziale prevalentemente in ambito civilistico, nei seguenti settori: diritto bancario, diritto falliment...
Svolge la sua attività di consulenza tecnico legale in sede giudiziale e stragiudiziale nei diversi rami del diritto. In particolare si fornisce ai consumatori e agli utenti dei servizi pubblici assis...