Nella fattispecie sottoposta all'esame della Corte di Cassazione l'imputata, amministratrice di uno stabile che necessitava di interventi urgenti per porre rimedio a situazioni di pericolo, era stata condannata dal Tribunale di Napoli ai sensi degli artt. 677 cp e 1135 c.c. all'ammenda di Euro 400,00 per aver omesso di provvedere tempestivamente all'esecuzione delle opere necessarie per eliminare il predetto stato di pericolo, rappresentato da lesioni verticali ai muri portanti dell'immobile. L'amministratrice in realtà, come osservato dalla Suprema Corte di Cassazione, non aveva sottovalutato il problema ed infatti, fin dall'inizio, aveva coinvolto gli organi competenti per la risoluzione dello stato di pericolo quali l'assemblea condominiale, l'azienda risorse idriche del Comune di Napoli e il condominio confinante, interessato ai lavori. "A fronte della manifestata presa in carico del problema che incombeva sul condominio e della attivazione delle procedure necessarie per rimuovere il problema, l'avere ricondotto in capo alla stessa un addebito di ritardo per aver voluto 'attendere gli accertamenti tecnici e aver voluto rispettare i successivi iter burocratici' ", afferma la sentenza in questione, "appare conclusione logicamente non consentita, soprattutto in ragione del fatto che la ... non aveva disponibilità di spesa". La Corte richiama poi un proprio precedente arresto (Cass. Sez. Prima, 17 gennaio 2008, n. 6596) secondo cui in caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari per rimediare allo stato di degrado che da luogo al pericolo, non può essere addebitata alcuna responsabilità all'amministratore per non aver attuato interventi che non era in suo potere adottare e per i quali non aveva le necessarie provviste. In tali situazioni la responsabilità ricade in capo ai singoli condomini.