«La sezione osserva, in via generale, che la materia di cui trattasi attiene all’applicazione dell’articolo 4 del D.lgs. n. 40/1994. A tal riguardo occorre ricordare che l’articolo 4 del D.lgs. n. 490 del 1994 stabilisce che le pubbliche amministrazioni, gli enti, aziende, imprese vigilati dallo Stato o da altri enti pubblici, prima di procedere alla stipula, approvazione, autorizzazione di contratti o sub contratti, relativi ad appalti di lavori, servizi e forniture pari o superiore alla soglia comunitaria, di concessione di acque, beni demaniali, contributi pubblici, finanziamenti agevolati superiore a 300 milioni, devono acquisire un’apposita informativa, da rilasciarsi dalla prefettura della provincia di residenza della persona fisica o in cui ha la sede la persona giuridica, riguardante “eventuali tentativi di infiltrazione mafiose tendenti a condizionare le scelte degli indirizzi delle società o imprese interessate”. Le modalità di acquisizione delle informative prefettizie da parte delle amministrazioni interessate sono disciplinate dagli articolo 10, 11 e 12 del D.P.R. n. 252 del 1998. In particolare l’articolo 10 citato, dopo aver disposto, al comma 6, che le informative possono essere richieste anche dai diretti interessati, precisa, al comma 7, che le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiose sono desunte: - dai provvedimenti che dispongono in misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluno dei delitti di cui agli articoli 629, 644, 648 bis, e 648 ter del codice penale, o dell’articolo 51, comma 3 bis, del codice di procedura penale; - dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di cui agli articoli 2 bis, 2 ter, 3 bis e 3 quater della legge 31 maggio 1965, n. 575; - dagli accertamenti disposti dal Prefetto anche avvalendosi dei poteri di investigazione che la legge attribuisce al Prefetto per esprimere le proprie valutazioni sulla base di un quadro indiziario nel quale assumono valore preponderante fatti e circostanze di varia natura, da prendere in considerazione non isolatamente, ma nella globalità. 7.2. La materia è stata quindi oggetto di più pronunciamenti giurisprudenziali, e la Sezione intende conformarsi agli orientamenti ormai consolidati e ribaditi, ex multis, anche con proprie sentenze n. 2352 del 18 marzo 2011, n. 3281 del 13 maggio 2011 e 4360 del 10 giugno 2011, e esposti succintamente anche in sede di T.A.R.; gli stessi si sintetizzano come segue: - l’informativa in questione, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste; - la misura interdittiva in questione, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste; - l’insieme degli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione ad uno specifico quadro indiziario nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri; - l’interdittiva non obbedisce a finalità di accertamento di responsabilità, bensì di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale risultano rilevanti anche fatti e vicende solo sintomatiche o indiziarie, al di là della individuazione delle responsabilità penali, cosicchè anche da una sentenza pienamente assolutoria possono essere tratti elementi per supportare la misura interdittiva; - lo scrutinio demandato al giudice deve essere condotto in sintonia al principio del “tempus regit actum”, posto che l’informativa “fotografa” la situazione corrente alla data della richiesta e all’adozione del relativo provvedimento; - eventuali successive informazioni possono essere oggetto di successiva valutazione del Prefetto, e cioè da utilizzare solo ove tale Autorità venga compulsata dalla (formale) richiesta di nuova certificazione antimafia e nell’ambito di un nuovo procedimento da ultimarsi con giudizio valutativo complessivo che, corroborato da eventuali altre risultanze investigative trasmesse agli Organi di polizia, può pervenire, o meno, a conclusioni analoghe a quelle rese con informativa. 7.3. Sulla base di tali premesse, il Collegio ritiene che nella fattispecie in esame la adozione della informativa nei confronti dell’impresa appellante sia senz’altro giustificata sulla base degli elementi indiziari richiamati nel provvedimento del Prefetto, e che nessuno dei rilievi anzidetti riveste consistenza tale da incidere sulla legittimità dell’informativa prefettizia. In effetti non sussiste nella fattispecie alcun travisamento dei fatti o difetto di istruttoria e di motivazione, posto che la informativa di cui trattasi risulta, sia pure sinteticamente motivata, sorretta da elementi di valutazione puntuali e concreti a carico dell’impresa del Maduli, gravato da pregiudizi penali, circa reiterate frequentazioni, non occasionali, con diversi soggetti appartenenti a cosca mafiosa e, come argomentate dal T.A.R., nel complesso pertinenti e adeguati, quindi immuni da vizi di manifesta illogicità censurabili nel merito in questa sede. Il T.A.R. richiama il quadro “allarmante” del rapporto della Guardia di Finanza e specificatamente il sub-appalto con contratto di nolo a freddo di mezzi, in violazione dell’articolo 118 del D.lgs. n. 163/2006, alla Meridionale Asfalti, il cui amministratore è stato sottoposto alla misura di prevenzione dell’avviso orale, in relazione a vicenda penale pendente. I rapporti degli organi di polizia nel loro complesso confermano quel quadro ,fra l’altro con riferimento alla cd. “operazione ARCA” e alla “cosca indranghetista” dei Pesce, e l’interessato non apporta dati e elementi decisivi per contraddirli o smentirli; il rilascio di certificazione antimafia da parte della locale Camera di Commercio non ha pregio nel caso di specie, avendo natura, finalità e contenuto di valenza ben diversa dall’interdittiva antimafia. Riguardo appunto all’attualità dell’informativa, si rammenta che la giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente posto in rilievo che l’informativa non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certo sull’esistenza della contiguità con organizzazioni malavitose e del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici ed indiziari da cui emergano gli elementi di pericolo di dette infiltrazioni mafiose. Peraltro anche le dedotte circostanze, nel mentre non potevano influire al momento dell’adozione degli atti impugnati, per le considerazioni che precedono non hanno di per sé e in prospettiva una valenza incisiva né demolitoria del quadro di condizionamento così come delineato dalla Prefettura anche in proiezione nel tempo. 7.4. Ne consegue che le doglianze con le quali si imputa all’Autorità prefettizia di non aver tenuto conto di altre situazioni ed eventi che dimostrerebbero, in ultima analisi, la mancanza di condizionamenti da parte di organizzazioni criminali, non scalfiscono minimamente il quadro indiziario che è emerso dalla istruttoria posta alla base della informativa, e che rende del tutto attendibili le conclusioni cui essa è pervenuta. Il contesto all’esame si fonda su vari elementi indiziari ed invero la informativa prefettizia non ha preteso di collocare la vicenda in un mero ambito di criminalità camorristica né penale, bensì riportare alla attenzione i rapporti intercorsi e i condizionamenti fra vari soggetti, società e persone, coinvolti nel caso di specie. 8. Il signor Maduli non ripropone in questa sede specifiche lamentele avverso i conseguenti provvedimenti di revoca dell’aggiudicazione e del sub-appalto nonché di recesso da alcuni rapporti contrattuali adottati dal Comune di Rosarno e dalla Provincia di Reggio Calabria e che, in conseguenza delle informative prefettizie, sono stati oggetto di impugnativa in primo grado per illegittimità derivata. Purtuttavia, per completezza, la Sezione intende qui ribadire l’orientamento del Consiglio, secondo cui, anche nel caso di specie, l’efficacia interdittiva proviene direttamente dalla valutazione del Prefetto, per cui alla stazione appaltante non sono riconosciuti né il potere discrezionale né l’onere di verificare la portata e i presupposti dell’informativa, posto che i citati provvedimenti derivano direttamente dall’atto prefettizio e sono vincolati al giudizio circa il pericolo di infiltrazione maturato dal Prefetto». Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma Fonte:www.giustizia-amministrativa.it