La difficile congiuntura economica induce a proporre una rapida riflessione sulla disciplina vigente in materia di deducibilità dei crediti inesigibili.
Sarà utile ricordare che  l’art. 101, co. V del Testo Unico delle Imposte sui Redditi prevedeva che le perdite su crediti fossero deducibili se risultanti da elementi certi e precisi e in ogni caso se il debitore fosse stato assoggettato a procedure concorsuali.
Recentemente l’art. 33 del D.L. 83/2012 ha modificato  il testo del Tuir disponendo che gli «elementi certi e precisi» che accertano la perdita del credito «sussistono in ogni caso» se è «decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito» e se il credito è di «importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione» e «non superiore a 2.500 euro per le altre imprese».
 La deduzione delle perdite sui crediti oggi dunque è possibile senza che si debbano esperire particolari formalità se si tratta di importi di modesta consistenza e qualora il debitore è assoggettato a fallimento, liquidazione coatta, concordato preventivo, amministrazione straordinaria o ad accordo di ristrutturazione dei debiti.
 Fuori da queste ipotesi l’insolvenza deve essere dimostrata con tutti i mezzi utili ad accertare la sussistenza di quegli “elementi certi e precisi” dai quali la legge fa dipendere la deducibilità delle perdite derivanti da crediti inesigibili.
In proposito va detto che l'orientamento dell’Agenzia delle Entrate è particolarmente rigoroso e secondo l'Agenzia non basta l’esperimento di procedura esecutiva infruttuosa per dedurre la perdita ma occorre comunque che il Giudice accerti lo stato di insolvenza del debitore con apposita pronuncia.
Meno stringente è la  giurisprudenza delle Commissioni Tributarie che afferma che elementi “certi e precisi” possono essere desunti anche dai solleciti di pagamento e dalle relazioni dei professionisti che attestino la situazione di dissesto del debitore.
E’ pacifico comunque che, fatte salve le ipotesi di procedure concorsuali a carico del debitore, il contribuente è tenuto a provare rigorosamente e puntualmente l’inesigibilità del credito e l’inevitabilità della relativa perdita quanto meno offrendo la prova di essersi attivato delegando legale di sua fiducia a tentare il recupero del credito ed accertando per tramite dello stesso professionista che vani sono risultati tutti i tentativi di recupero.