T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 9 novembre 2012, n. 1781 AVVOCATO Nella correzione degli elaborati scritti dell'esame di abilitazione alla professione di avvocato, seppure il voto numerico deve ritenersi idoneo ad esternare il convincimento della commissione d'esame, non possono essere trascurate le esigenze di protezione contro il cattivo uso della discrezionalità tecnica. Diversamente l'utilizzo del voto numerico si trasformerebbe in una garanzia di insindacabilità per l'Amministrazione ed in una corrispettiva ingiustificabile compressione del diritto di difesa per gli interessati. In tale contesto, la verifica del concreto esercizio della discrezionalità tecnica riconosciuta in materia non può essere svolta dal Giudice Amministrativo in modo automatico, ma solo quando gli argomenti portati dalla parte ricorrente siano tali da giustificare un simile approfondimento. I pareri pro veritate, prodotti al fine di sovvertire la valutazione complessivamente espressa dalla commissione di esame per l'abilitazione alla professione di avvocato, costituiscono elementi di prova attraverso i quali la parte ricorrente adempie all'onere imposto dall'art. 64, comma primo, c.p.a. Come tali, non soltanto sono ammissibili ma si devono ritenere indispensabili, nella generalità dei casi, ai fini dell'esito del ricorso. Naturalmente, essendo di norma contestati dall'Amministrazione, non possono da soli essere posti a fondamento della pronuncia, tuttavia, assieme al resto delle argomentazioni inserite nel ricorso, rappresentano una base sufficiente per stabilire se vi sia spazio per ulteriori approfondimenti. Affinché i pareri pro veritate acquistino rilievo sono necessarie due condizioni, una esterna e una interna. La prima è una condizione negativa: è necessario che gli elaborati giudicati insufficienti non presentino lacune o difetti talmente gravi ed evidenti da frustrare immediatamente ogni sforzo difensivo. La seconda condizione riguarda, invece, la qualità intrinseca dei pareri, che possono essere considerati credibili solo se si presentano equilibrati, completi e non reticenti su eventuali punti deboli degli scritti del candidato. Una volta accertate le predette condizioni, sussiste il presupposto per utilizzare lo strumento della verificazione, in quanto vi sono convergenti elementi che fanno ritenere verosimile o almeno possibile un errore della commissione d'esame.