Qual’e’ il termine entro il quale la banca deve eccepire l’intervenuta prescrizione nel contratto di conto corrente?
tribunale taranto, sez. ii, ordinanza 07.10.2013
Avv. Giuseppe Giglio
di Lucca, LU
Letto 450 volte dal 27/12/2013
La banca che intende difendersi eccependo l’intervenuta prescrizione dell'azione di ripetizione di somme su conto corrente promossa dal correntista deve farlo, a pena di decadenza, nella comparsa di costituzione e risposta poichè è nella condizione di poter ricostruire i movimenti differenziando i pagamenti (rimesse) tra solutori e ripristinatori. Questo è il risultato dell’ordinanza 7 ottobre 2013 del Tribunale di Taranto che ha voluto specificare la regola da adottare in tema di eccezione di prescrizione sollevata dalle banche. Ebbene il Tribunale di Taranto si preoccupa di individuare il dies a quo di decorrenza della prescrizione ordinaria decennale, nel caso in cui venga proposta l'azione di ripetizione di somme versate indebitamente su conto corrente, ponendo l’attenzione sulla differenza tra “pagamenti solutori” e “pagamenti ripristinatori” alla luce dell'interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità (ex multis Cass. civ. Sez. Unite, sentenza 2 dicembre 2010, n. 24418). La rimessa solutoria consiste in un versamento in denaro effettuato su di un conto corrente senza affidamento che in quel momento presentava uno scoperto, perché privo di provvista (il correntista ha dato un ordine di pagamento senza tuttavia avere sul conto corrente le somme necessarie), o anche quando la rimessa venga effettuata dal correntista su di un conto corrente dotato di affidamento che tuttavia, in quel tempo, presentava uno sconfinamento oltre fido. Orbene nel caso di una rimessa solutoria, il Tribunale di Taranto individua il dies a quo di decorrenza della prescrizione nel momento in cui il correntista ha effettuato il pagamento. La rimessa ripristinatoria si verifica, invece, quando il correntista effettua rimesse al momento della chiusura del rapporto di conto corrente, donde il versamento costituisce la causa del contratto. In tal caso il dies a quo di decorrenza della prescrizione inizia a partire dal momento della chiusura del conto corrente. Fatta tale distinzione a mò di premessa, il Tribunale di Taranto, nella persona del Dott. C Casarano, si occupa dell’onere della prova, stabilendo che è onere della banca convenuta dal correntista con l'azione di ripetizione individuare i fatti costitutivi dell'eccezione di prescrizione immediatamente nella comparsa di costituzione e risposta, così come previsto dal combinato disposto ex art. 2697, comma 2, c.c. ed art. 167 c.p.c., perché la banca è nella condizione di poter ricostruire i movimenti verificatisi sul conto corrente ed individuare i pagamenti che possono essere considerati dall'istituto di credito come aventi carattere solutorio. In tali casi, è quindi compito della banca, che intende eccepire l’intervenuta prescrizione, fornire la prova della mancanza di un affidamento su conto corrente oppure dell'avvenuto sconfinamento oltre il fido concesso da parte del correntista. In conclusione possiamo quindi affermare come la banca abbia quindi il dovere di individuare sin da nella comparsa di risposta, a pena di decadenza, la rimessa su conto corrente che si configurerebbe come “pagamento solutorio”, non potendo infatti avvalersi, in corso di causa, dell'ausilio di una consulenza tecnica d'ufficio cui delegare il relativo accertamento.
II SEZIONE
Giudice – dott. Claudio Casarano
(procedimento n. 5536/2012)
Ordinanza l’individuazione del dies a quo di decorrenza della prescrizione in materia di azione di ripetizione di somme versate “indebitamente” su conto corrente
L’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca convenuta appare meritevole di approfondimento, alla luce delle difese svolte dall’attrice e dell’importanza delle questioni sollevate.
Per quel che concerne l’individuazione del dies a quo per la decorrenza della prescrizione decennale (art. 2946 c.c.), cui soggiace l’azione di ripetizione in materia di conti correnti bancari, è noto come possa essere dirimente la distinzione tra pagamenti solutori e pagamenti ripristinatori (S.U. n. 24418-2010).
Il pagamento solutorio presuppone una rimessa su di un conto senza affidamento e che a quel tempo presentava uno scoperto, ovvero su conto con affidamento e che allora presentava uno sconfinamento ultrafido.
In questo caso il dies a quo coicide appunto con il pagamento.
Negli altri casi, in cui la rimessa realizza più propriamente la causa del contratto di conto corrente, la prescrizione comincia a decorrere dalla successiva chiusura del conto.
La portata dell’onere della prova in tema di eccezione di prescrizione
Appare allo stato (fatta salva la discussione ex art. 190 c.p.c.) più corretta l’interpretazione secondo la quale la banca convenuta con azione di ripetizione debba nella stessa comparsa di costituzione e risposta individuare i fatti costitutivi dell’eccezione (arg. ex art. 2697, II co., c.c. – art. 167 c.p.c.): se nel caso di pagamenti ripristinatori sarà individuato nella chiusura del conto, non si vede perché nel caso di pagamenti solutori non debba farsi carico alla banca convenuta di indicarli già nella suddetta comparsa.
E la banca ha la possibilità di farlo: occorre che ricostruisca i movimenti verificatisi sul conto corrente ed individuare i pagamenti che a suo dire si configurino come solutori; riusciranno utili allo scopo gli estratti conto e se del caso l’allegazione di perizia di parte.
E’ quindi anche onere della banca convenuta dimostrare l’assenza di affidamento o lo sconfinamento ultrafido ed individuare conseguentemente la rimessa che si configurerebbe come pagamento solutorio.
La regola probatoria allo stato preferita (che per essere frutto di interpretazione di norme codicistiche vigenti da tempo dovrebbe valere anche per le cause precedenti l’intervento in materia delle S.U.) vale anche quando il correntista si sia limitato a produrre una copia del contratto e gli estratti conto o solo questi ultimi.
Beninteso l’attore deve dimostrare le note nullità in materia di controversie bancarie e quindi l’indebito.
Anche i soli estratti conto, tuttavia, possono deporre (art. 2727 c.c.) per la ricorrenza di forme di remunerazione del credito indebite, posto che da essi può desumersi la variazione dei tassi nel corso del rapporto; in presenza di siffatta variazione, dovrà essere la banca a dimostrare con atto scritto la modifica convenzionale del tasso preesistente.
Seguendo questa impostazione, nel caso in cui si imponga una CTU che ricostruisca il rapporto di conto corrente, non potranno formularsi quesiti in violazione delle preclusioni in tema di fissazione del tema dì indagine della causa (art. 167, o le precisazioni ex art. 183, VI co. c.p.c.); in altri termini non si può delegare al perito il compito di individuare i pagamenti solutori (neanche, per quanto già accennato sopra, per le cause precedenti all’intervento della suddetta pronunzia della S.C., la quale può aver indotto molti giudici delle cause allora pendenti a sottopporre la questione nuova al perito, quando ormai si erano già verificate le preclusioni sul piano del tema d’indagine e delle richieste istruttorie).
Inoltre, sempre seguendo l’interpretazione preferita, si riesce a mantenere l’indagine peritale su due piani distinti, che non vanno confusi.
In primo luogo rileveranno i movimenti effettivamente avutisi sul conto; potrà così verificarsi se gli eccepiti pagamenti solutori, in caso di contestazione, rivestano davvero un tale carattere o non siano da ritenere ripristinatori.
Beninteso avendo riguardo a come si è in concreto atteggiato il rapporto, senza cioè tenere conto delle nullità dedotte e delle conseguenti variazioni nei rapporti di dare avere che si avrebbero (i saldi negativi si ridurebbero o si trasformerebbero addirittura in attivi; quindi le rimesse del correntista che nella fisiologia del rapporto si sono atteggiati come solutori si potrebbero trasformare, ove si seguisse il metodo fallace qui contestato, in ripristinatori).
Tanto peraltro in coerenza sia con la regola dell’assoggettamento a prescrizione dell’azione di ripetizione delle somme pagate dal correntista, pur in presenza di nullità, per l’accertamento della quale l’azione proponile è invece imprescribile; sia con quella sopra delineata che fa ricadere sulla banca convenuta l’onere della tempestiva allegazione del pagamento avente natura solutoria (a seguire una metodologia diversa da quella qui suggerita, si finirebbe con il neutralizzare il disposto normativo sul limite decennale all’azione di ripetizione di somme pagate per effetto di cluasole nulle).
Su di un altro piano invece l’indagine peritale dovrà determinare il rapporto di dare avere che segue alle prospettate nullità (le somme in più versate per effetto di clausole anatocistiche, interessi nulli, spese non previste, commissioni di massimo scoperto, etc.; beninteso rileveranno quei pagamenti di somme non colpiti dalla prescrizione).
La valutazione sulla non necessità di istruire la causa
Nel caso in esame, tuttavia, anche muovendo dalla chiusura del rapporto, i dieci anni sarebbero trascorsi inutilmente prima della proposizione della domanda: la notifica della citazione data 22-10-2012, mentre la chiusura del conto avveniva nel novembre del 2000.
E’ pur vero che l’attore allegava l’interruzione della prescrizione avvenuta con la lettera di messa in mora, recapitata in data 22-08-2001; ma questa non sembra utile allo scopo di evitare il decorso dei dieci anni.
E’ altresì vero che agli atti risulta la domanda di mediazione, che avrebbe tutti gli elementi sostanziali per integrare un atto di messa in mora, utile ex art. 2943, ult. comma c.c., ad interrompere la prescrizione.
La difesa specifica sul punto dall’attore non veniva sviluppata, ma in virtù del principio acquisitivo il giudice potrebbe tenerne conto.
E non si dimentichi che l’interruzione della prescrizione si atteggia per la S.C. S.U. (03-03-2010 n. 5023) come mera difesa e non in termini di (contro) eccezione in senso stretto.
Peraltro nell’allegato verbale steso davanti al mediatore di conciliazione risulta notificata la domanda di mediazione alla controparte in data 30-08-2011; ancora una volta però, sia pure per qualche giorno, sarebbe decorso il termine di prescrizione.
La causa allora potrebbe essere matura per la decisione, ma è opportuno che le parti esperiscano prima un tentativo di conciliazione, ed in mancanza che prendano più puntuale posizione sulle questioni sopra delineate.
P.T.M.
Fissa per un tentativo di conciliazione, con l’obbligo delle parti di comparire personalmente, l’udienza del 05-03-2014.
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