La direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE, deve essere interpretata nel senso che non osta a che una misura nazionale volta a trasporre tale direttiva nel diritto interno includa nella sua sfera di applicazione ratione materiae contratti di credito che abbiano ad oggetto la concessione di un credito garantito da un bene immobile, nonostante siffatti contratti siano espressamente esclusi dall’ambito di applicazione ratione materiae di detta direttiva in forza del suo articolo 2, par. 2, lett. a), né che tale normativa del diritto interno definisca il proprio ambito di applicazione ratione temporis in modo tale che la misura si applichi anche a contratti di credito che erano in corso di svolgimento alla data di entrata in vigore della citata misura nazionale. Inoltre, la suddetta direttiva, nonché le norme del Trattato FUE in materia di libera prestazione dei servizi non ostano ad una disposizione di diritto nazionale che vieti agli istituti di credito di percepire talune commissioni bancarie o istituiscano obblighi non previsti da tale direttiva a carico degli istituti di credito per quanto riguarda i tipi di commissione che questi possono percepire nel contesto di contratti di credito al consumo rientranti nella sfera di applicazione di tale misura, quando siffatti obblighi non siano previsti dalla direttiva comunitaria. Infine, in materia di controversie vertenti su crediti al consumo, è legittima la norma di diritto interno che permetta ai consumatori di rivolgersi direttamente ad un’autorità di tutela dei consumatori, che può successivamente infliggere sanzioni agli istituti di credito per violazione di tale misura nazionale, senza doversi preventivamente avvalere delle procedure di risoluzione stragiudiziale previste dalla normativa nazionale per siffatte controversie.