Dubbio amletico quello dei Comuni, quando si tratta di rilasciare un permesso di costruire.

Infatti, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico edilizia), il permesso di costruire, che viene "rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo", in ogni "non comporta limitazione dei diritti dei terzi". Prodotti

La formula utilizzata è nota: "fatti salvi i diritti dei terzi".

Tuttavia, la giurisprudenza si interroga circa la portata della norma soprattutto con riguardo alle indagini che gli uffici tecnici comunali devono svolgere per verificare, o meno, la sussistenza di limitazioni di "diritto privato".

In questo ambito interviene la sentenza del Consiglio di Stato (sez. VI, 28 settembre 2012 n. 5128).

Il comproprietario di un appartamento aveva chiesto di poter realizzare un abbaino al piano secondo (sottotetto) dell'edificio condominiale, di pertinenza dell'appartamento di sua proprietà, per ottenere una migliore illuminazione del locale-soggiorno la cui finestra era parzialmente coperta dall'ala del tetto dell'edificio.

La richiesta veniva rigettata dal Comune:

- per la mancanza del consenso scritto del condominio (natura di parte comune del tetto ed utilizzo di una parte della cubatura urbanistica residua dell'edificio condominiale);

- per la necessità di integrare la documentazione con la verifica sulla cubatura ammissibile e le distanze dai confini e dagli edifici.

Ebbene, secondo i Giudici di Palazzo Spada esiste l'obbligo per il Comune, in sede di rilascio del titolo di verificare il rispetto dei limiti privatistici, a condizione che siano conosciuti o immediatamente conoscibili o non contestati, di guisa che il controllo dell'ente locale si traduca in una presa d'atto dei limiti medesimi, senza necessità di procedere ad un'accurata e approfondita disamina dei rapporti civilistici.

Viene così ribadito un approdo consolidato: i Comuni devono considerare anche gli aspetti di diritto comune, senza doversi impegnare in indagini laboriose e dispendiose (riservate al Giudice Ordinario).

Di talchè il Consiglio di Stato afferma che nel caso in cui l'opera per la quale si chiede il rilascio di un permesso di costruire sia destinata a incidere (non solo in senso materiale ma, eventualmente, anche sotto il profilo del decoro architettonico) su di una parte comune di un edificio condominiale, tale opera deve qualificarsi come innovazione "voluttuaria" e "non necessaria", avendo lo scopo di rendere più comodo il godimento dell'immobile, idonea ad imprimere alla cosa comune una destinazione ad uso esclusivo del singolo appartamento.

Per questo motivo il Comune ha richiesto il consenso del condominio, a fronte dell'incidenza su una parte comune, paventando l'eventualità dell'utilizzo di parte della volumetria residua dell'edificio stesso, nel potere/dovere di verifica del titolo di legittimazione.

In definitiva in alcuni ambiti caratterizzati da un elevata litigiosità, i Comuni fanno bene a richiedere il consenso alla realizzazione dell'opera da parte degli altri condomini.

Così "i diritti dei terzi" sono tutelati in via preventiva, con il vantaggio di evitare contenziosi con eventuali sovrapposizioni di giudizi discordanti (tra diritto privato e diritto amministrativo.).