Inversione di rotta della Cassazione sull’uso del sottotetto da parte del proprietario dell’ultimo piano. Da ora in poi chi possiede l’attico potrà trasformarne una porzione in terrazza esclusiva senza che il condominio possa opporre alcunché. Con una innovativa decisione la Corte di cassazione, sentenza 14107/2012, ha accolto il ricorso di una società proprietaria di diversi sottotetti in un edificio di Montecatini Terme, poi trasformati in mansarde abitabili anche grazie alla “scopertura” di porzioni di essi, ribaltando la sentenza di riduzione in pristino emessa dalle Corte di appello di Firenze. L’orientamento precedente La sentenza a firma del di Pasquale D’Ascola non gira certo intorno all’argomento ricordando come, fino ad oggi, “un ripetuto orientamento” (3199/83; 4466/97) della Suprema corte ne ha vietato la trasformazione in un terrazzo di uso esclusivo perché ciò alterava la funzione di copertura del tetto e configurava una appropriazione indebita di cose comuni, violando così i diritti di comproprietà (4579/81; 3369/91) e “impedendo agli altri condomini di poterlo utilizzare” (Cass. 24414/06). Una nuova lettura dell’articolo 1102 del c.c. Tutta da rifare. Per il Collegio infatti “tale orientamento deve essere ripensato sotto più profili”. E cioè serve una rilettura delle applicazioni dell’articolo 1102 del codice civile “che sia quanto più favorevole possibile allo sviluppo delle esigenze abitative”, con uno sviluppo che “mira soprattutto a moderare le istanze egoistiche che sono sovente alla base degli ostacoli frapposti a modifiche delle parti comuni”. La nozione di “pari uso” E richiamando “uno degli svolgimenti più acuti in materia” da parte della giurisprudenza di legittimità in materia ricorda che “la nozione di pari uso della cosa comune cui far riferimento l’articolo 1102 del c.c. non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo” ma al contrario “deve ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione”, a patto però che “sia compatibile con i diritti degli altri”. L’“uso più intenso” da parte del singolo non va censurato Del resto, argomenta la Corte, come è ormai pacificamente ammessa l’apertura di porte e finestre sui muri perimetrali purché non si intacchi la statica o il decoro dell’edificio, così è inutile continuare ad appigliarsi ad una nozione di uso della cosa comune intesa unicamente “come veicolo per giustificare impedimenti all’estrinsecarsi delle potenzialità di godimento del singolo”. Insomma se gli altri condomini non patiscono reali sacrifici, “non si può proibire la modifica che costituisca uso più intenso della cosa comune da parte del singolo, anche in assenza di un beneficio collettivo derivante dalla modificazione”. Basta, dunque, con i veti incrociati. I divieti vanno ancorati non ad “astratte e velleitarie possibilità di uso alternativo della cosa comune o di un suo ipoetico depotenziamento”, ma sono ammissibili solo quando sia “in concreto ravvisabile” che un uso esclusivo tolga “reali possibilità” agli altri condomini. La “nuova frontiera” dell’uso consentito E con un esempio che più chiaro non potrebbe essere, la Corte spiega che così come non si può impedire al proprietario di un sottotetto di installare una finestra da tetto solo perché il condomino del secondo piano non lo può fare, così bisogna “interrogarsi sulla nuova frontiera tra uso consentito della cosa comune e alterazione di essa”, e ciò alla luce del principio solidaristico e delle nuove capacità edificatorie. Parole della Cassazione. Per cui se con la realizzazione di piccole terrazze che “sostituiscono efficacemente il tetto spiovente nella funzione di copertura dell’edificio”, non si altera la destinazione del tetto perché la sua funzione rimane inalterata (ed è ad essa che bisogna guardare), nulla osta. Il principio di diritto Da qui il nuovo principio di diritto per cui “Il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune, può effettuare la trasformazione di una parte del tetto dell’edificio in terrazza ad uso esclusivo proprio, a condizione che sia salvaguardata, mediante opere adeguate, la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, restando così complessivamente mantenuta, per la non significativa portata delle modifica, la destinazione principale del bene”.