L’ordinanza in parola è stata pronunciata dal Giudice meneghino in seguito alla sciolta riserva del 16.2.15 (conseguente alla prima udienza del 13.2.15) nella causa ordinaria avente ad oggetto l’accertamento negativo del credito, attivato dall’avv. Biagio Riccio e dall’avv Monica Mandico mediante una citazione in giudizio della Banca, afferente un conto corrente ancora in essere. Il procedimento in parola è stato azionato sulla base di una perizia tecnica della SDL, dalla quale è emerso che il conto in questione era stato trattato per anni con addebiti ingiustificati di competenze e remunerazioni, ancorchè il perito aveva rilevato importi consistenti per usura oggettiva (art. 644 co.3 c.p.) e per usura soggettiva (art. 2 l.108/96), ancorchè differenze di solo anatocismo. Tuttavia l’istituto di credito si costituiva 20 giorni prima dell’udienza fissata in citazione e depositava copiosa documentazione relativa al rapporto contrattuale intrattenuto tra le parti e, per di più, formulava domanda riconvenzionale e istanza di ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c.. per un importo pari ad € 70.000,00. Orbene, nell’analizzare la documentazione prodotta da parte avversa – per meglio contrastare l’istanza ex art. 186 ter c.p.c. – emergeva che l’istituto aveva depositato un mero saldaconto, che non fornisce alcuna prova del credito della banca. Sul punto, questa difesa ha eccepito che l’estratto di saldaconto bancario è documento di natura dichiarativa proveniente dalla stessa banca ricorrente, sostanziantesi nell’attestazione dell’assistenza della partita contabile di derivazione della ragione creditoria, in quanto composto da una certificazione della risultanza del credito dalle scritture contabili e da una dichiarazione di veridicità e di liquidità dello stesso ad opera di un dirigente della banca, che nulla aggiunge sul piano della garanzia della pretesa creditoria. La difesa del cliente ha rimarcato che l’art. 161 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, ha espressamente abrogato l’art. 102 della legge bancaria, il quale prevedeva per la Banca d’Italia, gli istituti di diritto pubblico, le banche d’interesse nazionale e le casse di risparmio con un patrimonio di almeno cinquanta milioni di lire la possibilità di chiedere decreto ingiuntivo anche in base «all’estratto dei loro saldaconti certificato conforme alle scritturazioni da uno dei dirigenti dell’istituto interessato, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido». Va detto che spesso accade come in sede di accertamento dello stato passivo, vi siano insinuazioni di banche esponenti crediti derivanti da conti correnti chiusi con saldi negativi, documentati dalla sola indicazione della somma corrispondente al saldo finale, semplicemente sostituendo alla vecchia indicazione dell’art. 102 l. banc. quelle del nuovo art. 50 D.Lgs. 385/1993, sprovvisto, sicuramente, del suo presupposto sostanziale di esposizione della formazione del saldo negativo.