La vicenda che concerne la sentenza presa in esame ha origine alcuni anni fa quando una consumatrice, che aveva perduto i propri risparmi in investimenti Bond Argentina, aveva promosso un giudizio di risarcimento nei confronti della propria banca. Il Tribunale di Bari ha riconosciuto che “già a partire dal 1988 si erano posti problemi di criticità e rischio di insolvenza dei titoli di Stato della Repubblica Argentina”. Invero, nel dicembre 2001 l’Argentina è costretta, a causa del progressivo deterioramento della propria situazione economica, a dichiarare la moratoria sul proprio debito, sospendendo il rimborso delle obbligazioni dalla stessa emesse (sparse sul mercato internazionale) già a partire da quelle con scadenza gennaio 2002. Come sia stato possibile che titoli caratterizzati da una rischiosità elevata, siano poi finiti nelle tasche di ignari risparmiatori, è presto detto: allettati evidentemente dalla “pubblicità” positiva delle banche che glieli hanno venduti, hanno pensato che si trattasse di un “buon affare”, visto che si acquistavano titoli obbligazionari emessi da uno Stato (dunque, in teoria, più sicuri) e caratterizzati da tassi di rendimento estremamente alti. In realtà, gli elevati tassi di rendimento erano dovuti al basso rating (“valutazione”) attribuito ai titoli dalle principali agenzie di rating internazionali (Moody’s, Standard & Poors). In sostanza, le obbligazioni argentine erano già in origine titoli di classe “speculativa” (caratterizzate quindi da rischio medio-elevato). Non solo: a partire dai primi mesi del 2001 (e, nel caso di Moody’s, sin dal 1999), il titolo era stato collocato in categorie (sempre nell’ambito della medesima classe di rischio) sempre più basse man mano che le condizioni economiche dell’emittente andavano peggiorando, passando - potremmo dire - dalle categorie di titolo “rischioso” a quelle di titolo “molto rischioso”. Di tale peggioramento le banche erano sicuramente al corrente, ma hanno ritenuto più vantaggioso tacere e lasciare che agli investitori le notizie sulla perdita dei propri risparmi arrivassero direttamente dalla stampa e dalla televisione. Le prospettive di recupero delle somme investite non erano molte: l’Argentina non è in grado di pagare e neanche la trattativa “capestro” messa in piedi negli ultimi tempi dal Governo argentino può porre rimedio alla perdita subita dalle migliaia di investitori coinvolti nel crack. I provvedimenti sanzionatori adottati dalla Consob aprono per i risparmiatori una nuova prospettiva: il recupero, per via giudiziaria, delle somme perdute da quelle banche che, in violazione di specifici obblighi disciplinati dal Testo Unico della Finanza (D.Lgs. n. 58/1998, “TUF”) e dai relativi regolamenti attuativi, hanno permesso che titoli non adeguati alle tasche di investitori cd. “retail” arrivassero ad una clientela assolutamente ignara dei rischi connessi all’investimento (in parole povere: non erano titoli in cui investire i risparmi di una vita!!!). Molto dura la censura del Tribunale di Bari: “si è trattato…di un investimento assolutamente inconsapevole, in cui sono ravvisabili gravissimi inadempimenti della Banca, con riferimento agli obblighi di valutazione dell’adeguatezza dell’operazione e di astensione dal compimento di operazioni inadeguate imposte dal contratto quadro, come integrato dalla normativa di settore”.