Preliminarmente  dobbiamo dire che il diritto al matrimonio è un diritto naturale e fondamentale, tutti  sono titolari dello ius connubii, eventuali limitazioni a questo diritto possono essere solo dettate  dalla legge universale della Chiesa. Si parla in questo caso di impedimenti matrimoniali.

Il canone 1084 del vigente Codice di Diritto Canonico considera tra gli impedimenti a contrarre un valido matrimonio l’impotenza, disponendo che:

L’impotentia coeundi, antecedente e perpetua, sia parte dell’uomo che da parte  che da parte della donna, sia assoluta che relativa, rende nullo il matrimonio per via  della sua stessa natura.

La sterilità non proibisce il venire in essere del matrimonio né lo rende nullo, fermo restando quanto disposto al canone 1098.

 Il concetto di impotenza,  quale delineato   dal Codex Iuris Canonici, rinviava ad un disturbo di tipo copulativo (impotentia coeundi) è stata  riconosciuta anche dall’attuale normativa, come impedimento dirimente, ovvero condizione ostativa all’esercizio del diritto al matrimonio.

Si tratta di un’alterazione del desiderio sessuale e delle modificazioni psico- fisiologiche del relativo ciclo di risposta sessuale, le quali, di fatto precludono l’unione sessuale tra i coniugi , impedendo la copula coniugale.

Al contrario, l’attuale normativa canonistica  (can. 1084 n.3) stabilisce chiaramente che l’impotenza generativa, ovvero l’impotenza generandi o sterilità “né proibisce né dirime il matrimonio”, a meno che non incida sulla formulazione del consenso nuziale (can 1098); essa, del resto, per il Diritto canonico si configura nell’infertilità, cioè nell’impossibilità di generare.

Contrariamente a ciò che accade in Diritto Civile, in Diritto Canonico essendo fini comprimari del matrimonio il bene dei coniugi da attuarsi anche attraverso l’integrazione e l’unione nella sfera fisico - sessuale e la  procreazione della prole, l’impotenza antecedente al matrimonio e perpetua rende il matrimonio nullo.

In questa materia, il Codice di  Diritto  Canonico del 1983 ha sostanzialmente recepito la tradizionale formulazione accolta anche nel Codex deL 1917.

Trattandosi di un impedimento di diritto naturale non è possibile una deroga attraverso la concessione di una dispensa, in quanto ci troviamo di fronte ad un ostacolo  alla vita coniugale che si pone  su di piano sia  giuridico  che naturale

E’ fondamentale a questo punto fare un’ulteriore distinzione tra l’ impotenza e sterilità  in ordine al can. 1098 n. 3 e quindi fare riferimento ai concetti di “azione dell’uomo” e di “azione della natura”.

L’Actio humana riguarda le azioni di entrambi gli sposi nel compiere l’atto sessuale “modo humano”; mentre l’ “actio naturae”concerne quella serie di fenomeni che si svolgono interamente nell’organismo femminile e maschile e che hanno come risultato finale il concepimento.

La copula umana, pur essendo presupposto indispensabile alla generazione della prole è innanzitutto tesa alla realizzazione dell’ “una caro” di biblica memoria, ripreso anche da Giovanni Paolo II. La coppia coniugale costituisce, infatti, “una sola carne”.

Alla luce  di quanto esposto,  in ambito canonico  appare molto importante la distinzione tra impotenza copulativa, che si pone in essere quando i coniugi non sono in grado di realizzare la consumazione matrimoniale, con   relativo insuccesso dell’acti humana, ed l’impotenza generandi, o sterilità, che rinvia all’actio naturae, la quale  per un complesso di fattori indipendenti dalla volontà  e dalla capacità delle persone, non apre alla fecondità la copula regolarmente compiuta.

Le ragioni  di tale impostazione  possono ravvisarsi nel concetto stesso di amore sponsale come delineato dall’antropologia cristiana  e recepito dalla normativa canonistica che nel canone 1057§ 2  lo qualifica come dono totale di sé.

Ci sono stati diversi approcci sul tema: approccio di tipo definitorio, approccio di tipo clinico, approccio di tipo sinottico, approccio antro fenomenologico, approccio eccletico.

In questa sede verranno presi in considerazione soltanto alcuni di questi.

Relativamente al primo, il termine impotenza sarebbe molto generico e con  esso si indicherebbero disturbi del desiderio sessuale, dell’erezione, dell’eiaculazione e dell’orgasmo, per cui essa consisterebbe nell’incapacità a raggiungere un orgasmo soddisfacente, differenziandola da altri disturbi della sfera sessuale come le “anomalie nella scelta dell’oggetto sessuale”.

- Approccio di tipo clinico, ha  tentato di delineare o delimitare il carattere patologico dell’impotenza sulla base della frequenza della sua comparsa. Il disturbo è stato classificato anche, a seconda dell’età in primario (all’inizio della vita sessuale) e secondario (dopo un periodo di normale funzionamento sessuale).

- Approccio etiopatogenetico, definizione dell’impotenza, da un lato, rinvia a cause prettamente organiche, esempio quelle post traumatiche o quelle secondarie a patologie organiche, dall’altro richiama fattori psicologici che assumano una rilevanza tale da affermare l’origine psicogena della maggior parte dei casi di impotenza.

- Approccio psicodinamico,  l’attenzione è focalizzata sull’ansia considerata come il diretto precursore del disturbo sessuale psicogeno.

- Approccio di tipo antro-fenomenologico, prende le mosse dall’assunto fondamentale che “la vita sessuale è storia”e la “storia sessuale dell’uomo offre la chiave esplicativa della sua vita”.

Possiamo, quindi, parlare di due tipi  di impotenza: quella organica e quella  psichica, quest’ultima è stato oggetto di molteplici riflessioni in campo canonico, concernenti la plausibile confluenza di capi di nullità diversi, impotenza ex can. 1084, ed incapacità all’assunzione ed al mantenimento  degli oneri coniugali ex can. 1095 n. 3 – in un’unica fattispecie normativa.

Su questo tema, la Giurisprudenza Rotale si è  talora espressa in modo significativo, al punto che, in alcune sentenze, il disturbo sessuale viene correlato esplicitamente ad un quadro psichico assimilabile al concetto giuridico di immaturità, qualificando il paradigma della personalità immatura in termini di “insufficienza”, “inadeguatezza”non organizzazione”, nonostante la possibilità di un livello di maturazione in altri ambiti notevolmente maggiore e, in certi casi, persino eccellente.

Nella sentenza definitiva coram Bruno, il 30.03.1979 Sacrae Romanae Rotae Decisiones seu Sententiae  sono espressamente richieste, per il riconoscimento della rilevanza canonistica di un “immaturità psico - sessuale”, quelle medesime caratteristiche di “gravità”, di “antecedenza eziologia” prematrimoniale e di “concreta inemendabilità” che richiamano i requisiti  previsti per la stessa impotenza copulativa .

Anche la sentenza definitiva del 31.05.1994 “Coram Colagiovanni” fa riferimento ad un concetto di maturazione interpersonale ed intrapersonale imprescindibile da una fondamentale integrazione psicosessuale, la quale  richiama le caratteristiche  di  “antecedenza alle nozze”, “gravità” e “conseguenze prodotte” che l’immaturità psichica deve possedere per impedire l’assunzione delle cd. “obbligationes matrimonii essentiales”  can. 1095 n. 3.

Non a caso, anche in un contesto eminentemente clinico, la stessa impotenza sessuale è stata letta come la manifestazione più  appariscente di un disturbo  globale dell’essere umano nel suo atteggiamento di fronte all’esistenza, dato che il soggetto impotente avrebbe la percezione di essere un “uomo mancato” non soltanto a proposito delle proprie facoltà generative, ma anche in riferimento alla sua impossibilità di avere un reale contatto interpersonale. La potenza sessuale non rappresenta un semplice complemento aggiuntivo, ma un costituente fondamentale della persona. Ne consegue che l’impotenza sessuale di origine psichica, tanto maschile quanto femminile, chiama in causa la struttura profonda della personalità, mentre, dall’altro, con i suoi riflessi negativi sui vissuti individuali e sulle dinamiche relazionali, si ripercuote sulla globalità della persona stessa.

La metodologia della perizia medico – legale in tema di impotenza psichica (can. 1084) richiede una preliminare definizione  dell’ambito, delle finalità e dei limiti del giudizio peritale in questo contesto, onde delinearne i contenuti, i confini e le reali possibilità. Si articola attraverso le seguenti fasi:

-  riconoscimento dell’esistenza di un impotenza;

- qualificazione dell’origine, dello sviluppo, della natura della stessa;

- quantificazione del grado di incidenza sul singolo e di ripercussione sulla coppia di  tale condizione;

- datazione sia “clinica” sia forense (cioè retrodatazione o meno  dell’impotenza rispetto al momento delle nozze) della stessa.

In una diagnosi di tipo impotenza psichica, dato che per essere giuridicamente rilevante in ambito canonistico, l’impotenza deve essere di tipo copulativo, in sede psichiatrico – forense è necessario individuare la presenza di disturbi sessuali a livello copulativo che possano riconoscere una genesi ed una dinamica di tipo psichico scientificamente dimostrata e dimostrabile, in altri termini “come”, “perché”  “quanto” del disturbo psichico incida nel disturbo sessuale e possa eventualmente sostenerlo.

Sulla base delle predette considerazioni, si può osservare come la perizia psichiatrica in caso di impotenza psichica in ambito canonistico assuma un’obiettiva connotazione “psico-sessuologico-forense”. Una volta espletati tutti gli accertamenti diagnostici – strumentali relativi ad ipotesi di organicità, sempre e comunque irrinunciabili, è necessario che si ponga l’attenzione sulla “storicità” della persona. Da qui la complessità della valutazione medico – legale  dell’impotenza specialmente se di natura psichica, valutazione che richiede una puntuale serie di indagini psicologiche e psicopatologiche, concernenti non solo la struttura di personalità individuale , ma soprattutto il rapporto di coppia.

Bibliografia:

C. Barbieri.-  A. Luzzago – L. Masselli,  Psicopatologia forense e matrim