Su sollecito di alcune Direzioni Regionali si forniscono ulteriori chiarimenti rispetto a quanto sostenuto nella risoluzione n. 115/E dell’8 agosto 2005, in merito alla corretta individuazione dell’esercizio di competenza delle provvigioni attive e passive derivanti dalla stipula di un contratto di agenzia di cui agli articoli 1742 e ss. del codice civile.

Provvigioni attive

Con riguardo alle provvigioni attive spettanti agli agenti di commercio (qualificabili come proventi derivanti dall’espletamento di prestazioni di servizi) nella risoluzione in oggetto è stato chiarito che - ai fini della corretta individuazione del relativo periodo di competenza - l’applicazione del comma 2, lettera b), dell’articolo 109 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (cd. TUIR, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), secondo cui “i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti (…) alla data in cui le Direzione Centrale Normativa e Contenzioso prestazioni sono ultimate”, non può prescindere dalle modifiche che hanno recentemente interessato la disciplina codicistica del contratto di agenzia.

In linea generale, con riferimento alle “prestazioni di servizi” la verifica del momento della relativa ultimazione - come indicato nel citato documento di prassi - rilevante per la determinazione del periodo di competenza dei connessi componenti reddituali, deve essere effettuata tenendo in considerazione la disciplina codicistica specificamente prevista per ciascuna tipologia contrattuale.

In particolare, a seguito delle modifiche intervenute alla disciplina civilistica del contratto di agenzia - ad opera del decreto legislativo 15 febbraio 1999, n. 65, emanato in attuazione della direttiva comunitaria 86/653/CEE - è stato ritenuto corretto individuare il momento di ultimazione della prestazione (e, conseguentemente, il concorso del relativo compenso alla formazione dell’imponibile dell’agente) nella data in cui si verifica la stipula del contratto concluso grazie all’intervento di quest’ultimo (i.e., il cd. contratto “procurato” dall’agente, ovvero quello tra il preponente e il terzo).

Al riguardo si osserva che le conclusioni raggiunte nel citato documento di prassi devono essere apprezzate alla luce della nuova formulazione dell’articolo 1748 del codice civile.

Quest’ultimo stabilisce che l’agente ha diritto alla provvigione “per tutti gli affari conclusi durante il contratto … quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento” (comma 1) e “Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all'agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico” (comma 4).

Nella risoluzione n. 115/E del 2005, è stato chiarito che si deve ritenere ultimata la prestazione (ed imponibile il relativo compenso in capo all’agente) nel momento in cui, ai sensi del primo comma dell’articolo 1748 del codice civile, sorge il diritto alla provvigione, ovvero alla data in cui si verifica la stipula del contratto “procurato” tra il preponente ed il terzo (dovendosi in tale momento considerare conclusa la prestazione da parte dell’agente, atteso che il suo obbligo è, come recita l’articolo 1742 del codice civile, quello di “promuovere (...) la conclusione del contratto”).

E’ irrilevante, al riguardo, il momento di esigibilità del compenso per la prestazione svolta dall’agente, eventualmente previsto in contratto, ai sensi del comma 4 del citato articolo 1748 del codice civile, allo scopo di dilazionare il pagamento della provvigione maturata.

Come ha precisato la Suprema Corte (cfr. sentenza, sez. Lav., 2 maggio 2000, n. 5467) con la vigente formulazione dell’articolo 1748 cod. civ. si è voluto porre chiaramente in evidenza la dissociazione tra il momento costitutivo del diritto alla provvigione in capo all’agente e il momento in cui la stessa provvigione (il cui diritto è già maturato) risulta esigibile, significando che il primo momento (quello costitutivo) viene ad esistere quando per effetto dell’intervento dell’agente si addiviene alla conclusione del contratto da lui promosso.

Al riguardo si rammenta che, anteriormente alla menzionata modifica normativa, l’articolo 1748, comma 1, del codice civile, stabiliva che “l’agente ha diritto alla provvigione solo per gli affari che hanno avuto regolare esecuzione.

Se l’affare ha avuto esecuzione parziale, la provvigione spetta all’agente in proporzione ella parte eseguita”.

La Corte di Cassazione, nella citata sentenza n. 5467 del 2000, ha in proposito chiarito che nel previgente sistema l’agente acquisiva il diritto alla provvigione non già nel momento della conclusione del contratto da lui promosso, ma solo quando lo stesso contratto era stato accettato dalle parti ed aveva avuto regolare esecuzione, ovvero quando l’operazione di intermediazione era andata a buon fine.

L’intenzione del legislatore era, dunque, quella di considerare il momento di promozione del contratto, il momento di conclusione dello stesso e il momento della relativa esecuzione come i tre fatti giuridici costitutivi del diritto dell’agente alla provvigione.

A conferma di ciò, nella stessa sentenza è stato chiarito che prima del verificarsi di tutte le menzionate circostanze l’agente non era titolare di alcun diritto di credito alla percezione della provvigione, ma solo di una mera aspettativa.

Da quanto sopra, conseguiva che anteriormente al verificarsi della “regolare esecuzione” dell’affare “procurato”:

- la cessione del diritto alla percezione della provvigione poteva configurarsi solo nella forma di cessione di un credito futuro e non già come cessione di un diritto di credito vero e proprio, atteso che la semplice conclusione del contratto tra preponente e terzo realizzava una condizione in sé non sufficiente ai fini dell’acquisto del diritto alla provvigione;

- in caso di fallimento del preponente, l’agente, non vantando un vero e proprio diritto di credito nei suoi confronti, non aveva alcuna legittimazione ad insinuarsi nello stato passivo della procedura concorsuale.

A seguito delle modifiche menzionate, il diritto dell’agente alla provvigione, non più dipendente dal buon fine della operazione, sorge completo e perfetto sin dal momento in cui il preponente e il terzo concludono il contratto “procurato” dall’agente.

Infatti, già dal momento in cui si verifica tale circostanza l’agente vanta un diritto di credito vero e proprio - e non, come avveniva prima della modifica legislativa, una mera aspettativa - che pur non essendo ancora esigibile (acquisirà tale qualificazione solo nel momento in cui sarà eseguita la prestazione da parte del preponente/cliente) può essere, in ogni caso, oggetto di cessione.

Ciò premesso, si ritiene che la esecuzione del contratto ad opera delle parti (preponente e terzo) rappresenta un momento che - assumendo rilevanza sotto l’esclusivo profilo della regolazione finanziaria del rapporto d’agenzia tra le stesse instaurato - non riveste rilievo ai fini dell’imputazione a reddito da parte dell’agente delle provvigioni di cui ha già (civilisticamente) maturato il diritto.

Il dato testuale del quarto comma dell’articolo 1748 cod. civ. (“salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all'agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione…”) lascia altresì intendere che la spettanza della provvigione in capo all’agente possa essere contrattualmente prevista anche prima del momento in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione, con ciò confermando la tesi che la costituzione del diritto può anche coincidere con quello della esigibilità. Tale eventualità è possibile, in quanto, come affermato nella menzionata sentenza, “le leggi di attuazione della direttiva comunitaria prevedono una disciplina di maggior tutela del diritto alla provvigione da parte dell’agente sia per quanto riguarda il momento genetico, sia per quanto riguarda l’onere probatorio”. Con tale specificazione, in definitiva, il legislatore civile ha inteso disporre maggiori garanzie a favore dell’agente per l’opera resa, anche nel caso in cui a seguito di un accordo sopravvenuto tra preponente e terzo l’esecuzione del contratto risulti, in tutto o in parte, impedita (cfr. articolo 1748, comma 5, cod. civ.).

Ciò posto, si ritiene che l’“ultimazione della prestazione” (costituente, quale regola generale, il momento rilevante, ai fini fiscali, per l’imputazione temporale dei proventi relativi alle prestazioni di servizi) può dirsi verificata in toto nel momento di insorgenza del diritto alla provvigione (che matura alla data in cui il preponente e il terzo concludono il contratto, promosso dall’agente stesso).

Ne consegue che le provvigioni attive risultano imponibili in capo all’agente nel periodo d’imposta in cui il preponente e il terzo concludono il contratto “procurato” dall’agente stesso.

Provvigioni passive

Con riguardo all’esatta individuazione, in capo all’impresa preponente, del periodo di competenza delle provvigioni passive corrisposte nell’ambito di un contratto di agenzia di cui agli articoli 1742 e ss. del codice civile, la citata risoluzione n. 115/E del 2005, ha precisato che l’impresa preponente può procedere alla deduzione del costo a tale titolo sostenuto nell’esercizio di stipula del contratto promosso dall’agente.

In particolare, nella menzionata pronuncia, è stato chiarito - con specifico riferimento alla prestazione dei servizi d’agenzia - che il momento della relativa ultimazione individua, ai sensi del citato articolo 109, comma 2, lettera b) del TUIR, anche il periodo d’imposta di competenza delle provvigioni passive, ossia il periodo di imposta nel quale dette provvigioni concorrono quali componenti negativi alla formazione del reddito imponibile del mandante.

Tale affermazione è esaustiva nell’eventualità in cui il periodo d’imposta in cui si verifica la conclusione del contratto promosso dall’agente coincide con il periodo d’imposta in cui il preponente, adempiendo la propria prestazione - ad esempio, con la consegna o spedizione del bene mobile - imputa a conto economico il relativo ricavo. Ma non può assumere una valenza generale.

Al riguardo, occorre considerare che il generale principio della competenza di cui all’articolo 109, comma 2 del TUIR, deve essere applicato in combinazione con il corollario della correlazione, secondo cui i costi devono essere correlati con i ricavi dell’esercizio. Come riconosciuto dai corretti principi contabili, detta correlazione vale ad affermare la necessità che ai ricavi dell’esercizio siano contrapposti i relativi costi.

Con risoluzione del 10 gennaio 2002, n. 5/E (che conferma gli orientamenti espressi nella nota n. 9/2940 del 22 ottobre 1981 e nelle risoluzioni del 5 marzo 1998, n. 14/E e del 2 giugno 1998, n. 52/E) è stata affermata la necessità di individuare, in via preliminare, la competenza dei ricavi per poi permettere la deduzione, nello stesso periodo di imposta, dei costi ad essi relativi.

Ciò premesso, si ritiene che essendo il principio di correlazione intrinseco in quello di competenza, al fine di individuare correttamente il principio di competenza fiscale di cui al citato articolo 109 del TUIR, non si può prescindere dal concetto di correlazione civilistico-contabile tra produzione del reddito e costi correlati. Alla luce delle considerazioni suesposte, si ritiene che le provvigioni passive, corrisposte dall’impresa preponente in dipendenza di un contratto di agenzia, sono di competenza del medesimo esercizio in cui rilevano i ricavi per cui le medesime provvigioni sono dovute.

Una volta verificata la corretta correlazione civilistica, il costo relativo alle provvigioni passive avrà il medesimo trattamento anche dal punto di vista fiscale, sempre che, ovviamente, siano rispettati gli ulteriori criteri che il legislatore fiscale ha ritenuto opportuno individuare espressamente: ci si riferisce, in particolare, ai requisiti della certezza e della determinabilità in modo obiettivo di cui al più volte citato articolo 109, comma 1, TUIR.

Nel caso in cui ci si trovi nelle condizioni appena richiamate (correlazione civilistico-contabile, da un lato e certezza /obiettiva determinabilità del costo, dall’altro), il contribuente potrà dedurre fiscalmente il costo delle provvigioni passive in oggetto.