L’art. 2043 c.c., norma cardine che regola la responsabilità civile, stabilisce che: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”. La responsabilità in questione sorge quindi in capo al soggetto che abbia violato, indipendentemente da un inadempimento contrattuale, il principio del “neminem laedere”. Nella fattispecie diversamente da quanto stabilito in materia di responsabilità contrattuale, ove ex art. 1218 c.c., l’attore è tenuto a provare il solo inadempimento negoziale, il danneggiato deve dimostrare altresì il dolo, o quantomeno la colpa (così come intesa ai sensi dell’art. 43 c.p.), nonché il danno (che deve essere comunque ritenuto ingiusto), oltre, ovviamente, al nesso causale tra la condotta e l’evento lesivo. Se questa disciplina trova un utile applicazione ove non vi sia in essere tra le parti un contratto vero, o presunto che sia (od ove il professionista, sia sprovvisto ad esempio dei necessari titoli abilitativi), viceversa qualora esista un negozio giuridico, comporta a nostro giudizio un’inutile sovrapposizione rispetto alla responsabilità di tipo contrattuale, in chiara violazione sia del rispetto della volontà dei contraenti, sia della ratio che differenzia l’applicazione delle due distinte normative. Quanto alla giurisprudenza, la stessa ha ravvisato l’applicazione della responsabilità civile ad esempio nella seguente massima: “Il danno da mancata informazione può essere fatto valere anche dal padre cui si estendono gli effetti protettivi del contratto intercorso tra la gestante e la USL. La figlia minore della coppia, invece, non avendo diritto ad alcuna prestazione contrattuale, non può avanzare alcuna richiesta risarcitoria. Sono peraltro responsabili a titolo extracontrattuale la USL ed il sanitario da essa dipendente del danno derivante dal non aver informato la paziente delle malformazioni del feto riscontrate per mezzo dell'ecografia. La USL è responsabile anche contrattualmente per effetto dell'art. 1228 c.c.” (Cass. civ., sent. n. 16123/06. In senso conforme Cass. civ., sent. n. 20320/05, Cass. civ., sent. n. 14488/04). E ancora in argomento, a dimostrazione della confusione anche di linguaggio, che deriva dall’applicazione mista di istituti nati per regolare differenti fattispecie: “In tema di responsabilità civile nell'attività medico - chirurgica, il paziente che agisce in giudizio deducendo l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria deve provare il contratto e allegare l'inadempimento del professionista, restando a carico dell'obbligato l'onere di provare l'esatto adempimento, con la conseguenza che la distinzione tra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà rileva soltanto per la valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa, restando comunque a carico del sanitario la prova che la prestazione era di particolare difficoltà.” (Cass. civ., sent. n. 23918/06). Più corretta appare la distinzione operata dalla sentenza. del Tribunale di Rossano del 22.01.07 (ripresa da Juris data) che specifica quanto segue: “La responsabilità del sanitario per esecuzione di un intervento senza il consenso del paziente può presentarsi ambivalente, di natura contrattuale ovvero extracontrattuale a seconda che l’illecito rilevi sul piano di una informazione incompleta, ma non del tutto assente – in tal caso essendo già esistente un rapporto negoziale – ovvero sia omessa qualsiasi attività informativa: ne deriva che qualora la relazione contrattuale intercorrente tra il medico chirurgo e la paziente abbia ad oggetto esclusivamente l’esecuzione del parto, l’ulteriore intervento eseguito di legatura delle tube costituisce un’autonoma fonte di responsabilità a carico del sanitario, rispondente agli ordinari principi derivanti dal precetto alterum non laedere. In siffatta ipotesi, l’iniziale sussistenza di un “contatto sociale” e, dunque, di un rapporto negoziale tra le parti, lungi dal rappresentare il sostrato nel quale si inserisce un obbligo informativo costituente espressione del programma contrattuale, degrada a mera occasione per il compimento di un illecito di natura aquiliana.”. Fortunatamente in argomento è intervenuta una recente sentenza della Cassazione a precisare che: “La responsabilità dell'ente ospedaliero e quella del medico hanno natura contrattuale e trovano titolo nell'inadempimento delle obbligazioni ai sensi dell'art. 1218 c.c.” (Cass. civ., sent. n. 8826/07).