In ordine alla responsabilità per i debiti sociali, è pacifico che, nella società in nome collettivo, il socio risponde illimitatamente con il proprio patrimonio personale, mentre, nella società a responsabilità limitata, il socio risponde nei limiti dei propri conferimenti sociali.
Si pone quindi la questione di comprendere che tipo di responsabilità sociale investe il socio di una s.n.c. trasformata successivamente in una s.r.l.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che ai sensi dell’artt. 2499 e 2500 quinquies c.c., la trasformazione di una società di persone in una società di capitali, non libera automaticamente i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali anteriori all’iscrizione della deliberazione di trasmissione nel registro delle imprese, se non risulta che i creditori sociali abbiano dato il loro consenso alla trasformazione stessa, il quale si presume se i creditori, ai quali la suddetta deliberazione sia stata comunicata, non abbiano espressamente negato la loro adesione nel termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione medesima.
Tale comunicazione, che deve essere trasmessa ai creditori sociali con raccomandata o con altri mezzi che garantiscono la prova dell’avvenuto ricevimento, non deve contenere necessariamente l’intera deliberazione di trasformazione, ma è sufficiente che contenga la notizia dell’avvenuta trasformazione, ovvero il richiamo agli estremi della delibera stessa e della sua iscrizione nel registro delle imprese, atteso che, sulla base di tale comunicazione, i creditori devono essere posti in condizione di tutelare i propri interessi manifestando il loro eventuale dissenso alla liberazione dei soci già illimitatamente responsabili.
Pertanto il legislatore, diversamente dalla regola generale, ha voluto imprimere all’inerzia del creditore la funzione di silenzio-assenso. La non risposta entro il termine previsto, ha quindi la funzione di liberare i soci illimitatamente responsabili, che a seguito della trasformazione della società di persone in società di capitali non risponderanno più con il proprio patrimonio personale, anche per i debiti sorti prima della trasformazione.
Diversamente, nel caso di dissenso dei creditori sociali, i soci illimitatamente responsabili continueranno a rispondere in proprio per le obbligazioni sociali sorte prima della trasformazione della società, mentre per le obbligazioni successive, risponderanno limitatamente ai loro conferimenti sociali.
Sulla base di tale differenza, è necessario comprendere quando è possibile chiedere il fallimento personale dei soci di una società a responsabilità illimitata, che a seguito di trasformazione è divenuta a responsabilità limitata, poi dichiarata fallita.
Preliminarmente, non vi è dubbio che in tema di dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza dell’imprenditore, ai sensi dell’art. 5 della legge fallimentare, deve intendersi come situazione irreversibile, e non una mera temporanea impossibilità del regolare adempimento delle obbligazioni assunte.
Ciò premesso, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che la trasformazione di una società di persone in società di capitali non comporta l’estinzione di un soggetto e la creazione di un altro soggetto, ma la semplice modificazione della struttura e dell’organizzazione societaria, che lascia immutata l’identità soggettiva dell’ente ed immutati i rapporti giuridici ad essa facenti capo.
Pertanto la trasformazione mantiene inalterata ad ogni effetto, per le obbligazioni anteriori alla trasformazione, la responsabilità illimitata dei soci derivante dal precedente assetto giuridico, salvo che i creditori abbiano aderito alla trasformazione.
Ne consegue che detti soci sono soggetti, ai sensi dell’art. 147 della legge fallimentare, all’automatica estensione personale del fallimento della società preesistente e ciò senza che debba ricorrere in loro la qualità di imprenditore o che si realizzi il requisito della insolvenza relativamente alla singola sfera soggettiva, e ancora, senza che operi la regola del termine di cui all’art. 10 della legge fallimentare.
Per quanto esposto, si deve ritenere che il socio di una s.n.c., successivamente trasformata in s.r.l., poi dichiarata fallita, potrebbero esse soggetto alla legge fallimentare ex art. 147 (e quindi fallire personalmente), solo se i creditori sociali hanno manifestato espressamente, entro il termine previsto di 30 giorni dalla comunicazione della trasformazione, il loro dissenso alla liberazione dei socio già illimitatamente responsabile. Diversamente, se i creditori non hanno manifestato il dissenso, il socio risponderà limitatamente ai propri conferimenti, anche per i crediti sociali sorti prima della trasformazione e pertanto il socio non potrà fallire personalmente.