Una fondazione a controllo pubblico può essere riconosciuta come PMI?
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T.A.R. Trentino Alto Adige - Trento - Sentenza 27 Giugno 2017 , n. 213
In una fondazione che svolga attività di impresa, la nomina di 3 consiglieri su 7 dell'organo amministrativo evidenzia l'indiretta soggezione al controllo pubblico della medesima Fondazione, integrando il presupposto del controllo di almeno il 25% (del capitale e) dei diritti di voto, esclude il riconoscimento della natura di PMI ai sensi del art. 3, par. 4 della Raccomandazione 2003/361/CE.
In una fondazione che svolga attività di impresa, la nomina di 3 consiglieri su 7 dell'organo amministrativo evidenzia l'indiretta soggezione al controllo pubblico della medesima Fondazione, integrando il presupposto del controllo di almeno il 25% (del capitale e) dei diritti di voto, esclude il riconoscimento della natura di PMI ai sensi del art. 3, par. 4 della Raccomandazione 2003/361/CE.
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N. 213/2017 Reg. Prov. Coll.N. 23 Reg. Ric.ANNO 2017REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOIl Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica) ha pronunciato la presenteSENTENZAnel giudizio introdotto con il ricorso numero di registro generale 23 del 2017, proposto da:Fondazione A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gianpiero Luongo, in Trento, via Serafini n. 9;controProvincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Nicolò Pedrazzoli, Sabrina Azzolini e Giuliana Fozzer, elettivamente domiciliata presso la sede dell'Avvocatura provinciale in Trento, piazza Dante n. 15;Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;Agenzia provinciale per l'incentivazione delle attività economiche, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;T. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;per l'annullamento- del provvedimento prot. n. S503/2016/712441/15.1/002-2014/FM-LP del 28 dicembre 2016 di non accoglimento della domanda di contributo di cui alla legge provinciale 13 dicembre 1999 n. 6, presentata dalla Fondazione in data 19 marzo 2014 e integrata il 3 settembre 2014;- di ogni altro atto ad esso preordinato, presupposto, conseguenziale e/o comunque connesso.Visti il ricorso e i relativi allegati;Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Trento;Viste le memorie difensive;Visti tutti gli atti della causa;Relatore nella udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il consigliere Antonia Tassinari e uditi per la ricorrente l'avvocato Valeria Catalano in sostituzione dell'avvocato Maurizio Zoppolato e per l'amministrazione resistente l'avvocato Sabrina Azzolini;Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.FATTOLa Fondazione A. (d'ora in avanti, la Fondazione), ente senza scopo di lucro, proprietaria di un immobile a Fondo in Val di Non adibito a struttura ricettiva in particolare per i beneficiari della Fondazione nonché per l'utenza privata, dovendo eseguire lavori di ristrutturazione sull'immobile stesso ha presentato all'Agenzia provinciale per l'incentivazione delle attività economiche (APIAE) della Provincia autonoma di Trento, ai sensi dell'art. 3 della legge provinciale 13 dicembre 1999, n. 6, domanda di agevolazione finanziaria per la realizzazione di investimenti fissi di importo pari a euro 5.518.524,51, dichiarando di godere di autonomia giuridica ed economica, di essere una piccola impresa e chiedendo la trattazione in procedura negoziale della domanda medesima.La Fondazione A. svolge anche attività d'impresa e risulta fondata da una società per azioni, A. S.p.A., detenuta al 100 % da un ente pubblico e da tre organizzazioni sindacali in rappresentanza dei dipendenti della società per azioni.La legge provinciale n. 6/1999 nel riconoscere una serie di incentivi economici alle imprese e disponendo che possono essere agevolati gli investimenti fissi relativi a terreni, fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature, brevetti e infrastrutture, individua quali beneficiari le piccole, medie e grandi imprese operanti nella provincia di Trento. Come previsto dalla suddetta legge, la deliberazione della Giunta provinciale n. 1323 del 22 luglio 2012, modificata dalla deliberazione della Giunta provinciale n. 1343 del 1 luglio 2013, ha disciplinato i criteri e le modalità per la sua applicazione, approvando il "bando territoriale per la riqualificazione delle aziende del turismo, degli esercizi pubblici e del commercio al dettaglio". Tale bando, che ai fini della determinazione della dimensione aziendale richiama la Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003 e l'allegato I al regolamento 800/2008/CE, prevede che le grandi imprese possano accedere ai contributi nel rispetto della normativa unionale in materia di aiuti di importanza minore (regime "de minimis") e che le domande di contributo vengano esaminate secondo procedure di tipo valutativo o negoziale, sulla base dell'importo richiesto (procedura valutativa per domande di importo fino ad euro 2.500.000,00; procedura negoziale per domande di importo superiore ad euro 2.500.000,00).A seguito di un primo rilievo dell'APIAE circa l'assenza sul territorio provinciale di unità operative della Fondazione e della replica della medesima che affermava la destinazione alberghiera anziché di casa per ferie dell'immobile oggetto di contributo, presentando, inoltre, richiesta di deroga quanto al previsto requisito di un triennio di attività, la Fondazione produceva una dichiarazione sostenendo di non essere impresa associata o collegata, in quanto governata da un consiglio di amministrazione nominato dall'assemblea dei beneficiari, non soggetto a direzione, coordinamento, o influenza dominante esterni.L'Agenzia provinciale comunicava alla Fondazione di ritenere, viceversa, che la stessa dovesse essere considerata impresa collegata al fondatore, la società A. s.p.a., in virtù dell'accordo che vincola quest'ultima all'erogazione, in favore della medesima fondazione, di un contributo annuale da considerare sintomo di un'influenza dominante ai sensi dell'art. 3, par. 3, lett. c) della Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE. La Fondazione contestava la tesi provinciale allegando un parere legale che esclude l'influenza dominante del fondatore nel contributo annuale di 4 milioni e mezzo di euro a suo carico, in quanto tale contributo non era stato previsto in un accordo tra la Fondazione e A. s.p.a., ma in un accordo sindacale con i dipendenti di A. s.p.a.L'Agenzia provinciale rilevava ulteriormente il potere di nomina di tre dei sette amministratori del consiglio di amministrazione della Fondazione da parte di A. s.p.a previsto dall'art. 5 dello statuto della Fondazione, concludendo che il contributo avrebbe potuto essere concesso nel regime "de minimis", ossia entro l'importo massimo dei 200.000 euro, non potendosi riconoscere la qualificazione di piccola o media impresa alla Fondazione.A quest'ultimo rilievo l'interessata controbatteva sostenendo che il diritto di voto rilevante al fine di determinare una relazione di associazione tra due imprese sussiste, ai sensi dell'art.2359 del codice civile, unicamente con riferimento all'ambito dell'assemblea, mentre la mera possibilità di nominare una quota di amministratori di minoranza, per quanto superiore al 25%, avrebbe dovuto essere considerata del tutto irrilevante.A questo punto l'Agenzia provinciale richiedeva un parere in merito alla commissione tecnica appositamente costituita, quale ausilio per le amministrazioni pubbliche nella determinazione della dimensione aziendale dei richiedenti aiuti di stato per attività produttive, presso il Ministero dello sviluppo economico.Recependo in toto il parere della commissione, l'Agenzia provinciale ha infine emesso il provvedimento qui impugnato, con il quale ha comunicato alla Fondazione che, in quanto soggetto non qualificabile quale piccola o media impresa, la domanda di contributo sarebbe stata istruita con procedura valutativa e avrebbe trovato applicazione il regime "de minimis".Sostanzialmente il parere, richiamando l'art. 3, par. 4. della Raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE e considerando che la Fondazione risulta costituita (oltre che da tre organizzazioni sindacali) da una società per azioni, cui è riconosciuto il potere di nominare tre consiglieri dei sette componenti del consiglio di amministrazione, detenuta al 100% da un ente pubblico, afferma che tra la Fondazione e l'ente pubblico esiste un rapporto qualificato idoneo a precludere il riconoscimento della natura di piccola o media impresa, in considerazione del condizionamento che l'ente pubblico esercita sull'attività dell'impresa con la nomina degli amministratori per il tramite della propria società.La Fondazione affida il ricorso proposto avverso il diniego al seguente unico motivo:Violazione e falsa applicazione della Raccomandazione CE 361/2003 del 6 maggio 2003 in combinato disposto con il decreto ministeriale 18 aprile 2005. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti di diritto. Illogicità e contraddittorietà nella motivazione.La natura giuridica della Fondazione A. è quella di "fondazione di partecipazione", che persegue uno scopo non lucrativo, il cui patrimonio è vincolato alla scopo e i cui partecipanti, con conferimenti di qualsiasi natura, non assumono la qualifica di socio. A. S.p.A, quindi, non essendo socia della Fondazione e non intervenendo in assemblea al fine di partecipare all'assunzione delle delibere assembleari, non dispone neppure dei diritti di voto nonostante la nomina di un certo numero di amministratori nell'ambito del consiglio di amministrazione della Fondazione stessa e, conseguentemente, non risulta integrato il presupposto di fatto, previsto dall'art. 3, par. 4. della Raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE, per escludere la natura di piccola o media impresa.In prossimità dell'udienza odierna la ricorrente ha presentato una memoria di replica ribadendo che la natura e le caratteristiche dell'istituto della fondazione escludono qualsiasi forma di controllo di un ente partecipante, chiedendo la rimessione alla Corte di giustizia di quesiti sulla nozione comunitaria di PMI e sul concetto di controllo del diritto di voto, insistendo, infine, per l'accoglimento del ricorso.Alla pubblica udienza del giorno 22 giugno 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.DIRITTOIl ricorso in esame non è fondato, né si evidenzia la necessità della rimessione alla Corte di giustizia dei prospettati quesiti, dato che le questioni di cui è causa appaiono di sufficiente chiarezza al fine della decisione.Preliminarmente vale considerare la natura giuridica della Fondazione A., tenendo conto che, seppur con i limiti che le derivano dalla natura non lucrativa, tale fondazione svolge anche attività d'impresa. Si tratta di una fondazione cosiddetta di partecipazione, ovvero di una tipologia del genere "fondazione", caratterizzata da una pluralità di fondatori o, comunque, di aderenti successivi, che possono partecipare attivamente alla gestione dell'ente. Orbene, benché la natura di fondazione (di partecipazione) della Fondazione, connotata peculiarmente da un patrimonio gravato da un vincolo di scopo, comporti l'insussistenza di un'assemblea di soci, così come la qualità di socio da parte della società fondatrice A. S.p.A. ed escluda, altresì, l'esercizio di diritti di voto nella (inesistente) assemblea dei soci, tali circostanze non consentono di prescindere, quanto alla dimensione della Fondazione (che, come detto, svolge, tra l'altro, anche attività d'impresa), da eventuali relazioni con altre imprese nelle forme indicate dall'art. 3 della Raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE, forme che, pur delineate per le società, rilevano anche nella specifica fattispecie. In particolare, dalla prospettata situazione non consegue l'irrilevanza della nomina spettante alla società fondatrice di tre consiglieri su sette dell'organo amministrativo della Fondazione stessa. L'anzidetto potere di nomina assume, peraltro, rilievo rispetto al presupposto di cui all'art. 3, par. 4. della Raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE che trova applicazione nel caso in esame dato il coinvolgimento dell'ente pubblico tramite la società A. dal medesimo detenuta al 100%. Non risultano, viceversa, direttamente pertinenti le disposizioni relative alle imprese associate (par. 2, art. 3), ove, peraltro, rileva la medesima misura della detenzione di quote di capitale o della spettanza di diritti di voto indicata nella fattispecie di imprese controllate (par. 4, art. 3) dall'ente pubblico, e collegate (par. 3, art. 3), ove rileva, in particolare, la maggioranza dei diritti di voto, la nomina o la revoca della maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, l'influenza dominante sull'impresa e il controllo solitario. Invero, mentre al fine della definizione della categoria micro, piccola e media, delle imprese caratterizzate da relazioni di associazione o di collegamento, la citata Raccomandazione prevede (art. 6) le modalità di determinazione dei dati riguardanti gli effettivi e le soglie finanziarie da impiegarsi per stabilire la dimensione dell'impresa, nell'ipotesi specifica di coinvolgimento dell'ente pubblico di cui al citato par. 4 dell'art. 3, la definizione di grande impresa ("non può essere considerata PMI") consegue direttamente dal controllo diretto o indiretto dell'ente pubblico di almeno il 25% del capitale o dei diritti di voto.Vale considerare, inoltre, che la disposizione contenuta nell'anzidetto art. 3, par. 4 esclude la dimensione di piccola, media impresa "....se almeno il 25% del suo capitale o dei suoi diritti di voto è controllato direttamente o indirettamente da uno o più enti pubblici....", non solo significativamente disgiungendo l'aspetto del capitale dai diritti di voto, ma, riferendosi a questi ultimi senza richiami alla sede del loro esercizio, non esclude che siano tali anche quelli esercitati nell'organo di amministrazione. Anche tale circostanza, quindi, non può che confermare la rilevanza, ai fini del controllo, diretto o indiretto, dell'ente pubblico, della riserva di nomina attribuita alla società fondatrice, avvalorando l'assunto della Provincia (e del parere della commissione ministeriale) circa una situazione di "rapporto qualificato" con l'ente pubblico e di un condizionamento da parte del medesimo che proprio tale nomina determina. In definitiva, la nomina di amministratori da parte della società fondatrice esclude che possa essere riconosciuta quella posizione di debolezza (per la difficoltà di accesso al capitale, ai prestiti e alle informazioni) che connota le piccole e medie imprese e che giustifica, costituendone la ratio, il riconoscimento della compatibilità dell'aiuto statale con l'ordinamento dell'Unione.Si aggiunga, d'altra parte, a ulteriore riprova della coerente lettura del contesto normativo e di fatto risultante dal provvedimento impugnato, che non risulta pertinente il riferimento, invocato dalla ricorrente Fondazione, quanto ai diritti di voto, agli articoli del codice civile e, in particolare, all'art. 2359 del cod. civ., poiché tali norme trovano applicazione per le società di capitali.Inconferenti ed assorbiti dalle considerazioni che precedono, appaiono, infine, i rilievi dedotti dalla ricorrente in ordine alle (negate) connessioni dell'attività della Fondazione con i servizi gestiti dal Comune di Milano e al diverso mercato di riferimento.Nella fattispecie, quindi, la nomina spettante alla fondatrice società per azioni A., detenuta al 100% da un ente pubblico, di tre consiglieri su sette dell'organo amministrativo della Fondazione, che svolge anche attività d'impresa, evidenzia l'indiretta soggezione al controllo pubblico della medesima Fondazione, integrando il presupposto, previsto dal soprarichiamato par. 4 della Raccomandazione, del controllo di almeno il 25% (del capitale e) dei diritti di voto, che esclude il riconoscimento della natura di piccola o media impresa.Il provvedimento in esame si sottrae, pertanto, alle censure svolte con il ricorso, che deve conseguentemente essere respinto.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivoP. Q. M.Il Tribunale Regionale di giustizia amministrativa per la Regione autonoma del Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo respingeCondanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio a favore della Provincia autonoma di Trento nella misura di euro 2.000,00 oltre ad accessori di legge.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati: IL PRESIDENTERoberta VigottiIL CONSIGLIERECarlo PolidoriIL CONSIGLIERE ESTAntonia Tassinari Depositata in Segreteria il 27 giugno 2017
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