Il fatto L'attrice, persona fisica, acquistava nell'ottobre 2009 e 2010 complessivamente n.660 azioni, emesse e collocate dalla medesima banca popolare, al prezzo unitario di Euro 60,50. Nel settembre 2014 l'azionista chiedeva alla stessa banca di riacquistarle. L'Istituto di Credito, nel dicembre 2014, opponeva diniego all'istanza rilevando l'impossibilità di utilizzare il c.d. fondo acquisto azioni proprie. Veniva, pertanto, instaurato il giudizio. L'attrice azionista svolgeva, in via principale, domanda di nullità del c.d. contratto quadro e degli ordini di acquisto con conseguente richiesta di restituzione del tantundem, poiché non aveva sottoscritto né le era stato consegnato alcun documento ivi compreso il c.d. contratto quadro. In via subordinata, chiedeva i risarcimento del danno subito a causa dell'inadempimento della convenuta ad una serie di obblighi comportamentali su di essa gravanti. La banca convenuta, in via preliminare, affermava l'incompetenza del Giudice adito e, nel merito, resisteva con ampie argomentazioni sia in fatto che in diritto. Le questioni Sono numerose le tematiche affrontate dal Giudice veneto. i) La competenza Come noto, con l'art. 2 del c.d. Decreto Liberalizzazioni (Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1) il Legislatore ha introdotto il c.d. Tribunale delle Imprese, ovvero sezioni specializzate per il contenzioso in materia di imprese. La ratio è evidente: devolvere alla cognizione di Giudici specializzati in materia societaria questioni complesse e specialistiche. È discusso se il nuovo contenzioso su azioni illiquide sia di competenza del Tribunale specializzato. Si può notare che, in questo dibattito, il Giudice veronese si è ritenuto competente tant'è che in sede di precisazione delle conclusioni la convenuta non riproponeva nemmeno la tesi volta ad affermare la competenza del Tribunale delle imprese, nel caso di specie di Venezia. La scelta del Giudicante si pone in antitesi con l'orientamento maggioritario assunto dai Tribunali oggi epicentro di questo nuovo contenzioso. La tesi favorevole all'assegnare al Giudice specializzato tale contenzioso valorizza l'interpretazione dell'art. 3 comma 2, lett. b) del d. lgs. 168/2003, che attribuisce al Tribunale delle Imprese la competenza a conoscere di tutte le cause ed i procedimenti "relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti". In questa prospettiva, l'uso della disgiuntiva "o" che precede il riferimento alle controversie relative "ai diritti inerenti" di cui all'art. 3 citato, si riferisce sia ai diritti derivanti dai negozi di trasferimento delle partecipazioni sociali, sia a quelli nascenti da ogni altro negozio che le abbia ad oggetto. La soluzione sembra trovare ulteriore argomento ove si consideri che il terzo comma dell'articolo citato specifica essere attratte nella competenza del Tribunale delle Imprese anche le cause connesse a quelle di cui al comma sopra riportato. ii) La nullità del contratto Esaminando il merito della questione il Tribunale, in primis, rigetta la tesi attorea della nullità del c.d. contratto quadro per mancanza di sottoscrizione da parte della banca, la quale aveva prodotto in giudizio il contratto sottoscritto solamente dal cliente (la c.d. copia banca). Da un lato, correttamente, il Giudicante ritiene inammissibile che le prove testimoniali e presuntive possano supplire la mancanza di un contratto la cui forma è prevista ad substantiam dal Legislatore. Dall'altro, con argomentazione meno condivisibile, afferma sussistere evidenze documentali esterne tali da provare l'adesione della banca all'accordo. La tematica, ad avviso di chi scrive, viene così semplicisticamente superata senza considerare quanto chiarito dalla Cassazione con la recente sentenza 5919 del 2016 secondo cui "il contratto quadro portante la firma del solo cliente è nullo in ragione dell'inammissibilità della convalida del contratto nullo ex 1423 c.c. e non valgono a convalidarlo i documenti esecutivi dello stesso". iii) Gli adempimenti quale collocatrice Il Tribunale veronese (coerentemente con la scelta di ritenersi competente) afferma che le doglianze dell'azionista concernenti la banca quale soggetto emettente le azioni, ossia le contestazioni sul valore dell'azione e sul mancato riacquisto da parte della banca stessa, sono palesemente incoerenti rispetto alla complessiva prospettazione attorea. Nel fare questo puntualizza, da un lato, che come esplicitato nello statuto della banca, il valore dell'azione è, invero, determinato dall'Assemblea dei Soci (ancorché su proposta del Consiglio di Amministrazione); dall'altro, che non vi è alcun obbligo per la banca di riacquistare le proprie azioni, come chiarito dallo statuto dell' Intermediario che "l'attrice era tenuta a conoscere". Il Tribunale, così, a parere di chi scrive, supera speditamente a favore della banca convenuta tali questioni che, tuttavia, rappresentano forse i più significativi punti di volta, ancora inesplorati, dell'intero contenzioso relativo alle azioni illiquide. iv) La carenze informative Il Tribunale si concentra sull'inadempimento della banca agli obblighi informativi previsti dalla comunicazione Consob n. 9019104/09 qualificato documento privo di diretta portata precettiva ma esplicativo degli obblighi di legge. Il Giudicante ha il pregio di sottolineare l'importanza della c.d. informazione in concreto da fornire al cliente: ritiene insufficiente la sola consegna dell'"informativa precontrattuale per la clientela dei servizi e attività di investimento" al fine di provare la reale conoscenza del prodotto. Secondo la condivisibile tesi del Giudicante, la consegna di un documento che spieghi molte delle tipologie di prodotti acquistabili non ha alcuna funzione se non viene contestualmente chiarito a quale categoria corrisponde lo specifico prodotto in esame. Di interesse, inoltre, è la tesi del Tribunale in punto di appropriatezza dell'operazione. La valutazione di appropriatezza è un obbligo a cui è tenuta la banca ai sensi degli art. 42 e 43 del Regolamento Consob 16190/07 ai sensi dei quali si impone di verificare che "il cliente abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi che lo strumento o il servizio di investimento offerto o richiesto comporta". Ebbene, il Tribunale veronese, con ragionamento innovativo ed allo stato isolato, afferma che le azioni illiquide hanno caratteristiche simili ai derivati OTC, con ciò valorizzando il mercato in cui sono trattate e la rischiosità dell'investimento. Rileva che l'attrice nel c.d. questionario MIFID aveva sì dichiarato di conoscere le azioni, ma di non conoscere tutta una serie di altri prodotti finanziari, fra i quali i derivati OTC. Da ciò, secondo il Giudice, consegue che l'Intermediario non ha adeguatamente valutato la capacità del cliente di comprendere gli specifici profili di rischio connessi al titolo acquistato, da cui l'inadempimento della banca. v) nesso causale Infine, il Tribunale, affermato l'inadempimento della banca asserisce anche essere la causa del danno subito dall'azionista. La Convenuta, aveva affermato che il danno subito dall'attrice non era stato affatto causato dall'inadempimento della banca, bensì a due serie causali autonome. Da un lato dalla stessa attrice che in due distinti momenti aveva scelto di acquistare le azioni e di non alienarle. Dall'altro, dalla congiuntura economica generale che aveva determinato poi la svalutazione del titolo. Tribunale, all'opposto, afferma non solo che se correttamente informata l'attrice non avrebbe acquistato le azioni de quibus; ma soprattutto che, come appurato dalla Banca di Italia, la svalutazione dell'azione fu causata dalle vicende occorse alla banca e non all'andamento del mercato generale. Conclusioni La sentenza in commento si apprezza per elementi di novità sul fronte del contenzioso concernente le azioni illiquide emesse e collocate da alcune banche popolari. Da molti osservatori è stata ritenuta la prima sentenza favorevole all'azionista. Tuttavia, una lettura superficiale non evidenzia che a fronte di alcune argomentazioni brillanti volte a riconoscere le ragioni dell'azionista nei confronti della banca nella sua qualità di collocatrice del titolo (quindi in punto di informativa resa), ve ne sono altre rivolte all'Istituto di Credito quale emittente, (concernenti valore dell'azione e obbligo di riacquisto), che vengono superate in senso favorevole alla banca. http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoCivile/2017-05-04/collocamento-e-svalutazione-azioni-illiquide-nota-recente-sentenza-tribunale-verona-105521.php