È quanto emerge dalla sentenza 20664/10, emessa dalla terza sezione civile della Cassazione, che interviene su un tema piuttosto controverso.  Le recenti esperienze delle Sezioni Autonome Misure di Prevenzione dei Tribunali italiani hanno fatto emergere ipotesi di possibile interferenza tra le misure di prevenzione patrimoniali e le procedure esecutive. Tali situazioni di “conflitto” pongono delicate questioni di rapporti tra il procedimento di prevenzione e quello di esecuzione civile; questioni che l’assenza di uno specifico quadro normativo di riferimento non aiuta a risolvere. La discussione prende le mosse dall’esame dell’art. 2 undecies, comma 2, lett. A) L. 575/65 secondo cui i beni immobili confiscati con decreto irrevocabile del Tribunale della Prevenzione sono “a)mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile, salvo che si debba procedere alla vendita degli stessi finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso; b) trasferiti al patrimonio del comune ove l’immobile è sito, per finalità istituzionali o sociali”. La specifica destinazione voluta dal legislatore antimafia induce a ritenere che i beni confiscati rientrino nel patrimonio indisponibile dello Stato e che, per l’effetto, non possano essere sottratti alla loro destinazione “se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano” ai sensi di quanto disposto dall’art. 828, comma 2, c.c. L’indisponibilità di tali beni ne comporta la conseguente impignorabilità, atteso che soltanto i beni del “patrimonio disponibile” sono assoggettabili all’azione esecutiva dei creditori. D’altro canto, secondo l'elaborazione giurisprudenziale richiamata, la confisca di prevenzione configura un’ipotesi di acquisto a titolo derivativo che, come tale, non può pregiudicare i diritti reali di garanzia legittimamente acquisiti dai terzi di buona fede sul bene oggetto di confisca. Simile interpretazione (che supera la tesi dell’acquisto a titolo originario sostenuta in una precedente sentenza delle sezioni unite 28.1.98, Maiolo), trova “conferma nella funzione della confisca, la cui causa giuridica non è costituita dall’acquisizione del bene al patrimonio dello Stato, con il sacrificio del diritto dei terzi, ma è identificabile, invece, nell’esigenza, tipicamente preventiva, di interrompere la relazione del bene stesso con l’autore del reato e sottrarlo alla sfera di disponibilità di quest’ultimo. Va riconosciuto pertanto che l’acquisizione del bene allo Stato è una conseguenza della sottrazione, e non già l’obiettivo della confisca, il cui fine primario e immediato è la spoliazione del reo nei diritti che ha sulla cosa.”  Ne consegue che “la confisca investe il diritto sulla cosa nella esatta conformazione derivante dalla peculiare situazione di fatto e di diritto esistente al momento del provvedimento, con l’ovvia conseguenza che lo Stato, quale nuovo titolare di esso, non può legittimamente acquisire facoltà di cui il soggetto passivo della confisca aveva già perduto la titolarità”, nel senso che l’appartenenza dei beni a soggetti estranei al reato costituisce un limite alla confisca. Ciò considerato, occorre accertare la situazione di effettiva terzietà (e quindi la buona fede) di chi dichiara di avere diritti sul bene oggetto di confisca, al fine di evitare che il preposto si precostituisca creditore di comodo, munito di titolo di data certa anteriore al sequestro, proprio per sfuggire alla confisca di prevenzione, ovvero ottenga finanziamenti, garantiti da pegno o ipoteca su beni di provenienza illecita, con l’effetto di riciclare i proventi del delitto, nonché di godere comunque del bene oggetto del reato in beffa alla Legge.

Sul punto i giudici della Suprema Corte hanno stabilito (con riferimento alla confisca penale disposta ai sensi dell’art. 240 c.p.) che “la sola riconducibilità del diritto reale di garanzia nella nozione di “appartenenza” di cui all’art. 240, comma 3, c.p. non basta  a giustificare l’intangibilità della posizione giuridica soggettiva e l’insensibilità di essa agli effetti del provvedimento di confisca, atteso che l’applicazione delle regole generali poste dallo stesso art.240 implica altresì che la cosa confiscata deve appartenere a persona estranea al reato”. Quanto al concetto di “estraneità”, la Corte ha affermato che non può “privilegiarsi la tutela del diritto del terzo allorquando costui abbia tratto vantaggio dall’altrui attività criminosa e dovendo, anzi, riconoscersi la sussistenza, in una simile evenienza, di un collegamento tra la posizione del terzo e la commissione del fatto-reato”. I giudici di legittimità hanno anche aggiunto che “non può reputarsi estranea al reato la persona che abbia ricavato un utile dalla condotta illecita del reo, come si verifica, appunto, qualora sulle cose che rappresentano il “provento” del reato si sia costituito il diritto di pegno a garanzia di un proprio credito. Deve sottolinearsi, inoltre, che il concetto di estraneità al reato è individuabile, anche in presenza dell’elemento di carattere oggettivo integrato dalla derivazione di un vantaggio dall’altrui attività criminosa, purchè sussista la connotazione soggettiva identificabile nella buona fede del terzo, ossia della non conoscibilità – con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta – del predetto rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato commesso dal condannato. La coessenziale inerenza del requisito della buona fede e dell’affidamento incolpevole alla condizione della persona estranea al reato rappresenta l’inevitabile corollario dell’impossibilità di attribuire alla confisca una base meramente oggettiva”. Prosegue la Corte: “e’ necessario precisare che i terzi che vantino diritti reali hanno l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa fatta valere sulla cosa confiscata. Ai terzi pertanto fa carico l’onere della prova sia relativamente alla titolarità dello “ius in re aliena” sia relativamente alla mancanza di collegamento del proprio diritto con l’altrui condotta delittuosa o, nell’ipotesi in cui un simile nesso sia invece configurabile, all’affidamento incolpevole ingenerato da una situazione di apparenza che rendeva scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza”. (Cass. SU 28.4.99 n. 9). Quanto alla sede giudiziaria in cui tali verifiche devono essere svolte si ritiene che, in conformità ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, la tutela dei terzi di buona fede debba avvenire al Tribunale della prevenzione con le forme dell’incidente di esecuzione (Cass. Sez. civ. I, n. 12535/99). Solo dopo il positivo accertamento di tale condizione, il creditore potrà ottenere dal Demanio (divenuto titolare del bene a seguito dell’irrevocabilità del provvedimento di confisca) soddisfazione in denaro del proprio credito entro i limiti di valore del bene confiscato, quale emergente dalla stima fattane in sede di acquisizione da parte dello Stato. Nel caso in cui si verifichi la promozione di un'azione civile di esecuzione e di un'azione penale preventiva, possono ipotizzarsi le seguenti diverse situazioni e soluzioni giuridiche:

1) sequestro trascritto anteriormente al pignoramento. L’effetto prenotativo derivante dalla trascrizione del sequestro rende opponibile al creditore pignorante l’eventuale confisca successiva disposta dal Tribunale. Il Giudice dell’esecuzione, che conoscerà l’esistenza del sequestro dall’esame della documentazione ipocatastale del ventennio anteriore la trascrizione del pignoramento dovrà sospendere ogni ulteriore atto esecutivo perchè l’eventuale futura confisca determinerebbe l’improcedibilità dell’esecuzione per non essere più il bene immobile di proprietà del debitore esecutato. Nel caso in cui la confisca divenga definitiva l’azione esecutiva è improcedibile; nel caso in cui, invece, la confisca fosse revocata, la procedura riprenderà il suo corso;

2) sequestro trascritto successivamente alla trascrizione del pignoramento Il Giudice non ha modo di avere autonoma conoscenza di tale trascrizione, quindi procede alle attività esecutive fino a che l’amministratore giudiziario non comunica tale circostanza. Il Giudice dell’esecuzione sospenderà la procedura esecutiva se non avrà provveduto alla vendita forzata del bene immobilie.

Se pur vero che le vicende relative al bene pignorato trascritte successivamente alla trascrizione del pignoramento sono di regola inopponibili ai creditori, nel caso in esame detta regola sembra trovare eccezione nella circostanza che il bene sequestrato, una volta confiscato, perderebbe la sua destinazione originaria e diventerebbe inalienabile, in tal modo, l’effetto prenotativo costituito dal sequestro dovrebbe paralizzare l’azione esecutiva allo scopo di impedire un possibile conflitto tra gli aggiudicatari del bene e lo Stato. Anche in questa ipotesi l’eventuale revoca del sequestro e l’annullamento della confisca nei gradi successivi al primo, una volta divenuti definitivi e comunicati dal Giudice Delegato, consentiranno ai creditori di dare nuovo impulso alla procedura esecutiva.

3) sequestro trascritto successivamente alla vendita dell’immobile in sede di esecuzione forzata. Il sequestro o la confisca di prevenzione di un bene immobile disposti con decreto che non sia ancora stato trascritto prima dell’aggiudicazione dello stesso bene in sede esecutiva non potrà essere eseguito e dovrà necessariamente essere revocato dal Tribunale di prevenzione, ferma restando la possibilità di disporre un nuovo decreto di sequestro sulle somme non ancora distribuite ricavate dalla vendita dell’immobile. In questo caso, previa istanza dell’amministratore giudiziario il giudice dell’esecuzione sospenderà la distribuzione del ricavato. Se il sequestro della somma si convertirà in confisca definitiva, il giudice dell’esecuzione provvederà ad attribuire le somme (detratte le spese sostenute per la vendita) al Demanio e i creditori dovranno rivolgersi a quest’ultimo per chiedere il riconoscimento dei loro diritti (nei limiti del valore del bene e previo ottenimento del riconoscimento della loro buona fede). Se diversamente il sequestro verrà definitivamente revocato, sarà data tempestiva comunicazione da parte del Giudice Delegato e la procedura esecutiva riprenderà il suo corso e le somme verranno distribuite tra i creditori.