In Italia, qualunque trattamento sanitario, medico o infermieristico, necessita del preventivo consenso del paziente; è il suo consenso informato che costituisce il fondamento della liceità dell'attività sanitaria, in assenza del quale l'attività stessa costituisce reato.
Il fine della richiesta del consenso informato è quello di promuovere l'autonomia dell'individuo nell'ambito delle decisioni mediche.

Il malato può decidere se vuole essere curato per una malattia ed ha il diritto/dovere di conoscere tutte le informazioni disponibili sulla propria salute, chiedendo al medico ciò che non è chiaro; inoltre, deve avere la possibilità di scegliere, in modo informato, se sottoporsi ad una determinata terapia o esame diagnostico. In qualsiasi caso il consenso informativo va allegato alla fattura per Legge.

L'art. 32 della Costituzione Italiana sancisce che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di Legge, in sintonia con il principio fondamentale della inviolabilità della libertà personale, ex art. 13.

Principi simili sono validi anche in altre nazioni.

L'ordinamento giuridico italiano con la Legge del 28 Marzo 2001, n.145 ha ratificato la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 Aprile 1997.

La convenzione di Oviedo dedica alla definizione del Consenso il Capitolo II, agli articoli da 5 a 9, in cui stabilisce come regola generale che:

"Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve, innanzitutto, una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso (art 5)".

La Convenzione di Oviedo stabilisce, inoltre, la necessità del consenso di un "rappresentante" del paziente nel caso in cui questo sia un minore o sia impedito ad esprimersi. Infine, la Convenzione stabilisce che "I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione".

Una Direttiva Europea del icembre 2009 rende il consenso informato obbligatoria per tutti i tipi di vaccinazione, per tutti i cittadini.

Il consenso informato ha valore legale di liberatoria per i medici e le aziende che producono il farmaco somministrato per le richieste di risarcimento per eventuali danni provocati alla salute del paziente dal trattamento sanitario. La liberatoria non ha valore e le richieste sono legittime per le informazioni che sono state omesse e non correttamente riportate. La dottrina del consenso informato costituisce il frutto di una lenta e costante evoluzione nell'ambito del rapporto tra personale sanitario e paziente e trova le sue radici nell'ambito della tradizione illuminista. La sua prima manifestazione risiede nelle tesi di Thomas Percival, che sostenne il diritto del paziente all'informazione quantunque questo diritto si scontrasse con l’inganno caritatevole per la salvaguardia della salute del malato.

Il consenso deve essere scritto nei casi in cui l’esame clinico o la terapia medica possano comportare gravi conseguenze per la salute e l’incolumità della persona. Se il consenso è rifiutato, il medico ha l’obbligo di non eseguire o di interrompere l’esame clinico o la terapia in questione. Il consenso scritto è anche obbligatorio, per legge quando si dona o si riceve sangue, si partecipa alla sperimentazione di un farmaco o negli accertamenti di un’infezione da HIV, trapianto del rene tra viventi, interruzione volontaria della gravidanza, rettificazione in materia di attribuzione di sesso e nella procreazione medicalmente assistita.

Negli altri casi, soprattutto quando è consolidato il rapporto di fiducia tra il medico e l’ammalato, il consenso può essere solo verbale ma deve essere espresso direttamente al medico. In ogni caso, il consenso informato dato dal malato deve essere attuale, deve cioè riguardare una situazione presente e non una futura (per questo, la legge non riconosce la validità dei testamenti biologici).

Il consenso può essere revocato in ogni momento dal paziente e, quindi, gli operatori sanitari devono assicurarsi che rimanga presente per tutta la durata del trattamento: se la cura considerata prevede più fasi diverse e separabili, la persona malata deve dare il suo consenso per ogni singola parte di cura.

Il consenso informato a una determinata cura può essere espresso da un'altra persona solo se questa è stata delegata chiaramente dal malato stesso. Titolare del bene giuridico tutelato è il Paziente; se minore o incapace di intendere e di volere, il Legale rappresentante. Il consenso dei Parenti prossimi non ha alcun significato legale. In caso di minore, al Medico compete la decisione clinica che va adottata tenendo in conto l’opinione dei Genitori e, ove possibile, la volontà del soggetto. Nell'eventualità di urgenza e necessità, il dissenso dei Genitori non deve condizionare l’operato medico. Se vi è difformità fra la decisione del soggetto esercente la potestà (Genitore o Tutore) di rifiuto di cure e diritto alla vita dell’incapace, il Medico, non potendosi sostituire a lui, ha il dovere di informare il Giudice competente perché adotti i provvedimenti di urgenza e nel caso di impossibilità di suo intervento, dovrà agire sulla base dello stato di necessità o del consenso presumibile di quest’ultimo.

Se il malato è maggiorenne,ma è incapace di decidere, è il tutore legale a dovere esprimere il consenso alla cura. Ma la persona interdetta ha diritto ad essere informata e di veder presa in considerazione la sua volontà.

Le uniche eccezioni all’obbligo del consenso informato sono:
- situazioni nelle quali la persona malata ha espresso esplicitamente la volontà di non essere informata;
- condizioni della persona siano talmente gravi e pericolose per la sua vita da richiedere un immediato intervento di necessità e urgenza indispensabile. In questi casi si parla di consenso presunto;
-     si in cui si può parlare di consenso implicito, per esempio per quelle cure di routine, o per quei farmaci prescritti per una malattia nota. Si suppone, infatti, che in questo caso sia consolidata l’informazione ed il consenso relativo;
- caso di rischi che riguardano conseguenze atipiche, eccezionali ed imprevedibili di un intervento chirurgico, che possono causare ansie e timori inutili. Se, però, il malato richiede direttamente questo tipo di informazioni, il medico deve fornirle;
-    Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO),
 

Il Codice di Deontologia Medica dedica alla informazione del paziente e al consenso del paziente l'intero Capo Quarto, agli art da 30a 35).
Sulla informazione al paziente il codice precisa che:
Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate;l'informazione a terzi è ammessa solo con il consenso esplicitamente espresso dal paziente;
 

Sul consenso del paziente il codice precisa che:
Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente;
in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona;
il consenso o il rifiuto del consenso può essere esercitato dal legale rappresentante del paziente minore, interdetto o inabilitato;
il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso;
l'unica eccezione ammessa è quella relativa all'assistenza d'urgenza "Allorché sussistano condizioni di urgenza e in caso di pericolo per la vita di una persona, che non possa esprimere, al momento, volontà contraria, il medico deve prestare l'assistenza e le cure indispensabili".
Infine all'articolo 51 il codice precisa che: "Quando una persona, sana di mente, rifiuta volontariamente e consapevolmente di nutrirsi, il medico ha il dovere di informarla sulle conseguenze che tale decisione può comportare sulle sue condizioni di salute. Se la persona è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione, il medico non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale, ma deve continuare ad assisterla."
Il Codice deontologico degli infermieri ) all'art. 4.5 prevede che: "L'Infermiere, nell'aiutare e sostenere la persona nelle scelte terapeutiche, garantisce le informazioni relative al piano di assistenza e adegua il livello di comunicazione alla capacità del paziente di comprendere. Si adopera affinché la persona disponga di informazioni globali e non solo cliniche e ne riconosce il diritto alla scelta di non essere informato".
Da cui si evince che l’infermiere:
Ha il compito di aiutare e sostenere la persona nelle proprie scelte e il medico di guardia;
 

Garantisce le informazioni riguardo alle proprie autonomie e competenze, ed ai relativi piani assistenziali;
Deve tenere conto della persona, modulando la propria comunicazione, per risultare sempre chiaro e conciso;
Garantisce le informazioni globali rispetto al contesto, anche di natura non clinica;
Riconosce il diritto alla scelta di non essere informato.

·         Art. 23 La persona assistita, o colui che esercita la legale rappresentanza sullo stesso, deve essere debitamente informato della terapia consigliata prima di iniziare le cure. In questo modo egli avrà la possibilità di accettare o rifiutare la proposta terapeutica.